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Trasforma un’esperienza difficile

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Il lutto del caregiver

2024-01-13 14:58:00

Se l’assistito muore, il caregiver, soprattutto se è un parente, si trova ad affrontare il lutto, ma con qualche peculiarità rispetto alle altre persone.

Tutti temiamo il momento del lutto, e tutti sappiamo che il lutto ha bisogno di elaborazione, ha diverse fasi e comporta non pochi problemi e conseguenze.

Il lutto del caregiver ha alcune particolarità, soprattutto se il caregiver è un parente, spesso un figlio o il coniuge, ma talvolta anche alcuni badanti ha le stesse emozioni.

Alle spalle ci sono mesi, talvolta anni, di assistenza.

Pensa a pazienti anziani, non autosufficienti, a volte con problemi di demenza. Per assisterli la dedizione è costante: ci vuole tempo, pazienza, amore. Però, è umano, ci sono momenti in cui non se ne può più.

Secondo la psichiatra svizzera Elisabeth Kübler Ross, specializzata negli studi sulla morte, ci sono cinque fasi del lutto, anche se, almeno in parte, ogni lutto e ogni persona fa storia a sé, soprattutto per quanto riguarda i tempi di elaborazione

  1. Shock e rifiuto: la persona subisce uno shock per la perdita.
  2. Dolore e senso di colpa: il lutto ci fa rendere conto che la perdita è reale.
  3. Rabbia: la rabbia riflette il legittimo sentimento di ingiustizia che la persona prova per quello che le è successo.
  4. Contrattazione: si cerca di trovare una via di uscita dalla perdita.
  5. Depressione e dolore: si prende coscienza della realtà e della definitività della perdita.

Tutto ciò è generalmente valido, ma osa accade nei casi citati: pazienti anziani, non autosufficienti, a volte con problemi di demenza e caregiver che hanno dedicato mesi o anni all’assistenza, spesso da soli?

Le persone più vicine al caregiver che hanno osservato la fatica e i sacrifici, si aspettano che il dolore sia minore, che ci sia quasi un sollievo. Razionalmente, infatti, il decesso dell’assistito significa poter riprendere la propria vita, riposarsi, dormire, poter fare una vacanza, una cena con gli amici.

Accade raramente. Pochi caregiver reagiscono con sollievo, indipendentemente da quanti sacrifici hanno fatto, e ciò li fa sentire decisamente incompresi.

Il senso di colpa è particolarmente forte. Ci si chiede se si poteva fare di più, fare meglio, ci si sente profondamente in colpa per tutte le volte che si è perso la pazienza o che si è sentito il peso dell’assistenza.

E poi c’è il senso di vuoto.

Tutti sentono il vuoto del lutto, la mancanza della persone che è mancata, ma per il caregiver è peculiare. Per tanto tempo si sono messi al primo posto i bisogni e i desideri dell’assistito, relegando i propri in un angolino. Se, poi, l’assistenza è durata a lungo, si è persino cercato, con più o meno successo, di dimenticare i propri bisogni e desideri per evitare frustrazioni. E poi, improvvisamente…

Improvvisamente, in realtà, no: il malato è stato malato a lungo. Però la vita cambia da un giorno all’altro.

Un passo che oso definire essenziale è dunque quello di recuperare se stessi, talvolta persino la propria identità. Bisogna chiedersi cosa voglio, reinventarsi le giornate, i desideri, riappropriarsi della vita. 

Non è per niente facile.

Qualcuno pensa, e spesso lo pensano le persone intorno, gli amici, che si possa ricominciare esattamente dal punto in cui il flusso della vita è stato modificato da diventare caregiver.

No.

Il tempo di caregiving, l’esperienza vissuta, ha cambiato molte cose e non lo si può considerare solo un’interruzione del flusso.

Il caregiver è una persona nuova che con calma, tempo, pazienza e dolcezza, ha bisogno di costruirsi una nuova vita.


Un viaggio dell'eroe Percorso per il caregiver
Il mio lavoro di elaborazione del viaggio dell’eroe finalizzato alla comprensione e alla gestione della malattia è iniziato esaminando me stessa e i pazienti pensando proprio a come i terapeuti e i caregivers potevano beneficiare di quanto avevo osservato e scoperto. Confido che tutto questo ti sia di aiuto.