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Caratteristiche dell'Albero di Loto e Come preparare la Grappa di Loto (foto mia) 📸

2019-06-29 11:59:41

Il Loto o albero di Sant'Andrea (nome scientifico Diospyros lotus) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Ebenacee e al genere Diospyros. Originario della Cina, importato in Europa nel 1597, diffuso nell’Europa meridionale per il frutto e come essenza ornamentale.

Significati del Nome

Diospyros lotus è stato classificato da Linneo nel 1753, basandosi sui nomi antichi.

Quello del genere deriva da due termini greci: ‘dios’ (Dio) e ‘pyrùs’ (frutto), ovvero “frutto degli dei”, “frutto divino”.

Quello della specie proviene dal greco ‘lotos’ (in latino ‘lotus’), a sua volta derivato da 'loo' (desiderare), utilizzato in antichità per indicare diverse piante commestibili dal gusto gradito. Tra queste, il famoso loto, dei cui frutti si nutriva il popolo dei Lotofagi, nell’Odissea di Omero, secondo alcuni studiosi identificabile proprio in Dispyros lotus. Per altri, tuttavia, l’introduzione di quest’ultimo in Europa solo a fine ‘500 fa dubitare che si possa trattare proprio di questa specie; l’intepretazione oggi piu’ accreditata ritiene che si tratti del giuggiolo di Barberia, o Zizyphus lotus, dai cui frutti si ottiene una bevanda alcolica inebriante.

In Italia il loto viene anche chiamato “albero di Sant’Andrea” e “legno santo”, per la leggenda secondo la quale questo santo, fratello di S. Pietro, sia stato martirizzato in Grecia su una croce decussata (forma ad X), che sarebbe stata costruita proprio con il legno di questa pianta. Anche in questo caso, è improbabile che a quei tempi la pianta fosse già diffusa in quei territori, ma in ogni caso da questa credenza è nata la tradizione romana di venderne i frutti, e mangiarli per devozione, il 30 novembre, giorno della festa di Sant’Andrea.

Caratteristiche e Utilizzo 

È un albero di circa 15 metri di altezza, caducifoglie e latifoglie.

Da noi è coltivato esclusivamente a scopo ornamentale, specie nel Mezzogiorno per le alberature.

Nell’Europa del Sud si è naturalizzato, divenendo molto rustico e vigoroso.

È un'essenza più resistente alle intemperie e al freddo del Diospyros kaki : per questo motivo è utilizzato come suo porta-innesto.

Fra maggio e luglio produce una miriade di piccoli fiori a forma di otre (si dicono “ureceolati”), ai quali, nelle piante femminili seguono i frutti: sono bacche tondeggianti, grandi quanto una ciliegia, pruinose, dalla buccia e polpa giallo-arancio una volta mature, in novembre. Le bacche sono commestibili e ricche di proteine, zuccheri e vitamina A: all’inizio molto aspre, avvizzendo diventano dolci e gradevoli. Chi le conosce, sa che possono essere mangiate cotte e cosparse di zucchero ed essere utilizzate per preparare una grappa da bere ghiacciata in estate, secondo una vecchia ricetta. Al tempo stesso, poiche’ durano molto sulla pianta, sono una preziosa fonte di nutrimento per gli animali selvatici durante l’inverno.

Come preparare la Grappa di Loto 

Potete trovare la ricetta del liquore aromatizzato con i frutti del loto sul sito del Museo della Grappa, di Bassano, sul quale scoprirete moltissime altre preparazioni alcoliche a base di frutti insospettati.


Nel tardo autunno, quando i frutti del loto sono maturi, mettetene a macerare due manciate, assieme a un po’ di noce moscata e a un pizzico di zenzero, in un litro di grappa. Una volta filtrato il liquido (purtroppo non viene specificato dopo quanto vada fatto; suggerirei dopo almeno 15-20 giorni, previa refrigerazione ad almeno -4°C), lasciate stagionare per otto mesi, per poi poter consumare il liquore l’estate successiva.