Ciao a tutti, sono Silvia e mi piace scrivere, poesie in particolare, che danno voce a quello che ho dentro, rispecchiano ciò che sento e ciò che sono, sono un tentativo di esprimere dolore, amore, paura, malinconia, e tutto ciò che mi appartiene.

Chi sono

Ciao a tutti, sono Silvia e ho una passione per la scrittura. 

Non sono una scrittrice e nemmeno una laureata in Lettere, ma solo una ragazza di 21 anni che studia psicologia e prova a dare senso a ciò che la circonda. 

È questo, infatti, che fa la scrittura, trasforma in parole le sensazioni, da loro voce e possibilità di esprimersi, possibilità di esistere.

C'era un filosofo del linguaggio di nome Wittgenstein che sosteneva che ciò che non è traducibile in parole ed esprimibile attraverso il linguaggio non esiste, un concetto esiste solo se lo si può spiegare. 

Una persona una volta mi aveva chiesto quale fosse la mia definizione di "amore", e io avevo risposto di non essere in grado di darla, perché dando una definizione unica e fissa a una cosa mi sembra di ucciderla, di non lasciargli altra possibilità di essere se non in funzione di quello che io mi aspetto che sia, se non con la veste e le sembianze che gli ho cucito addosso, se non con l'unica forma con cui la mia ragione la concepisce, ma in realtà la mia ragione non la concepisce con una sola forma ma con mille forme diverse, e questo vale per ogni aspetto della vita, forse è per questo che sono sempre così indecisa, forse è per questo che non vedo mai la ragione da una parte sola, e il torto dall'altra, forse è per questo che le cose non mi sembrano mai fisse e definite ma instabili e mutevoli, che non vedo mai un'unica strada che porta alla verità, ma tante strade, forse è per questo che spesso mi perdo, cambio strada, mi fermo disorientata e incapace di decidere in che direzione procedere. 

Ma sebbene questo possa essere disorientante a volte, io preferisco e preferiró sempre la confusione all'ordine, il caos all'armonia, il dubbio alla certezza, non perché non desideri la tranquillità ed essere in pace con me stessa, non perché non ami la calma e il silenzio, ma perché sono convinta del fatto che non esistano risposte certe, verità assolute, che non esista una cultura, un modo di essere o un'opinione migliore di tutti gli altri, credo nell'unicità di ciascun individuo, nella bellezza e nel valore dell'essere uguali nella diversità, che non esista un'unica strada giusta da seguire, ma che ognuno debba seguire la sua, quella che si sente dentro. Come diceva Baricco in "Castelli di rabbia": "Non è una cosa da niente, è una cosa bellissima. Avere una nota, dico, una nota tutta per sé. Riconoscerla, fra mille, e portarsela dietro, dentro, e addosso. Potete anche non crederci, ma io vi dico che lei respira quando voi respirate, vi aspetta quando dormite, vi segue ovunque andiate e giuro non vi mollerà fino a che non vi deciderete a crepare, e allora creperà con voi."

Ma come al solito ho divagato. 

Ora, tornando alla persona di prima e alla mia risposta, questa a sua volta mi rispose:

"Il fatto che dai un nome a quella cosa ti permette di vederla. 

Tu puoi provare qualcosa e non avere il linguaggio per esprimerlo, inevitabilmente, per te non esiste"

Io non so questa persona abbia ragione, se effettivamente sia così, ma quello che so è che vorrei provare a dare un nome a quello che sento e quello che vivo (o non vivo), per permettergli di esistere, o perlomeno per riuscire a vederlo con più chiarezza, per provare a dare forma a qualcosa del caos ingarbugliato che occupa la mia mente, per srotolare quel "groviglio di pensieri" (che non a caso è anche il nome del mio blog su Tumblr, e se qualcuno volesse darci un'occhiata ne sarei solo felice) e farne un filo conduttore che mi accompagni nel mio cammino. 

Vorrei provare a dargli un nome per ricordarmi un giorno che è esistito, che ho vissuto e che ho provato quelle cose, sentito quei profumi, camminato in quei boschi, voluto bene a quelle persone, sentito quelle melodie, visto quei paesaggi, toccato quei corpi, per ricordarmi quello che invece non ho vissuto, per ricordarmi dei vuoti e della sofferenza che mi hanno portato, per ricordarmi che poi l'ho superata, per ricordarmi della confusione e delle mille incertezze e paure che mi paralizzavano, di quando mi sentivo invisibile e trasparente, di quando poi mi sono sentita vista davvero, e ho imparato a vedermi anch'io, ad accettarmi con le mie mille assurdità e incongruenze, di quando ho imparato che siamo fatti di mille sfaccettature diverse e non siamo racchiudibili in un'etichetta, e che le etichette possono fare molto male, e possono convincere persino te stessa che non sei nient'altro, che non puoi essere nient'altro di diverso da come ti vedono, mentre in realtà sei solo tu che ti sei abituato a vederti con i loro occhi, mentre in realtà, come disse una volta un mio carissimo amico: "Sei tu a definirti. Sempre."

Voglio dare un nome a tutto questo, perché, come dice Pekish, ognuno di noi ha una nota, e io voglio provare a suonare la mia, se non altro per ricordarmi di averne avuta una. 

E poi magari, chissà, a qualcuno piacerà anche, magari qualcuno scoprirà di avere una nota simile alla mia, e si sentirà meno solo.