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Lavorare 4 giorni a settimana
Si può davvero lavorare solo 4 giorni alla settimana? Sembra di si da quanto si legge nel mio articolo pubblicato sul blog di Beppe Grillo il 3 gennaio 2019. Per la versione completa (l'articolo è stato troncato per mananza di spazio) vai al link inserito alla fine.
Lavorare quattro giorni a settimana!
Natasha Walker è una ricercatrice e consulente londinese che si occupa, tra le altre cose, di problematiche legate al lavoro per la società di marketing strategico THE MIX.
La Walker ha recentemente concentrato la sua attenzione sullo stress causato dal superlavoro e sulle dinamiche perverse che oggi caratterizzano tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si trovano a dover fronteggiare una spirale negativa di angoscia esistenziale e depressione.
Il lavoro, infatti, è diventato una delle maggiori fonti di stress perché è alienante, spesso inutile e demotivante.
La soluzione che Natasha Walker e i suoi colleghi propongono è di adottare una settimana lavorativa di 4 giorni.
Per corroborare e supportare questa tesi hanno realizzato il rapporto FOUR, WHAT IS IT GOOD FOR? (QUATTRO, PERCHE’ E’ LA SCELTA GIUSTA?) che delinea i presupposti che, secondo loro, sono alla base della adozione della settimana lavorativa di 4 giorni.
La prima parte del rapporto è dedicata ad un excursus su quanto sia dannoso e deleterio il lavoro che siamo abituati a considerare come un dovere morale. Proprio come sta succedendo in Giappone, dove si…Lavora fino a morire. O come succede in Corea del Sud dove, incredibile a dirsi, migliaia di super-stressati dal lavoro si ritirano in una “finta prigione” – Prison Inside Me – per ritrovare…la libertà.
Anche in Gran Bretagna, il paese oggetto del rapporto, lavorare è diventato un incubo che perseguita le persone sempre e ovunque, senza tregua e senza possibilità di staccare la spina. Con l’aggravante di una mancanza di coinvolgimento e di motivazione, come è emerso dai risultati di una ricerca Gallup che ha rivelato che, nel 2016, solo l’8% della popolazione dichiarava di trovare nel lavoro un significato e uno scopo.
La soluzione potrebbe essere quella di adottare una settimana lavorativa di 4 giorni e l’esperimento che The Mix ha condotto tra i propri dipendenti lo ha dimostrato. The Mix ha introdotto la settimana lavorativa di quattro giorni per tutti, da lunedì al giovedì, senza tagli allo stipendio, e senza obblighi di reperibilità o di altre forme di lavoro nei giorni liberi.
Il risultato è stato sorprendente. In un anno gli utili della società sono aumentati del 57% e i clienti sono cresciuti del 100%! Con commenti super entusiastici sia dai clienti dell’agenzia che dallo staff.
Sembra incredibile ma, in pochi decenni, si è passati dal lavorare 6 giorni a settimana a fine ottocento, alla direttiva dell’unione Europea del 1970 che istituiva la settimana lavorativa di 5 giorni. E già Winston Churchill, nel 1953, aveva previsto che si sarebbe arrivati a lavorare 4 giorni a settimana grazie al progresso tecnologico. Così come aveva detto Keynes prima di lui nel 1935, preconizzando un mondo dove tutti avrebbero potuto godere del tempo libero per vivere la propria vita e lavorare solo 15 ore alla settimana.
Ma perché si lavora tanto e si produce così poco? La causa potrebbe essere il modo in cui si misura la produttività in una società in cui il lavoro è cambiato completamente e si è passati dalla catena di montaggio ad una economia basata prevalentemente sui servizi. Molti sono i cosiddetti “lavoratori della conoscenza” – knowledge workers – pagati per produrre idee piuttosto che oggetti tangibili. Ed è difficile misurare la vera produttività di chi sembra essere occupato ma che, in realtà, fa solo finta di esserlo rispetto a chi, invece, magari contempla il paesaggio – e quindi in apparenza se ne sta in ozio – per poi sfornare brillanti innovazioni e idee promettenti.
Secondo una vecchia storiella napoletana risalente al 1800, un ufficiale della Marina Regia Borbonica, per prepararsi alla imminente visita del Re sulla nave ancorata nel porto di Napoli, sembra avesse ordinato a tutti i membri dell’equipaggio di “fare ammuina”:
Tutti quelli che stanno a prua vadano a poppa, e quelli a poppa vadano a prua; quelli a dritta vadano a sinistra e quelli a sinistra vadano a dritta; tutti quelli sottocoperta salgano sul ponte, e quelli sul ponte scendano sottocoperta, passando tutti per lo stesso boccaporto; chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là.
Rispetto al passato, quando il tempo libero e la possibilità di non lavorare erano considerati la prova del vero successo, oggi siamo tutti ossessionati dal dover dimostrare di essere indispensabili. Ed è per questo che l’essere sempre occupati è diventata la risposta standard che diamo a chi ci chiede “come va?” Quasi un mantra che ci ripetiamo per non pensare a cosa sarebbe la nostra vita se davvero ci fermassimo a riflettere sulla inutilità di tante attività che portiamo avanti quasi meccanicamente.
Il lavoro sta cambiando profondamente. Se dobbiamo lavorare tutti di più negli anni a venire, allora l’unica soluzione è lavorare di meno durante l’arco della vita e, soprattutto continuare a crescere e a cambiare per adattarsi al nuovo che avanza....
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