Non ci pensiamo spesso, ma... (Prima parte)
La rete consuma sempre più energia e contribuisce enormemente alla crisi climatica, mettendo a rischio la sua stessa esistenza. Qual è la via d'uscita? Articolo di Andrea Daniele Signorelli (Wired.it).
Non esiste nessun cloud, ma solo i computer di qualcun altro”, si legge spesso online. E in effetti i colossi del digitale hanno fatto una scelta molto indovinata quando hanno scelto di soprannominare cloud (nuvola) lo strumento che tutti noi utilizziamo per archiviare dati su internet invece che sul nostro computer o hard disk. Raccontata così, sembra che le nostre foto o i nostri album finiscano in un luogo etereo, immateriale: in cielo, insomma. Da dove possiamo scaricare tutto a piacimento quando ci torna più comodo.
La realtà, ovviamente, è molto più prosaica: dietro a questa fantomatica nuvola si celano sterminati data center composti da centinaia di migliaia di server. Lo stesso vale anche per internet nel suo complesso, la cui infrastruttura fisica è costituita da interminabili cavi, oltre che da router, switch e tutto ciò che consente al traffico dati di raggiungere ogni angolo della Terra (o quasi).
Boom di consumi
Ci si pensa raramente, ma questa massiccia infrastruttura fisica consuma un’impressionante quantità di energia. Secondo un recente report di Shift Project, le tecnologie digitali sono responsabili del 4% delle emissioni di gas serra, una cifra che potrebbe raddoppiare già entro il 2025. Nel suo complesso, internet è responsabile di circa il 7% del consumo energetico globale. Peggio ancora: la sua fame di elettricità sale dell’8% ogni anno che passa.
Il problema, ovviamente, è che la quantità di dati che circola sulla rete cresce anno dopo anno, aumentando proporzionalmente la quantità di energia necessaria. Si parla tantissimo del consumo energetico causato dai bitcoin, si fa invece molta meno attenzione al fatto che a breve saremo circondati da decine di miliardi di apparecchi connessi all’internet of things, che il 5G permetterà di inviare una quantità immensa di dati e che le nostre fotografie, i video di YouTube, la musica su Spotify e i film su Netflix continuano ad aumentare in definizione e qualità, facendo crescere il traffico sulla rete e quindi l’energia consumata da internet. Il solo streaming di video ha generato nel 2018 la stessa quantità di emissioni di una nazione come la Spagna.
Ericsson Mobility Report 2019
Numeri poco noti, e che proprio per questo fanno una certa impressione. “Ogni volta che parlo con qualcuno che lavora nel tech, sembrano tutti sempre meravigliati dal fatto che i server abbiano bisogno di elettricità e che l’elettricità provenga spesso da combustibili fossili”, ha spiegato Chris Adams della Green Web Foundation a Gizmodo. Con il tasso di crescita previsto, si stima che internet potrebbe consumare un quinto di tutta l’elettricità mondiale già nel 2030.
Gli effetti della crisi climatica
In poche parole, internet non è ecologicamente sostenibile. E mentre le foreste in Amazzonia e in Siberia bruciano e i ghiacci dell’Artico si sciolgono, l’impatto della rete su un pianeta provato dalla crisi climatica non può più essere sottovalutato. Ironicamente, tra l’altro, i cambiamenti climatici a cui internet contribuisce in maniera importante potrebbero anche devastare la rete stessa.
Secondo le stime di Internet Atlas, nei prossimi 15 anni – in uno scenario in cui si stima che il livello dei mari si innalzerà di circa 30 centimetri – oltre 6mila chilometri di cavi in fibra ottica verranno irreversibilmente sommersi. Sulle due coste degli Stati Uniti, i mari potrebbero sommergere il 20% di tutti i cavi che portano internet in città come New York, Los Angeles e Seattle. Mentre 1.100 nodi – gli edifici o i luoghi dove i cavi emergono dal sottosuolo per collegarsi a router, server e switch – rischiano di finire sott’acqua.
Nonostante questi cavi siano studiati per resistere alle infiltrazioni, la maggior parte di essi non è stato progettato per restare sott’acqua costantemente. Il rischio è che l’acqua comprometta l’integrità dei cavi, degradando anche la trasmissione dei dati fino alla sua completa interruzione. Tutto ciò potrebbe sembrare uno scenario eccessivamente pessimista, se non fosse che sono le stesse aziende di telecomunicazioni che stanno studiando gli effetti del cambiamento climatico nella speranza di scongiurare il peggio.