Trasforma un’esperienza difficile
Perché proprio a me?
Ci sono domande che nascono spontanee, ma forse è meglio rifletterci sopra.
Perché proprio a me?
Alzi la mano che non l’ha mai detto, o pensato, a fronte di una situazione difficile. Io non posso certo alzare la mano: l’ho pensato, detto, urlato.
Poi, ad un certo punto della mia vita, ho capito che nella domanda erano insiti certi modelli mentali che mi danneggiavano e che potevo farmi ben altre domande, più utili.
Attenzione: cerchiamo di non sostituire pregiudizi a pregiudizi!
Urlare Perché proprio a me? come sfogo, momento di contestazione, è lecito, ha un senso, può servire. Ma non fermiamoci qui!
Questa domanda nasce dalla convinzione che se sei buono e bravo ricevi premi, oppure punizioni. E un fatto, un’esperienza, sgradita è chiaramente una punizione.
Sono così caruccia e bravina che tutto dovrebbe andarmi sempre liscio!
C’è anche, talvolta, un altro elemento: i genitori che, spesso, si ergono a facilitatori di vita e dimenticano di essere genitori ed educatori, rendendo così i figli incapaci di affrontare ogni difficoltà.
Se dedichiamo un po’ di tempo a rivedere quelle esperienze difficili, quegli errori, quei fallimenti, con onestà e senno di poi, possiamo renderci conto che alcuni di essi sono stati veri e propri regali che la vita ci ha fatto. Abbiamo imparato dagli errori, ci siamo rinforzati e siamo diventati consapevoli delle nostre capacità e risorse per merito delle difficoltà affrontate, o abbiamo modificato obiettivi, percorsi e modi di vivere proprio per quello che ci è accaduto.
Va bene, quindi, lo sfogo, ma le domande utili sono altre.
Cosa posso imparare?
Cosa è opportuno cambiare?
Cosa è meglio lasciar andare nella mia vita?
Quale nuova strada intraprendere?
Cambiando le domande troviamo nuove opportunità, aperture e sviluppi. E possiamo costruire, e costruirci.