Eduardo Ruggieri

Imprenditore

Avere ottomila bitcoin in una discarica

2021-12-14 16:11:12

Nel 2013 James Howells buttò un hard disk con la password per accedere alle sue criptovalute: oggi valgono 350 milioni di euro

James Howells è un milionario ipotetico. Nel senso che in teoria ha circa ottomila bitcoin, ognuno dei quali vale al momento più di 44mila euro per un totale di circa 350 milioni di euro. Solo che il codice che serve per avere accesso ai suoi bitcoin è dentro un hard drive, un disco rigido di un computer, che sta da qualche parte in una discarica di Newport, in Galles.

Il codice nel disco rigido nella discarica occupa l’insignificante spazio di 32 kilobyte: è una sorta di password, più propriamente una “chiave personale” lunga 64 caratteri, sia cifre che lettere. Senza la chiave, Howells non può prendere possesso dei suoi bitcoin, e quindi non può pensare di incassare almeno in parte la sua fortuna. Come raccontato di recente dal New Yorker, è una storia iniziata anni fa, che passa da un limonata rovesciata su un computer e prosegue con un classico momento in cui una persona dice a un’altra: “Ma per caso hai buttato quella cosa?”.

Prima di perderli, i bitcoin Howells li creò con il processo noto come “mining”, o estrazione, attraverso cui il sistema Bitcoin chiede a un computer un contributo nel risolvere problemi crittografici indispensabili per il funzionamento della piattaforma e in cambio offre una ricompensa in bitcoin. Da diversi anni per farlo servono tantissimo tempo, computer potentissimi e moltissima energia. Anni fa, all’inizio dei bitcoin, era parecchio più semplice.

Howells iniziò a estrarre bitcoin nel 2009, poco dopo la loro ideazione da parte di Satoshi Nakamoto, uno pseudonimo usato dalla persona (o dal gruppo di persone) di cui non si sono mai scoperte molte informazioni certe. Howells, che ora ha 36 anni, da adolescente aveva passato molto tempo su internet, fino ad arrivare nei forum, allora molto di nicchia, in cui si discuteva di quel nuovo sistema chiamato Bitcoin. Il New Yorker descrive Howells come «un apostolo perfetto per quella tecno-utopia», spiegando che fu presto affascinato dal suo essere qualcosa di «incorporeo e senza confini». Il sistema Bitcoin gli ricordò Napster, usato per scaricare musica illegalmente, e seti@home, un sistema che tramite il contributo di più computer cercava forme di vita extraterrestri.

Incuriosito, Howells scaricò sul suo computer portatile Dell XPS N1710, allora usato perlopiù per i videogiochi, il software gratuito per estrarre bitcoin: il programma lo faceva da solo, di notte, e stando a quanto ha raccontato Howells la prima volta che provò oltre al suo c’erano soltanto altri quattro computer collegati. Ha raccontato che decise di provarci non per «fare soldi» bensì per «cambiare i soldi», «per divertimento ed esperimento».

L’estrazione notturna andò avanti saltuariamente per un paio di mesi. Era una procedura che surriscaldava il computer, provocando un rumore che infastidiva Hafina, la sua compagna. Howells finì così per interrompere l’attività: «non valeva la pena litigarci» ha ricordato. «Al tempo i bitcoin non avevano valore e non c’era motivo di pensare che ne avrebbero mai avuto».

Sospesa l’estrazione, nel computer restò comunque conservata la chiave alfanumerica di 64 caratteri indispensabile per accedere ai bitcoin estratti. Ora, grazie alle molte app di intermediazione nella compravendita di criptovalute, gestire le proprie criptovalute è più semplice e veloce. Allora poter consultare materialmente la chiave era imprescindibile. Per Howells era ed è l’unico strumento per aprire la cassaforte virtuale dentro alla quale, in poche settimane, si erano accumulate migliaia di bitcoin. Non esiste il corrispettivo virtuale di una fiamma ossidrica o di chissà quale altro strumento per accedervi.

Howells continuò a usare quel laptop per altre faccende fino a quando, alcuni mesi più tardi, rovesciò per sbaglio sulla tastiera parte della limonata che avrebbe voluto bere. Comprò quindi un iMac e ci trasferì parte dei file e delle informazioni che stavano su quello vecchio. Quelle sui bitcoin però no: ha raccontato che ci pensò, ma che al tempo non c’era una versione per dispositivi Apple del software che aveva usato e che dunque lasciò perdere. Si tenne comunque il disco rigido in un cassetto della scrivania.


Articolo pubblicato da : Avere ottomila bitcoin in una discarica - Il Post