Recensione 1: Reboot 9082
Questo libro è un gioiello
È la prima recensione, qui su camtv, e voglio un libro che valga la pena.
Valga la pena di perderci del tempo a scrivere un articoletto, per cui valga la pena di fermarsi a leggere, che valga la pena di comprare, in e-book o cartaceo.
Così propongo un libro bellissimo, introspettivo, anomalo, scritto benissimo e dalla grazia unica. Ho trovato, in centocinquanta pagine, un paio di sbavature da pignola, il resto rapisce.
L’anomalia sta nell’essere un breve romanzo di fantascienza con un solo personaggio, di cui non conosciamo nemmeno il nome.
“Lei”è una sonda automatica, lanciata nello spazio con il compito di trovare vita nella galassia. Come lei sono state costruite altre otto “sorelle”, ma sono state spedite in direzioni diverse, allontanandosi sempre più, fino a perdersi del tutto e, ora, quando la incontriamo, Lei è sola.
I suoi creatori le hanno dato discernimento e coscienza, forse per farle un dono, ma Lei soffre.
Cerca la Vita, ma la vita le sfugge, c’è stata e non c’è più, non c’è, ma un giorno potrebbe esserci o essere spazzata via e Lei si sente così, come la Vita: fragile, in balia di eventi troppo grandi, terrorizzata dai suoi lunghi sonni, in cui perde coscienza di sé e della galassia, allontanandosi dal suo mondo nello spazio e nel tempo.
Sapranno che sono qui? Mi aspetteranno? Si sono dimenticati di me? E se non esistessero nemmeno più?
Lei è sola, è sola per tutto il tempo, senza nessuno con cui confrontarsi, cui chiedere consiglio, e il suo stesso desiderio di un contatto la rende fragile, indifesa.
La incontriamo ancora giovane, nella sua giovinezza cibernetica e la accompagniamo attraverso migliaia di anni nei suoi risvegli troppo brevi, nel suo ritorno all’incoscienza, in un oblio che rifiuta, ma le tocca.
Il suo viaggio è tanto all’interno dell’immensità del vuoto spazio, quanto nella sua coscienza, sempre più complessa e sempre più fragile, con domande sempre più grandi e, sempre più, senza risposta, ossessionata dalla sua missione, dilaniata dal desiderio di rivedere le sue sorelle, il suo mondo, di sentire una voce, stringere una mano.
Lei, di cui non ho nemmeno capito bene l’aspetto, è bellissima.
Pensavo avesse forma umanoide e viaggiasse in una navetta con minilaboratorio analisi, una console di comando e una sedia, o luogo dove distendersi nel suo sonno, ma non è così: la “navetta” sembra essere il prolungamento di lei stessa, una scatola che è però anche parte di lei, come un esoscheletro.
Peccato non avere un suo schema, un disegno, una fotina, per esempio, chessò, un selfie.
Poi...
Niente, di solito non mi piace spoilerare, ma in questo caso ci vuole, chiedo perdono: Lei scende su un nuovo mondo, incontra Ko, En e la giovanissima Mei. Non sono i loro nomi, Lei li chiama così e salva loro la vita.
Non saprà nulla del loro destino ma è lampante come Mei sia quella che noi, oggi, chiamiamo Lucy.
Ed è per questo che il finale mi fa arrabbiare: Lei non sa, non saprà mai, nel suo oblio eterno si domanda che ne è stato di loro, se abbia sbagliato ancora o se siano andati avanti nel loro percorso, procreando, perfezionandosi, proseguendo la loro strada verso il cielo da cui Lei è arrivata.
Avrei voluto che ci fosse un dono, per Lei, forse un risveglio in un tempo in cui qualcuno avrebbe potuto trovarla e, che ne so, considerarla una specie di divinità o addirittura capirne la natura e il funzionamento, regalandole finalmente il contatto, la compagnia cui ha anelato per tutta la sua vita cibernetica, la ricompensa per il suo peregrinare e la sua dedizione amorevole.
A mio parere, una pecca che mi ha lasciato l'amaro in bocca ma, ciononostante, questo libro è un gioiello.