Founder Junior
Meritocrazia e Sharing Economy
La meritocrazia è superata? Sarebbe ora di introdurre "nell’organizzazione sociale ed economica delle nostre società avanzate" nuovi strumenti, più equi, sostituendo il metro del merito con quello della dignità?
La meritocrazia è superata?
Sarebbe ora di introdurre "nell’organizzazione sociale ed economica delle nostre società avanzate" nuovi strumenti, più equi, sostituendo il metro del merito con quello della dignità?
Ma ha mai davvero funzionato la meritocrazia? Che effetti ha la competizione nelle performance di tipo non sportivo, e nell’apprendimento di nuove skills?
Al di là della retorica, se mai ha funzionato in passato, ora la meritocrazia in senso tradizionale si sta rivelando una 'trappola' ed emerge la necessità di adottare nuovi parametri che allontanino il rischio della cosiddetta 'simmetria delle valutazioni', che "ci induce a pensare che se, da una parte, successo, fama e ricchezza premiano l’impegno e il merito, dall’altra insuccesso, irrilevanza e povertà sono le giuste ricompense della mancanza di impegno".
Sempre più spesso le Aziende riconoscono posizioni vuote di reale contenuto non tanto a chi dimostra maggiori capacità e risultati, bensì a chi è più disposto a rinunciare alla propria dignità per il bene aziendale.
Creando così un divario sempre maggiore tra bene dell’azienda e bene delle persone. Questo forse è anche il motivo, o uno dei motivi, per il quale le persone più ‘meritevoli’, con competenze anche nella sfera dell’intelligenza emotiva e di gestione delle persone si allontanano sempre più di frequente dai modelli tradizionali basati su sistemi premianti solo sulla carta, per dirigersi verso modelli apparentemente meno sicuri che però premiano l’essere umano nella sua interezza e nella sua dignità.
Ossia, non interessa più un livello di inquadramento superiore se poi a ciò non corrisponde fiducia nell’operato, remunerazione adeguata e rispetto dei bisogni essenziali come orari di lavoro dignitosi e adeguate relazioni personali nell’ambiente lavorativo.
Secondo alcuni studiosi, un modo di affrontare la questione sarebbe "spezzare" il "legame equivoco tra valore di mercato e valore sociale", mettendo "il lavoro, con la sua dignità e la sua capacità di generare valore condiviso, al centro della politica economica".
I sindacati europei da anni si battono per il "decent work", il lavoro decoroso che appunto considera la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici come valore primario. Questo perché non sempre quelli che hanno successo e fanno carriera, sono anche le persone più capaci.
Nessuno riesce ad essere produttivo se si sente sfruttato e frustrato. La qualità di vita, e quindi anche quella di lavoro svolto, non si misura soltanto con il tipo di lavoro o la posizione ricoperta, ma anche con la certezza (e quindi la possibilità di creare progetti personali per il futuro), un ambiente lavorativo stimolante (non riferito alle mere mansioni lavorative) e il tempo e la possibilità di godere del proprio tempo libero da dedicare a famiglia e passioni personali.
La meritocrazia andrebbe integrata con la dignità, e non sarebbe una sorpresa scoprire che anche le aziende ne trarrebbero enormi benefici a livello di efficienza e performance.
Lo dimostra l’esplosione della sharing economy, dove l’iniziativa individuale lasciata libera di esprimersi -e di raccogliere i suoi stessi successi - segna il punto inequivocabile su tutte le mirabolanti offerte di posizioni aziendali di prestigio.