Riccardo Polverosi

Storia & Antichità

La Pearl Harbor italiana

2020-10-20 22:58:42

Cosa accadde a Taranto nel novembre 1940 (e perché)?

Tutti conoscono l'attacco alla base navale di Pearl Harbor: il 7 dicembre 1941 la Marina Imperiale Giapponese lanciò un attacco aereo a sorpresa contro le navi americane ormeggiate, affondandone la metà. L'aggressione a sorpresa causò un'ondata di sdegno e collera, che si tradusse molto presto nell'ingresso in guerra degli Stati Uniti, i quali fino ad allora erano rimasti ufficialmente neutrali.

Ma Pearl Harbor non fu, almeno concettualmente, un'invenzione originale dei giapponesi: qualcosa di molto simile era avvenuto un anno prima in Italia, per la precisione a Taranto.


La notte tra l'11 e il 12 novembre 1940 il porto di Taranto, che ospitava numerose navi della Regia Marina, venne attaccato dagli aerei britannici: fu una vera e propria strage di vascelli per gli italiani, che subirono gravi danni ad opera dei siluri inglesi. Nello specifico furono danneggiate 3 corazzate, 2 cacciatorpediniere e 1 incrociatore, causando la perdita di quasi 60 marinai della Regia Marina e 600 feriti.

Per l'Italia l'attacco a Taranto fu un dramma, poiché ridusse il numero di corazzate disponibili (furono dimezzate) e pose la Regia Marina in condizioni di inferiorità assoluta contro la Royal Navy britannica: dato che la strategia navale italiana si basava su quello, le navi restanti erano di fatto impotenti contro gli inglesi, i quali erano abituati da secoli a dominare sui mari e disponevano della marina più grande e potente dell'epoca. 


Bisogna anche dire che la riuscita dell'attacco dimostrò concretamente l'arretratezza di pensiero dei comandi militari: fino ad allora gli alti papaveri della Regia Marina erano convinti che un attacco simile non potesse avvenire, semplicemente perché le acque del porto di Taranto erano ritenute basse e pensavano che nessun aerosilurante se la sentisse di attaccare in condizioni simili.

Un'altra cosa che emerse chiaramente dal raid inglese fu la carenza/arretratezza delle dotazioni della Marina, a sua volta risultato delle mille inefficienze e della scarsità di materie prime che affliggevano la produzione bellica italiana: in poche parole, le risorse erano poche e mal gestite. 


Per fare un esempio, il porto di Taranto era totalmente sprovvisto di impianti radar, dotato di contraerea obsoleta, sguarnito di palloni di sbarramento (persi durante una tempesta e mai rimpiazzati) e con delle reti anti-siluro corte e posizionate male, quindi inefficaci. 

Se a questo si aggiunge che la Marina praticamente non comunicava con la Regia Aeronautica (che avrebbe potuto respingere i britannici) e si affidava a strumentazioni anti-diluviane, c'è da stupirsi che abbiano perso solo sei navi e non tutte quante…


La "notte di Taranto" non fu solo una vittoria per gli inglesi, ma anche una preziosa "scuola" per qualcun altro: dopo l'attacco infatti alcuni militari giapponesi dell'ambasciata nipponica a Roma visitarono il porto distrutto e raccolsero informazioni sul raid. Com'è facilmente intuibile, fu quella la fonte d'ispirazione per l'attacco a Pearl Harbor avvenuto l'anno successivo ai danni degli USA, i quali però reagirono in maniera devastante, dichiarando guerra al Giappone e giungendo a Tokyo nel giro di 4 anni.


Nel dopoguerra Taranto continuò ad essere un'importante base per la Marina Militare Italiana (lo è ancora oggi): speriamo solo che i militari abbiano imparato dagli errori passati e si siano messi al passo con i tempi…


Fonte: HistoRick