Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Superare l'invisibilità

2021-02-19 15:33:10

Suggerimenti e riflessioni dedicate alle persone molto disponibili, quelle che spesso diventano praticamente invisibili e soffrono sensazioni di solitudine, abbandono, rifiuto, che non di rado porta al crollo dell’autostima o alla rabbia e al rancore, o entrambe.

Ogni volta che affronto tematiche complesse, mi sento in dovere di fare alcune premesse: 

  • non sono uno psicologo, né uno psichiatra, né un counsellor. 
  • sono un coach o, per essere più precisi, ho tre diversi certificati da coach, con tecniche e scuole diverse, ma il coaching è solo parzialmente la mia attività
  • mi occupo, da diversi anni, di gestione delle esperienze difficili, mettendo in campo tutto ciò che ho imparato in trent’anni di corsi frequentati e nel gestire le mie esperienze

infine, una delle mie convinzioni più profonde: le possibili soluzioni sono infinite più numerose dei possibili problemi.

Come ho raccontato in un articolo precedente, Perché le persone disponibili diventano invisibili, ci possono essere diverse motivazioni per cui una persona mostra la più totale disponibilità, e di conseguenza tante modalità diverse per crearsi problemi, e ancor più per affrontarli.

Le situazioni di invisibilità per massima disponibilità sono frequenti, sia in famiglia che sul lavoro, e spesso riguardano più le donne che gli uomini. Il motivo originale è facile da identificare: nell’educazione delle donne viene incentivata la disponibilità, il servizio agli altri, persino il sacrificio, ed esistono ampi e documentate ricerche sul fatto che la donna, a causa dell’educazione ricevuta e della cultura prevalentemente maschilista spesso si sente inferiore, non coltiva l’assertività, si demotiva più facilmente e ha meno fiducia in se stessa. 

Nulla da obiettare su queste conclusioni che, come ho detto, sono ben documentate, ma… perdonatemi il pragmatismo: vorrei mettere l’accento su alcuni aspetti professionali prima di offrire alcuni consigli.

  • Lavorare in team non è semplicemente mettere insieme competenze diverse per costruire un puzzle, e neanche ottenere una visione più completa del progetto avendo a disposizione diversi punti di vista. Queste sono meno della punta di un iceberg.
  • Un team che funziona, o un’organizzazione che funziona, crea sinergie, apprendimento condiviso, innovazione. Impiega meno tempo e meno investimenti per ottenere risultati di gran lunga superiori rispetto a organizzazioni tradizionali.

Per raggiungere tutto questo serve una buona dose di energie femminili (non necessariamente portate da donne): ci sono ricerche che lo dimostrano e i più innovativi testi dove si parla di leadership raccontano di energie femminili in gioco.

Detto tutto ciò, mi rivolgo a chi si sente invisibile lavorando in un team, si sente escluso, rifiutato, e sente scatenarsi la rabbia perché le sue azioni e i suoi comportamenti che hanno portato a ciò erano dettati da ferree convinzione verso il bene comune, privilegiando l’interesse del gruppo rispetto al proprio, e chiedo un cambio di prospettiva. 

  • Ricorda che il bene comune, in particolare sia il bene del team che del progetto, non è nella tua invisibilità, nel tuo costante silenzio, e men che meno non tuo sacrificio, ma nel portare al gruppo il tuo prezioso contributo.
  • Chiediti quanto del tuo silenzio sia legato alla paura dell’errore o del conflitto.

Eppure questi suggerimenti servono più nel coaching per prevenire situazioni analoghe nel futuro piuttosto che per curare sofferenze già avvenute. 

Potrei cercare di consolarti dicendo che è il comportamento degli altri ad essere “sbagliato”: peccato che io non creda affatto alla contrapposizione giusto / sbagliato o affermando che sono stati scorretti, ma non serve a niente!

Ciò che serve è comprendere con piena empatia cosa è avvenuto e perché, e poi lasciare andare (lo so, sembrano parole vuote, ma imparare a lasciare andare, per quanto spesso non semplice, è fondamentale).

Ciò che può servire è conquistare sufficiente serenità da spiegare al gruppo, o ad un membro del gruppo di fiducia, le proprie emozioni, non per lamentarsi o sfogare la rabbia, ma per capire ed evitare il ripetersi di meccanismi controproducenti. 

Ciò che serve è lavorare con il proprio cervello della pancia, sede dell’autostima e del coraggio. 

Ciò che serve è ricordare che se chiudi il cuore, o indossi una corazza sempre più spessa, non eviterai situazioni di sofferenza, né terrai lontane persone indegne, ma impedirai solo alle persone più empatiche e rispettose di avvicinarsi.

Tutto questo non è un susseguirsi di affermazioni consolatorie, ma pezzi del percorso di gestione delle esperienze: ognuno di questi suggerimenti, e parecchi altri, è un frammento di una strada da percorrere e competenze che si possono acquisire. E se l’ho fatto io, puoi farlo anche tu.


Perché le persone disponibili diventano invisibili
Sempre più frequentemente mi viene chiesto aiuto per elaborare sensazioni di rifiuto vissute da persone accomodanti e disponibili. Alcune riflessioni e suggerimenti.
12  
21