Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Unpensierofelice

Trasforma un’esperienza difficile

Concordo, ma anche no

2023-12-03 16:28:13

Un concetto che viene espresso in diverse modalità è che le esperienze difficili, la sofferenza, aiuti la crescita personale, aumenti la capacità di empatia e compassione… insomma: ci rende persone migliori. Concordo, ma anche no.

In questo periodo sono particolarmente assertiva e ribelle, e questo stato d’animo si esprime spesso nel mettere in discussione, o addirittura ribaltare, anche concetti in cui credo.

Eccomi dunque qui a polemizzare con me stessa.

È vero che le esperienze difficili rendono più forti: ci si misura con se stessi, si scoprono le proprie risorse, si acquisisce sicurezza in se stessi. Ma ci sono esperienze che spezzano, frammenti di sicurezza lasciati per strada e non più recuperabili, paure che si generano e non sempre si riescono ad eliminare.

E, attenzione: non dipende dall’esperienza in sé.

Rimango convinta che non sia possibile fare una graduatoria di difficoltà delle esperienze.

È vero che le esperienze difficili aiutano la crescita personale, aumentano la capacità di empatia e compassione: lo spiego anch’io nei percorsi di coaching per la gestione delle difficoltà.

Ma non dimentichiamoci che per qualcuno la sofferenza incattivisce, rende molto più egoisti, meno disponibili agli altri. Autodifesa, invidia, rabbia verso la vita stessa, sono emozioni che possono nascere dalla sofferenza.

Sul fatto, poi, che ci renda persone migliori esprimo tutte le mie perplessità.

Personalmente ho avuto una collezione di esperienze difficili molto ampia e variegata, fin da piccolissima, e gli ultimi quattro anni non sono certo una passeggiata. Non per vantarmi, ma rispetto a molte persone che conosco le mie difficoltà (le mie sfighe) sono state più numerose e fantasiose.

E allora? 

Sì, ogni volta cerco di imparare, migliorarmi, anche se talvolta riesco a malapena a ricostruirmi, ma …

Ero così una schifezza prima di tutto questo?

Davvero?

A me sembra che la parte migliore di me sia il mio io prima dei due anni, prima della morte di mia madre, prima della prima esperienza difficile della mia vita.

La Carla di allora era sempre ridente, oserei dire saggia e potente. Poi ho passato buona parte della mia vita, e dei tanti corsi di crescita personale che ho frequentato, a recuperare quella personalità e quella fiducia nel mondo, nelle persone e nel futuro.

Lasciamo perdere completamente, invece, la possibilità che la sofferenza ci renda migliori rispetto ad altri: misurarsi con gli altri, in un cretino ranking di meglio o peggio, è comunque sempre una fesseria.

E quindi? 

È umano cercare un perché quando si affrontano difficoltà ed è consolatorio pensare che la sofferenza abbia un senso, un significato, e non sia vana.

Però, se devo essere sincera fino in fondo, rinuncerei volentieri ad alcuni apprendimenti per evitare un po’, anche un pizzico, di difficoltà. E comunque, caro Dio, universo, destino, adesso sono davvero stanca, ne ho davvero abbastanza: lasciami un po’ in pace, con tutti i miei limiti e difetti.