Open your mind

Efficacia Personale

Open your mind

Efficacia Personale

Lettere: il Beckett meno conosciuto (e più autentico)

2021-09-28 08:57:17

Beckett dalla clandestinità a Godot, ossia il Beckett meno noto al grande pubblico - che, fondamentalmente, lo conosce e lo apprezza soltanto o soprattutto per "Aspettando Godot" - è in realtà quello più autentico. Ma, in particolare, la lettura del suo secondo volume di lettere, costituisce un prezioso insegnamento per tutti noi (in questo senso è proprio un libro OPEN YOUR MIND !): i capolavori hanno bisogno di tempo e di un profondo lavoro di ricerca, anzitutto interna (interiore) sulle radici...prima di vedere la luce e di far nascere i fiori...

Trattasi della corrispondenza tenuta da Beckett nel periodo più intenso e
creativamente più importante della sua vita. Quello che ha inizio con la
stesura di Watt, avvenuta in gran parte durante il periodo di
clandestinità trascorso da Beckett, allora ricercato dalla Gestapo, a
Roussillon, nella Francia non occupata, assieme alla propria compagna
Suzanne Deschevaux-Dumesnil; e termina con le prime prove di Finale di partita
e con un Beckett già famosissimo a livello internazionale,
rappresentato in più parti del mondo ma con qualche fastidio ancora da
sanare nei confronti della madre patria, l’Irlanda, dove i suoi libri
continuano ad essere messi all’indice, e della città che per un
irlandese è la sola a sancire effettivamente il successo, ossia Londra,
dove la sua opera teatrale, Aspettando Godot, ha potuto essere
rappresentata solo dopo innumerevoli complicazioni e non prima di essere
stata mondata di parecchie parole ed espressioni ritenute volgari su
espressa volontà del Lord Chamberlain.
Le lettere sono precedute da un’acutissima introduzione di Dan Gunn,
uno degli studiosi che hanno curato l’intera opera, il quale si avvicina
con tatto e sensibilità alla figura umana di Beckett cogliendo le varie
sfumature che contraddistinguono gli umori e gli atteggiamenti espressi
nelle lettere raccolte in questo volume rispetto alle spigolosità di
carattere che avevano caratterizzato quelle del primo. Ciò è evidente
soprattutto a partire dal momento in cui ha inizio il periodo del
cosiddetto “assedio nella stanza”, dal ’46 al ’51, quello cioè in cui
Beckett avrebbe prodotto a raffica, verrebbe da dire, oltre alle novelle
in francese, che pure basterebbero a collocarlo fra gli autori più
originali del momento, anche i suoi maggiori capolavori, Molloy, Malone muore e L’innominabile
Gunn sottolinea giustamente come questa trasformazione sia stata
determinata dalle privazioni e dalle condizioni di pericolosità in cui
Beckett era vissuto durante gli anni della guerra e come di fatto questo
cambiamento sia attestato nelle lettere dalla “nuova assenza di
ostilità e recriminazioni, di risentimento nei confronti del mondo e di
chi lo abita” (p. LI). “Proprio quando ci si aspetterebbe un Beckett
ombroso o furente – scrive Gunn – per gli anni in clandestinità, per le
perdita di tanti amici deportati e morti, per le condizioni disastrose
in mezzo alle macerie della cittadina di Saint-Lô, in Normandia, dove
lavora per la Croce rossa irlandese, ci si trova davanti un Beckett
rassegnato e reticente; non ci sono più, o quasi, le effervescenti
filippiche dei primi anni, l’autocommiserazione, il rancore e gli
occasionali sfoggi compiaciuti di bravura, come se tutta la sofferenza
di cui è stato testimone avesse per sempre messo a tacere ogni
espressione puramente personale di sfavore e disprezzo; come se, forse,
la vista di un agire tanto brutale lo avesse per sempre consolidato
nella sua inclinazione alla passività, per quanto paradossalmente
rigorosa e fattiva” (p. LI). Naturalmente, rispetto al periodo anteriore, questa nuova fase della vita di Beckett, una fase di rinascita, di stabilità e di continuità
creativa sul piano del lavoro letterario, finisce inevitabilmente per
produrre un mutamento anche nel giro delle amicizie e dei confidenti a
cui le lettere sono indirizzate. Più diradate sono quelle destinate ai
due interlocutori privilegiati dell’epoca precedente: l’amico Tom
MacGreevy, divenuto nel frattempo direttore della National Gallery di
Dublino, e George Reavy, suo primo agente letterario, ora passato un po’
in secondo piano, ma a cui tuttavia Beckett continua a dare ragguagli
sul proprio lavoro, mettendolo pure a parte per primo della sua
intenzione – poi rivelatasi decisiva per la svolta che già era latente
nel suo modo di scrivere, dopo che anche il suo ultimo romanzo Watt 
l’aveva lasciato insoddisfatto –  “di non scrivere più molto in inglese
in futuro” (lettera del 15/12/1946), l’inglese “che mi impastoia (…)
lingua orribile che so ancora troppo bene” (a Georges Duthuit, il
28/6/1949), ma di adottare il francese, per aderire piuttosto al bisogno
di essere “mal armato” (a Hans Naumann, il 17/2/1954), e dunque in
posizione di debolezza o di soggezione rispetto alla lingua, compiendo
in tal modo quel passo che avrebbe letteralmente stravolto il suo
destino di scrittore. Alla fine, nella corrispondenza con Duthuit, Beckett confida o annuncia per primo l’elaborazione di nuove idee o il formarsi di nuove opere, soprattutto durante il periodo della gestazione di Godot. Mentre per i romanzi della trilogia egli si limita a qualche breve cenno di sfuggita, forse per scaramanzia, attorno a Godot si respira un’aria diversa, quasi che la facilità con cui quell’opera gli stava riuscendo, o forse perché l’aveva giudicata fin da subito come un diversivo o un momento di riposo dopo le fatiche della trilogia, ora
sentisse la necessità di renderne partecipi i suoi interlocutori, in particolare appunto Duthuit, cui comunica di averla iniziata, poi di averla terminata, e a cui via via sottopone i propri dubbi, specialmente riguardo al titolo, e in seguito riguardo a tutta la problematica relativa alla messa in scena, ma sempre utilizzando espressioni colorite mai propriamente tecniche. Questioni stilistiche a parte, come ho scritto nell'introduzione, gli aspetti più salienti ed educativi di quest'opera, quelli che chiunque ambisca al successo (indipendentemente dall'ambito) dovrebbe apprezzare, sono: la pazienza, l'attesa, il lavoro su sè stessi, la costante ricerca del miglioramento. Tutte qualità ed attitudini nelle quali Beckett si è rivelato un maestro, sia pure spesso oscuro ed imperscrutabile.

SE TI E' PIACIUTA QUESTA RECENSIONE SOSTIENI E CONDIVIDI QUESTO CANALE. GRAZIE

SE VUOI IMPARARE L'EDUCAZIONE FINANZIARIA, SEGUI IL MIO CANALE TEMATICO PRINCIPALE CLICCANDO QUI SOTTO




Cavalcare la tigre: differenziarsi per sopravvivere
Ho letto questa opera miliare di Evola poco più che ventenne. Probabilmente perchè ero troppo acerbo (o troppo stupido) non la compresi e non la apprezzai.