Storia & Antichità
Un piccolo grande equivoco
Perché i cristiani ritennero il poeta Virgilio un profeta?
Il poeta romano Publio Virgilio Marone (70 a.C. - 19 a.C.) è stato uno dei più grandi letterati dell'epoca classica ed è celebre soprattutto per essere l'autore dell'Eneide, il terzo grande poema epico dopo l'Iliade e l'Odissea. Nella Divina Commedia, Dante lo scelse addirittura come accompagnatore attraverso l'Inferno.
Ma oltre a questi meriti, nel Medioevo gliene fu affibbiato uno che non c'entrava niente con lui: i cristiani lo considerarono un profeta della venuta di Cristo! La cosa ovviamente è folle, dato che morì quasi vent'anni prima della nascita di Gesù e che in quanto romano seguiva la religione politeistica dell'epoca.
Ma da come hanno fatto gli studiosi medievali a prendere un simile abbaglio e chiamare "profeta" il poeta?
Tutto parte da un intreccio di politica e letteratura: nel 40 a.C. la guerra tra Ottaviano e Marco Antonio si concluse con la pace di Brindisi e il matrimonio tra Antonio e la sorella di Ottaviano, ovviamente la cosa suscitò grandi speranze e felicitazioni in tutta la Repubblica.
Nello stesso periodo Virgilio stava scrivendo le Bucoliche (la sua prima opera importante) e nella Egloga IV parlò della nascita imminente di un "puer" cioè un bambino, che avrebbe dato il via a una nuova epoca di prosperità (anche detta "età dell'oro").
I monaci amanuensi del Medioevo, leggendo l'opera di Virgilio, si convinsero che il famoso puer annunciato dal poeta doveva essere Gesù e quindi commisero il celebre errore, identificando Virgilio come saggio cristiano.
Nella realtà le cose non stavano affatto così e il puer in questione era semplicemente il figlio di Marco Antonio e Ottavia, o in alternativa il figlio del console Asinio Pollione, amico del poeta.
Alla faccia dell'abbaglio...
Fonte: HistoRick