Mamma Oggi

Founder Junior

Lo sfogo di una mamma: qualunque esso sia, va ascoltato e compreso

2020-01-15 14:44:46

A me il “per sempre” fa paura. O meglio, a me l’idea del “per sempre” fa venire una gran voglia di scappare. Non ho molta fiducia nel fatto che i rapporti possano essere davvero “per la vita” e preferisco vivere quello che ho, invece di pensare a quello che avrò un giorno.

Poi sono rimasta incinta.

Mi sono sentita fin da subito schiacciata dal peso della responsabilità, dall’idea che se avessi accettato di diventarlo, non avrei smesso di essere mamma nemmeno per uno dei successivi minuti della mia vita. La maternità è un contratto a tempo indeterminato, per alcune di noi trentenni precarie, probabilmente l’unico della vita. Essere madri è per sempre e se ci penso non ci trovo nulla di romantico, niente che mi faccia battere il cuore. Se ci penso sono già stanca, adesso, per il peso di quel “per sempre”.

Per l’impegno al quale non sarò mai più libera di sottrarmi, che spesso assomiglia ad una gabbia contro la quale la mia libertà di prima va a schiantarsi per poi frantumarsi in mille pezzi. Come se fosse scritto da qualche parte che, ogni volta che nasce una mamma, una donna dovesse a tutti i costi morire.

A volte l’idea che dovrò prendermi cura di mio figlio anche quando non ne ho voglia mi toglie il fiato, come fosse un macigno pesantissimo da portare. Il pensiero che mai, nemmeno per un giorno, per un minuto, smetterò di essere madre, di essere stanca come una madre, di avere dentro quell’amore sconfinato che non pensavo di poter provare e del quale ho paura di restare vittima.

Il pensiero che dovrò scaldare pigiamini sul termosifone d’inverno e preparare cene decenti anche quando vorrei solo ingozzarmi di schifezze sul divano mi fa dire che no, io non ce la farò.

Poi però ce la faccio sempre. Ce la faccio a prendermi cura di mio figlio anche quando non ne ho voglia. Ce la faccio perché è lui che me lo chiede e lui sa sempre come fare. Perché farlo mi fa sentire forte, stanca, sfibrata, ma al tempo stesso piena di risorse. Mi prendo cura di mio figlio a modo mio, non in maniera perfetta per carità, ma come posso, con i mezzi che ho.

Prendersi cura di un figlio anche quando non ne hai voglia per me significa appoggiare quel pigiama sul termosifone, ogni sera, anche se non ho fatto tutto il resto, anche se mio figlio l’ho lasciato giocare da solo per tutto il pomeriggio e a cena gli ho rifilato una triste minestrina.

Quel pigiama per me rappresenta l’impegno di esserci sempre, la conferma che ci sono e che ci sarò. Il mio amore imperfetto, eppure grande. La responsabilità che ho accettato di prendere sulle mie spalle nel momento in cui ho deciso che sì, sarei diventata madre, ma rappresenta anche il mio egoismo di donna che è una madre come può.

 

Non peggiore: semplicemente a modo suo.

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