La porta medievale da cui parte la lunga scalinata che attraversa tutto il paese fino alla Chiesa di Santa Maria Novella.
Interessante e misteriosa, la Grotta Bella (a 2 km di distanza), scoperta nel 1902 ed esplorata per la prima volta nel 1971. Si trova sul fianco del monte Aiola: è costituita da una grande sala ricca di stalattiti e stalagmiti, da cui si dipartono sale minori.
Si presenta come cavità con un ampio ingresso, cui si accede per mezzo di alcuni gradini.
Una frequentazione stabile della Grotta si ritrova a partire dal VI-V millennio a.C. A questo periodo si riconduce la comparsa di manufatti in argilla figulina dipinta (ceramica tricromica), nuova tendenza culturale diffusa in buona parte dell’Italia centro-meridionale.
Interrotta da un periodo di abbandono nel III millennio, questa fase termina con l’età del Bronzo Finale (1200-900 a.C.).
Il luogo assunse anche finalità sepolcrali documentate da materiali ceramici con dipinti simbolici e da resti umani.
Solo a partire da Età Storica (VI sec. a.C.) e fino al I sec. a.C. assume una connotazione religiosa testimoniata dalle offerte votive ritrovate (bronzetti a figura umana, ex voto anatomici, un modellino fittile di edificio templare etrusco-italico) individuate negli strati superiori.
La frequentazione in Età Repubblicana si caratterizza per la ceramica a vernice nera e le monete.
All’inizio dell’Età Imperiale, quando, cominciarono a cambiare le modalità aggregative nell’area, il sito venne occupato in forme sempre più sporadiche, come denotano rari frammenti di ceramica sigillata e monete, che giungono fino al IV-V sec. d.C.
Con i resti di ceramiche, ritrovate durante gli scavi, sono stati ricostruiti vasi bellissimi e di straordinario valore.
Oggi la grotta è protetta con un cancello di ingresso, dotata di sicuri camminamenti all’interno, visitabile con l’autorizzazione del Comune.
CENNI STORICI
Santa Restituta è stata al centro di storici scontri tra Orvieto e Todi, che se ne contendevano il dominio, non tanto per motivi di prestigio o militari, quanto per la ricchezza economica, legata ai pascoli e, soprattutto, ai secolari castagneti.
I monaci benedettini fin dal Medioevo sfruttarono questi preziosi alberi, non solo per il prestigioso legname, ma anche per la farina.
Oggi è possibile visitare il Centro per la Civiltà del Castagno, un luogo che espone oggetti di artigianato, ripropone ambienti rurali e mostra il ciclo legato alla coltura del castagno.