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Come si trasmette la malattia della mucca pazza

2019-12-19 09:17:50

Gli scienziati hanno compreso la modalità di trasmissione della “malattia della mucca pazza”, una malattia neurodegenerativa che si era diffusa negli anni '90 nel Regno Unito.

Erano state avanzate diverse ipotesi sulla sua causa ma finora nessuna delle ipotesi era stata verificata con precisione. Questa settimana hanno pubblicato uno studio in cui gli scienziati sono riusciti a capire il meccanismo di trasmissione di questa malattia neurodegenerativa.

Si sapeva che era coinvolta una proteina chiamata PRIONE.

Il prione


Il nome del prione deriva dell'inglese ed è un acronimo: PRoteinaceus Infective ONly particle, cioè particella infettiva solamente proteica. E' stata chiamata “agente infettivo non convenzionale” di natura proteica.

I prioni sono molto simili alle proteine sane ma con una conformazione differente.  Infatti bastava nutrirsi della carne degli animali infetti per ammalarsi. I prioni inducono altre proteine sane ad assumere la stessa conformazione anomala e queste proteine sono poi in grado di infettare le proteine adiacenti e provocare malattie.

I prioni influenzano la struttura del sistema nervoso centrale e altri tessuti neurali; le malattie che ne risultano sono inguaribili e letali. Provocano diverse malattie tra gli animali ma anche nell'uomo.

Nuovi risultati nella ricerca sui prioni

I ricercatori hanno utilizzato dei topolini per capire il meccanismo di trasmissione dei prioni e hanno volutamente esposto dei topolini ai prioni “infetti”. I risultati hanno confermato che la malattia provocata ha la capacità di saltare da una specie all'altra (tra gli ovini e il topolino) e che anche i topolini sviluppano successivamente la stessa malattia degli ovini. 

Per la prima volta i ricercatori hanno avuto dei dati reali che forniscono una spiegazione sperimentata della comparsa della malattia. Infatti bastava consumare carne di animali infetti anche per l'uomo per ammalarsi.


Ora la diffusione della malattia è stata ridotta tra gli animali e di conseguenza anche tra gli umani. Questi risultati aiutano una comprensione migliore della trasmissione della malattia e quindi ad evitare che in futuro possa di nuovo riemergere.