Trasforma un’esperienza difficile
Quei maledetti piccoli segnali
Quando si ascolta una diagnosi pesante, e si diventa improvvisamente caregiver, il mondo va in frantumi. E poi…
Il mondo va in pezzi, e lo si può ricostruire, più bello e funzionale.
Si trova un assestamento del quotidiano, si costruisce una routine. C’è un nuovo mondo.
Non è facile. Cambiano gli impegni, gli orari, le priorità, le relazioni. Serve un assestamento nel rapporto col paziente, anche se abbiamo alle spalle un routine fatta di moltissimi anni, ad esempio di matrimonio.
L’essere umano si adatta, e il caregiver è un vero mago dell’adattamento.
Certo, c’è quella diagnosi che incombe, ma c’è anche, sempre, un filo di speranza, a volte di guarigione, a volte semplicemente di una nuova vita più ristretta, piena di limiti, ma condivisa.
E poi vediamo quei maledetti, piccoli, segnali: la malattia è lì, in risalita.
Mio padre non condivideva ricordi di mia madre, che io non ho praticamente conosciuto. Lei si ammalò di un tumore quando avevo poco più di un anno, ed è morta circa un anno dopo. L’unico ricordo che mio padre mi è trasmesso, dopo molti anni, è stato proprio il momento di quel maledetto piccolo segnale, quando si sono accorti che, dopo una prima operazione molto promettente, il tumore era tornato, inesorabile.
Oggi sono io, in situazione completamente diversa, quella che vive e osserva quei segnali in mio marito. Non per un tumore, ma non è il tipo di malattia quello che importa.
Sono segnali che tolgono la speranza, che indicano che i prossimi giorni, mesi, anni, saranno difficili.
Il mondo va in pezzi, di nuovo, ogni volta che compaiono quei piccoli segnali.
Non è più un problema di diagnosi.
Ora il tempo è sospeso, in attesa di capire se è un segnale di rischio, una specie di promemoria, o un segno di decadenza.
È tempo di pazienza, ma spesso anche di paura.
Viene voglia di lasciarsi andare, fare lo stretto necessario. C’è tristezza, infinita tristezza e stanchezza.