Trasforma un’esperienza difficile
Il tempo guarisce ogni ferita. Forse.
Si dice spesso che il tempo guarisce ogni ferita, ma tante voci, anche molto autorevoli, ci raccontano che non è vero, o che è vero fino ad un certo punto. E così oggi ho deciso di dire la mia.
Il tempo, forse, aiuta, ma non guarisce. Per guarire ci vuole ben altro! Il tempo che passa offre l'illusione di dimenticare, ma è illusione e non guarigione.
Lo affermo con una certa sicurezza, che di solito non mi appartiene, per diversi motivi.
Prima di tutto parlo per me stessa, per esperienza personale. La prima ferita che la vita mi ha inferto è stata la malattia e la morte di mia madre, avvenuta quando avevo due anni e mezzo. A questa, in brevissimo tempo, sono seguiti altri avvenimenti che mi hanno segnato. I fatti li ricordo con chiarezza, le conseguenze me le sono spiegate moltissimi anni dopo: sindrome abbandonica e fobia sociale.
Sessant’anni fa non si usava lo psicologo infantile, e poi… il tempo guarisce tutte le ferite, e io non mostravo segni di vere patologie. C’è voluto impegno, corsi di crescita personale, volontà, testardaggine. Ho elaborato e un giorno, che ricordo ancora con estrema chiarezza anche se sono passati più di dieci anni, ho lasciato andare, e ho capito di essere guarita.
Molti dei problemi e delle difficoltà che mi raccontano le persone che mi chiedono una sessione di coaching con l’I Ching, o un percorso di coaching, sono ascrivibili ad esperienze difficili mal digerite, non elaborate, e moltissime risalgono a tanti anni prima.
Entrando in confidenza con le persone, nei corsi che frequento o che tengo, emergono spessissimo esperienze di vecchia data che ancora generano sofferenza o comportamenti indesiderati.
Il tempo non guarisce, ma l’elaborazione sì, trasformando la difficoltà in risorsa.
Un altro elemento con cui mi scontro spesso è quella che chiamo “la graduatoria dei dolori”: c’è sempre qualcuno che cerca di stabilire qual è l’esperienza più dolorosa, o il dolore più grande.
Per rispondere prendo a prestito una frase di Julio Velasco, il mitico allenatore di pallavolo: Non esistono cose facili e cose difficili, esiste quello che so fare e quello che non so fare.
Parafrasando: non ci sono dolori più grandi o più piccoli in assoluto, esiste quello che riesco ad affrontare e quello che non riesco ad affrontare. Ciascuno, poi, singolarmente, può divertirsi a fare le proprie, totalmente personali, classifiche di difficoltà per le esperienze che ha vissuto, ma (credo) si renderà conto che la variabile non è nell’esperienza in sé, quanto nel momento che si stava vivendo e come si è affrontata l’esperienza.
L’ultimo elemento su cui dirò la mia in questo post, e ne parlo brevemente perché tornerò sull’argomento, è il cercare aiuto per gestire le esperienze difficili.
Credo, abbastanza fermamente, che tutto serva, ma ciò che fa davvero la differenza siamo noi. E con ciò non tolgo assolutamente nulla all’aiuto che, anche personalmente, ho avuto da percorsi di coaching, counselling o dal mio amato psicologo che mi ha seguito subito dopo la diagnosi di tumore. Ma anche il più miracoloso professionista è un aiuto, una chiave, un supporto, non un’alternativa alla nostra, personale, elaborazione. Non è possibile indurre gli altri a vincere le loro paure, ma è possibile aiutarli a trovare il coraggio per affrontarle
E chiudo il cerchio tornando al tempo. Il tempo, di per sé, non guarisce le ferite. Però c’è un tempo per soffrire e un tempo per guarire. Forzare la guarigione o pensare che per elaborare l’esperienza ci sia un tempo fisso, ipotizzando che chi fa più in fretta è più bravo, è una sciocchezza. Il tempo non guarisce, ma prendiamoci tutto il tempo necessario per guarire attivamente.