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L'ESTASI
Che nasca da rapimenti artistici o spirituali, da digiuni o da danze, l’estasi coincide sempre con un sovraccarico mentale.

Rotazioni divine: la danza dei dervisci, con le sue continue rotazioni, cerca di raggiungere il divino attraverso il sovraccarico dei sensi.
I sintomi? Un senso di gelo, l’insensibilità al dolore, il cuore che accelera, gli arti irrigiditi…
Un sovraccarico di stimoli e la mente si perde. O si trova per la prima volta, difficile descrivere quello che accade durante un’estasi. Anche perché – in quel momento – la realtà esterna, e quindi anche il linguaggio per descriverla, non esiste più. La mente opera in modo diverso, perde i propri confini.
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Sensi aboliti
“L’estasi è uno stato modificato di coscienza” spiega il neurofisiologo Marco Margnelli, che ha fondato a Milano il Centro Studi e Ricerche sulla psicofisiologia degli stati di coscienza, e che è spesso convocato dalle autorità ecclesiastiche per distinguere tra estasi mistiche e simulazioni. “La vera estasi è riconoscibile da tre sintomi. Il primo è l’abolizione completa dei sensi: chi la prova è come isolato dal mondo e non ha alcun tipo di esperienza sensoriale. Non ha neppure reazioni riflesse: non reagisce al dolore, né a una luce potente diretta negli occhi, a forti rumori o a sgradevoli stimoli gustativi od olfattivi”.
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Secondo alcuni esperti, anche il digiuno prolungato può dare visioni estatiche
Accanto all’abolizione dei sensi, si può riscontrare anche la presenza di rigidità muscolare, sintomo che portò gli psichiatri dell’Ottocento, in particolare quelli dell’ospedale parigino della Salpetrière, a inserire l’estasi nel catalogo delle isterie. Il terzo “sintomo”, sostiene Margnelli, è la coscienza trascendente. “Lo Stato estatico si avvicina al dharmakaya descritto dai buddisti: il vuoto assoluto che contiene potenzialmente tutte le forme, un senso di fusione con l’Assoluto”.
Per distinguere l’estasi da una simulazione o da un caso di isteria è necessario un attento esame psicofisiologico. “Lo studio dell’attività elettrica della pelle permette per esempio di documentare il completo distacco dalla realtà. Anche i fenomeni isterici possono arrivare ad un’anestesia parziale, ma non totale”.
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Vedo quel che mi aspetto
Sulla netta distinzione tra estasi e nevrosi isterica non tutti gli esperti sono però concordi. Dice per esempio Armando de Vincentiis, psicologo: “molte delle mistiche religiose, quali santa Caterina, santa Teresa o sant’Orsola, hanno tratti patologici. Esaminando caso per caso, si scopre che, sottoposte a situazioni di stress estremo, queste persone imponevano a se stesse condizioni di isolamento o di digiuno forzato. Alcune di loro erano chiaramente anoressiche. Tutte situazioni che sono alla base della nevrosi isterica”. La differenza tra le visioni dovute all’isteria e quelle dovute all’estasi mistica, secondo de Vincentiis, la decide il contesto culturale: “Se la persona si aspetta la visione del divino, vedrà il divino. Se non si aspetta nulla, non vedrà nulla”.
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Il cervello computer
Ma come si arriva all’estasi? Non certo attraverso la meditazione. Anzi, la meditazione (o lo “zen”) sarebbe addirittura una condizione opposta a quella estatica. Lo sosteneva già nel 1971 lo psichiatra americano Roland Fischer, che in un articolo su Science riassumeva in una “mappa” (illustrazione) le transizioni tra i vari stati di coscienza. Facendo un parallelismo tra cervello e computer, Fischer sosteneva che gli stati di coscienza dipendono dall’equilibrio tra input e velocità di elaborazione. Con l’aumento delle informazioni aumenta la velocità del processore, finché si rende necessario un cambiamento del sistema operativo. Si passa cioè progressivamente da una coscienza di veglia (che corrisponde a un equilibrio ottimale tra le informazioni che il cervello riceve e quelle che elabora), alla creatività, all’ansia, alla dissociazione, alla catatonia (il sistema si blocca) e infine all’estasi. La dissociazione è lo Stato di massimo lavoro: il cervello si stacca dal mondo esterno (non riceve più dati sensoriali dall’esterno) e analizza se stesso. “Contempla i suoi stessi programmi”, diceva Fischer.
Tra gelo ed erotismo
Sull’altro versante della mappa, diminuendo la velocità di elaborazione, si arriva al massimo livello di meditazione, che è lo stato di samadhi dello yoga. Anche in questo senso si procede verso una graduale interiorizzazione, tanto che nella mappa di Fischer i due stati estremi, l’estasi e il samadhi, sono uniti dal simbolo di infinito (un 8 coricato): entrambi permettono il contatto con il proprio sé.
