Sandro Casponi

Cultura e benessere: un binomio proponibile?

2019-07-28 16:34:05

Musei, concerti, rappresentazioni teatrali. Ormai è dimostrato: la stimolazione culturale tiene lontana la depressione e altre malattie.

Non solo farmaci

Immergersi nella visione della "Pietà" di Michelangelo o sognare a occhi aperti sulla poltroncina di un cinema può essere incredibilmente bello. Ma questo non è una novità.


La novità è che alcuni medici hanno cominciato a prescrivere visite ai musei ai loro pazienti che soffrono di un ampio spettro di malattie, dal diabete alla depressione, dal cancro al dolore cronico.




Ma funziona veramente?

Qualsiasi formulazione del “farmaco” cultura deve la sua efficacia a potentissimi principi attivi: bellezza, stimolazione intellettuale, relax, socializzazione e movimento. Un mix esplosivo capace di spazzare via il rischio di depressione, come dimostra un recente studio pubblicato sulla rivista British Journal of Psychiatry dai ricercatori dello University College di Londra: condotto su oltre 2.000 donne e uomini over 50 seguiti per un decennio, ha dimostrato che dedicarsi ad attività culturali una volta al mese può ridurre il rischio di depressione del 48%.

Ma è una cura lunga?

Per vedere i primi risultati non occorre aspettare anni: gli effetti sono tangibili già dopo una singola esperienza di poche ore, come dimostra l’esperimento condotto in Italia su 100 volontari (tra i 19 e gli 81 anni) portati con tanto di imbragature fino a 63 metri di altezza per visitare gli affreschi della cupola ellittica più grande del mondo, quella del santuario di Vicoforte nel cuneese.


«L’esposizione alla bellezza ha determinato effetti benefici immediati, che abbiamo potuto misurare in modo rigoroso», spiega il coordinatore dello studio Enzo Grossi, direttore scientifico della Fondazione villa Santa Maria, da anni impegnato nello studio del rapporto fra arte e salute. «La visita alla cupola ha fatto aumentare il benessere percepito dai partecipanti, riducendo del 60% la concentrazione di cortisolo, l’ormone dello stress misurato nella saliva. Un risultato molto significativo, se pensiamo che elevati livelli di cortisolo protratti nel tempo danneggiano il cervello, aprendo la strada a depressione e Alzheimer».

Che cosa succede al cervello?

Ci sono volute le più sofisticate tecniche di neuroimaging per svelare il meccanismo con cui il “farmaco” cultura agisce sul nostro cervello. «Si accendono specifici neuroni della corteccia orbitofrontale», precisa il dottor Grossi. «Una volta attivato, questo centro cerebrale della bellezza produce molecole segnale come le endorfine, che danno felicità, la dopamina, che provoca piacere, e l’ossitocina, l’ormone dell’amore.


Questi neurotrasmettitori vanno ad agire sui centri più ancestrali del nostro cervello, quelli che regolano funzioni vitali come il respiro e il battito cardiaco, riducendo lo stress e il rischio cardiovascolare. Inoltre, attraverso la rete linfatica che collega l’encefalo al sistema immunitario, la cultura arriva anche a rinforzare le difese contro le minacce esterne, come virus e batteri, ma anche quelle interne, come i tumori e le malattie degenerative».


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