Patrizia Masciari

Mystic Mentor

FU CONDOTTO DALLO SPIRITO NEL DESERTO

2022-03-23 11:58:31

Gli innumerevoli Benefici dell'esilio

L'attesa*

Lo spirito del profondo disse: «Nessuno può o deve impedire il sacrificio. Il sacrificio non è distruzione, il sacrificio è la pietra miliare di ciò che verrà. Non avete forse avuto i conventi? Non sono forse andati a migliaia e migliaia nel deserto? Dovete portare i conventi dentro di voi. Il deserto è in voi. Il deserto vi chiama e vi attira e, se pure foste legati col ferro al mondo di questo tempo, il richiamo del deserto spezzerà ogni catena. In verità, io vi preparo alla solitudine* (Liber primus, La via di quel che ha da venire, pag. 11 ed. studio)

Ogni cosa futura era già prefigurata in immagini: per trovare la propria anima, gli antichi andarono nel deserto. Si tratta di una metafora. Gli antichi vivevano i loro simboli, perché per loro il mondo non era ancora diventato reale. Per questo si recarono nella solitudine del deserto, per insegnarci che il luogo dell’anima è un deserto solitario. Lì ebbero visioni in abbondanza, i frutti del deserto, i fiori strabilianti dell’anima. Medita assiduamente sulle immagini che gli antichi ci hanno lasciato. Esse indicano la via di quel che ha da venire. (Liber primus, cap. IV pag.30)

Come aveva anticipato nel prologo, sacrificare ciò che è più caro per andare nel deserto a ritrovare la propria anima non va inteso concretamente: “Il deserto è in voi”. Gli antichi ci andarono davvero perché, come ricorda Jung in "Tipi psicologici", prendevano molto sul serio le loro idee, tanto che alcuni arrivarono a esiti per noi impensabili. Tertulliano aveva sacrificato l’intelletto chiudendosi ad ogni corrente di pensiero religioso per aprirsi all’interiorità irrazionale, finendo così per fondare una sua setta personale. Origene aveva sacrificato ciò che più lo teneva incatenato al mondo: il fallo, auto-castrandosi. Come fa notare Jung: “Il sacrificio fatto da Tertulliano e da Origene è drastico, troppo drastico per i nostri gusti: ma era in armonia con lo spirito di quel tempo che era quanto mai concretistico.” (pag. 24 ed. 2011)


“Andare nel deserto” però è anche più di una semplice metafora, c’è qualcosa di vero e reale: è un sacrificio e un’esperienza interiore. Nel passo che segue del Libro rosso Jung racconta come fu sfiancante distogliere l’attenzione da quel corso incessante di pensieri che è caro a tutti noi, che a fatica si riesce a fermare, e che difficilmente riesce a prendere nuove strade.

*Anche dai miei pensieri ho dovuto separarmi, distogliendo da essi il mio desiderio. E ben presto mi sono accorto che il mio Sé era diventato un deserto in cui ardeva soltanto il sole del desiderio non placato. Ero sopraffatto dalla sterilità infinita di questo deserto. Anche se qui qualcosa avrebbe potuto attecchire, vi mancava però la forza creativa del desiderio. Ovunque ci sia la forza creativa del desiderio germoglieranno i semi propri di quel terreno. Ma non dimenticare di attendere. * (Liber primus, Cap IV, pag 29)

Il desiderio, in "Simboli della trasformazione" sinonimo di “libido” e “energia psichica” (pag. 138 ed. 2012), è in questo caso quella forza abituata a defluire in modalità abituali, mentali, che sono facili ma a lungo andare portano a uno stallo. Distogliere questa forza dal suo impiego abituale genera quella condizione disagevole e pressante rappresentata dal calore cocente del deserto. Le energie psichiche non vengono più disperse costantemente ma trattenute e accumulate in vista di un nuovo impiego. Per far questo serve rimanere “in attesa”, avvertendone necessariamente la pressione. In “Tipi psicologici” Jung descrive un processo simile, processo che porta al rinnovamento delle energie e della personalità:

“La prassi indiana cerca di provocare sistematicamente questo stato di congestione e accumulo della libido distraendo l’attenzione (la libido) dagli oggetti e dagli stati psichici, dagli “opposti”. L’interruzione della percezione sensoriale e l’estinzione dei contenuti coscienti provocano un violento abbassamento della coscienza in generale (proprio come nell’ipnosi) ravvivando i contenuti dell’inconscio, cioè le immagini primordiali, che a causa della loro universalità e della loro età sconfinata hanno carattere cosmico e sovrumano. Per tale motivo compaiono allora tutte quelle similitudini di sole, fuoco, fiamma, vento, respiro ecc., che da tempo immemorabile hanno avuto valore di simboli della forza generatrice, creatrice e motrice del mondo.” (Pag. 219 ed. studio)

Per concludere, nel Libro rosso Jung ci racconta dove lo portò la sua attesa:

*Questa fu la venticinquesima notte nel deserto. Tanto tempo c’è voluto perché la mia anima si risvegliasse dall’esistenza di ombra alla sua propria vita e potesse venirmi incontro come una creatura a sé stante e separata da me. * (Liber primus, Cap. IV pag. 32)

Michele Ridella 


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