Lo stato di estasi presuppone quindi un sovraccarico. Che può derivare tanto da stimoli esterni (la danza, l’esperienza erotica) quanto da stimoli interiori (l’estasi mistica) o da una combinazione dei due (l’estasi estetica). Anche i sintomi fisici che la accompagnano sono molto variabili. Padre Pio di Pietrelcina cadeva in preda a “febbri” che raggiungevano 42 e anche 43 gradi centigradi. Al contrario, santa Teresa d’Avila (fondatrice dell’Ordine delle Carmelitane Scalze) parlava di una sensazione di “gelo glaciale”. E Gemma Galgani[1], stigmatizzata vissuta a Lucca alla fine dell’Ottocento e santificata del 1941, descrisse le sue 141 estasi, di cui tenne cronache meticolose, con un linguaggio che si avvicina molto a quello erotico.
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Turisti euforici o confusi
Anche l’estasi estetica è stata, come quella mistica, accomunata alla malattia. Una malattia, però, tale da meritare un nome tutto suo: sindrome di Stendhal. Ma è davvero possibile cadere in uno stato confusionale (o estatico) guardando un quadro? Assolutamente sì, come racconta Graziella Magherini, psichiatra e psicanalista. “Quando dirigevo il reparto psichiatrico dell’Ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova, mi sono imbattuta spesso in turisti che, partiti in salute, lamentavano attacchi di panico, stati confusionali, inspiegabili depressioni o euforie… In tutti i casi (oltre un centinaio in dieci anni) questi disturbi avevano breve durata e scomparivano completamente”. Ben presto Margherita capì che il malessere insorgeva dopo la visione di opere d’arte e coniò il termine “sindrome di Stendhal”, ricordando le sensazione descritte dallo scrittore durante una visita alla Cattedrale di Santa Croce in alcune pagine del suo diario. La mente può essere cioè sopraffatta dall’arte e dalle emozioni che essa provoca.
“Accade in particolare con Michelangelo e Caravaggio”, sostiene Magherini. “Stranamente, una delle opere più a rischio di quest’ultimo autore sarebbe il Narciso: un giovane che contempla, in estasi, la propria stessa bellezza”.
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Non con l’arte ma con la chimica
Danze, tamburi, orge…, tutti i popoli hanno elaborato tecniche per raggiungere l’esperienza estatica. In molti casi, anche ricorrendo a scorciatoie chimiche: le droghe. L’esperienza più vicina all’estasi sarebbe data dalle droghe psichedeliche: la dietilamide dell’acido lisergico (Lsd) e la psilocibina (i funghi).
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Neuroni svuotati
Tra i loro effetti immediati c’è la percezione di allucinazioni incoerenti, pericolose per la psiche. Tra quelli a lungo termine, la possibilità di un cambiamento della personalità. Le pasticche della droga chiamata ecstasy, invece, danno un senso di potenza fisica e intellettuale, e di indifferenza alla fatica e al dolore. Come? Svuotando alcuni neuroni delle loro riserve di serotonina e rendendoli, a lungo andare, incapaci di comunicare tra loro.
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[1] Descrisse visioni infernali spaventose, morì a venticinque anni di tisi, urlando tutto il giorno contro il diavolo che l’assaliva.
Cronaca di Medjugorie
Così è stata descritta da un’equipe italiana, nel 1985, l’estasi dei 3 ragazzi che a Medjugorie, in Bosnia-Erzegovina, affermavano di vedere tutti i giorni un’apparizione della Madonna. I tre cominciavano recitando il rosario, poi si spostavano di fronte a un muro bianco e all’improvviso smettevano di parlare e cadevano in ginocchio. Durante l’estasi ognuno dei ragazzi conversava con la visione, ma senza emettere suono. A un certo punto, sempre contemporaneamente, i veggenti alzavano gli occhi verso l’alto. Quindi ritornavano al normale stato di coscienza. I segnali fisiologici registrati durante l’estasi:
- mancanza di risposta agli stimoli dolorifici (non si spostavano se toccati con un pistoncino d’argento scaldato a 50 gradi);
- aumento dei battiti cardiaci (fino a 170 al minuto) nei primi dieci secondi;
- dilatazione delle pupille, mancanza di riflesso alla luce, mancanza del riflesso di ammiccamento (l’occhio non si chiude alla stimolazione);
- diminuzione dell’irrorazione capillare di circa il 70% (potrebbe essere il “senso di freddo” descritto da santa Teresa d’Avila).
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Levitazione immaginaria
La sensazione di uscire dal corpo, a volte accomunata all’estasi, è invece legata all’attività di una precisa zona del cervello: il “giro angolare” (nella corteccia parietale). Lo ha scoperto Olaf Blanke, neurochirurgo all’ospedale di Ginevra, durante un’operazione a cranio aperto nel 2002.
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Dalla rivista Focus 07/2003 Lorenza Franco