Trasforma un’esperienza difficile
Il Paziente e il viaggio dell’eroe - Bloccati nel guerriero
Percorsi insieme – Il paziente, il caregiver e il viaggio dell’eroe
Approfondiamo la conoscenza dell’archetipo del guerriero per comprendere come sia possibile rimanere bloccati in questo archetipo.
Il guerriero
Il guerriero ha già superato la parte più dolorosa del percorso. Come orfano e martire ha sofferto terribilmente. Come viandante ha viaggiato e raccolto le armi. Ora è pronto per combattere. Persino per combattere il drago.
Il guerriero si sente forte. È andato oltre il dolore. Ha conosciuto la paura. E per prepararsi alla battaglia ha trasformato la paura in prudenza, come un grande guerriero.
Bloccati nel guerriero
È facile rimanere bloccati nell’archetipo del guerriero.
È facile perché ci si sente forti, perché si è pienamente consapevoli della fatica fatta per arrivare e del dolore patito. Si teme che, facendo un passo in più, qualcosa possa spezzarsi.
Le armi raccolte durante il viaggio del viandante hanno anche creato una diga al dolore, e si teme che questo possa superare gli argini e tornare a travolgerci.
Bloccati nel ruolo del guerriero si è forti, sempre pronti a combattere. Non si accettano debolezze, soprattutto le proprie.
Chi è bloccato in questa fase reagisce immediatamente anche ai draghi successivi, saltando le fasi del dolore e combattendo immediatamente, sperando che le armi raccolte siano idonee per qualunque drago.
Ed è proprio questo atteggiamento che crea le sconfitte successive, che alla lunga indebolisce. Perché se il guerriero non accetta il rischio del passo successivo, diventando mago, finirà per diventare un pallido Don Chisciotte, sempre coperto dall’armatura e pronto a combattere, ma destinato a cercare mulini a vento anziché draghi.
Chi rimane bloccato
Spesso è il paziente che rimane bloccato nell’archetipo del guerriero, incentivato dal modello mentale che la malattia sia solo qualcosa da combattere.
Troviamo frequentemente affermazioni sulle chat dei pazienti: coraggio, se una guerriera, noi guerrieri…
Non chiedetemi se sia giusto o sbagliato: detesto le dicotomie!
C’è indubbiamente una fase in cui combattere è utile. Poi, però, è utile andare oltre. Perché la malattia esprime una parte di noi e alla lunga la lotta rischia di diventare una guerra contro noi stessi.
Perché non si può affrontare la vita solo combattendo: a volte è importante accogliere e trasformare.
Perché la guerra non è lo stato naturale dell’anima umana.
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