Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Traslocare e lasciar andare

2021-05-22 08:49:01

Sto facendo un difficile trasloco: scrivere mi aiuta ad elaborare

Quasi venticinque anni fa ho realizzato un sogno: una casetta, in affitto, in collina, con un bel giardino, in un piccolo paese. Le indicazioni che questo fosse il mio Shangri-La c’erano tutte.

Il paese ha un piccolo museo che dimostra come fosse abitato già cinquemila anni fa, scelto da uomini e donne del neolitico che, avendo infiniti spazi a disposizione, hanno deciso che questo era il posto giusto per mettere radici

Esaminando l’area vi si trovano tutte le caratteristiche descritte dai testi sul feng shui

In epoca romana qui sorgeva il più grande tempio dedicato a Minerva risanatrice, e Minerva è proprio la mia dea!

Ricordo perfettamente la prima notte in cui abbiamo dormito qui: nel dormiveglia sentiamo un suono strano in giardino, e ci mettiamo in ascolto. Era una piccola civetta, appoggiata sui rami di un pero, che ci dava il saluto e il benvenuto. La civetta: animale caro a Minerva, ma anche l’animale che trovai come spirito guida in uno strano esercizio oltre trent’anni fa.

E poi facemmo una scoperta fantastica. Il giardino è sul retro, protetto, non lontano da una grande casa abbandonata da molti anni dove risiede una colonia felina. E proprio il nostro giardino veniva scelto come campo scuola per le nuove cucciolate. Ogni anno una nuova mamma gatta, con nuovi cuccioli, venivano addestrati qui. Poi, diventati grandi, ognuno prendeva la propria strada, lasciando spazio ai nuovi nati. Certo, tornavano in visita, soprattutto dopo che noi abbiamo cominciato a lasciare cibo in quantità a disposizione, ma solo pochi stabiliscono qui la residenza.

Qui siamo stati adottati dal primo gatto, chiamato Rom in quanto randagio, ramingo, magrissimo e un po’ malandato. Per settimane, durante un lontano agosto, Rom risiedeva sotto un abete, osservandoci, ma senza lasciarsi avvicinare. Accettava il cibo, ma solo dopo che ci eravamo allontanati. Pensavamo avesse problemi con gli umani,  forse era così, ma in realtà ci stava studiando. Abbiamo superato l’esame, ed è nato un amore infinito. 

Qui abbiamo osservato la pacifica confidenza e convivenza tra gatti e ricci, anche loro residenti in giardino, e qui ho ritrovato le lucciole della mia infanzia.

Per anni abbiamo chiesto che ci vendessero la casa, ma la risposta è sempre stata negativa, e nonostante i numerosi aumenti dell’affitto non abbiamo mai pensato di cercare qualcosa di alternativo.

Poi… la mia diagnosi di tumore, gli anni senza lavorare e, in quanto libero professionista, senza guadagnare. La casa era sempre qui, ad accogliermi quando stavo abbastanza bene, con molti del paese mobilitati per sfamare i gatti del giardino, anticipare i pagamenti delle bollette che arrivavano, controllare che non ci fossero problemi.

I tempi cambiano, e la vita scorre. Il figlio dei padroni di casa, dopo la morte del padre e con la madre ormai molto anziana, decide di vendere tutte le proprietà (e sono tante!) e godersi la vita, sputtanarsi il denaro, lui che non ha mai lavorato un giorno in vita sua.

E vende anche questa casa, ora che l’acquisto e la totale ristrutturazione, indispensabile, sono per me impossibili.

Devo smobilitare tutto. Buttare il non necessario, mandare i mobili in deposito, scegliere cosa portare a Milano, dove però è necessario fare spazio, quindi ulteriore revisione e cose da buttare.

Dicono che il trasloco sia un lutto, il terzo come livello di difficoltà dopo la morte di una persona cara e dopo il divorzio. Non saprei: non credo alle graduatorie delle difficoltà, o a quelle del dolore.

Se che la vita, o il destino, se preferisci, prende decisioni autonome e fa in modo, spesso in maniera drastica, che io capisca quando è tempo di lasciare andare, di iniziare un nuova vita, e fa in modo che mi sia chiaro che non c'è ragione per tornare indietro, o avere rimpianti.

  • Quando ho trovato lavoro a Milano, e mi sono trasferita, ho riempito il baule della macchina con tutti i vestiti e sono partita, con una breve sosta per salutare degli amici. Baule svuotato. Guardaroba nuovo.
  • Quando ho lasciato l’azienda, e scelto la libera professione, avevo qualche dubbio. In una settimana ho perso la carta di identità e il passaporto. Messaggio chiaro, vita nuova. Non mi sono mai pentita.

Ora leggo questa svolta come un ulteriore segnale di cambiamento inevitabile, un invito (piuttosto imposto, però) a lasciar andare. E mentre seleziono gli abiti da buttare, i libri da regalare, impacchetto soprammobili che provengono da qualche generazione fa, e mi chiedo come trovare spazio per piccoli ricordi dei miei tanti viaggi in Paesi che difficilmente rivedrò, mi interrogo su cosa vorrà da me, questa volta, la vita. Sei anni avevo pensato che questo trasloco sarebbe diventato responsabilità di mia sorella (la diagnosi era pesantina) e, invece, sono ancora qui. 

Ce la posso fare, come sempre.


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