Le bellezze di Ferrara e Comacchio

Hobby & Tempo libero

Giardino e loggia degli aranci

2019-06-25 11:36:26

Magica Ferrara .. un po’ di storia !

Il Giardino, tra i luoghi che sicuramente hanno ispirato i paesaggi incantati presenti nell’Orlando furioso, è collocato all’interno del Castello Estense ed è noto per il suo “boschetto” di aranci e per la suggestiva loggia dove questi erano ricoverati durante l’inverno.

Un "vaghissimo giardino" ariostesco

Tra i luoghi incantati che appaiono quasi dipinti all’interno dell’Orlando furioso, spicca la descrizione di giardini, così spaziosi e belli da esser difficilmente immaginabili, adorni di frutti sia d’estate che d’inverno e cinti da muri e loggiati.


Sopra gli altissimi archi, che puntelli
Parean che del ciel fossino a vederli,
eran giardin sì spaziosi e belli,
che saria al piano anco fatica averli.
Verdeggiar gli odoriferi arboscelli
Si puon veder fra i luminosi merli,
ch’adorni son l’estate e il verno tutti
di vaghi fiori e di maturi frutti.
(O. F. X, 61)


Non è difficile ritrovare uno spazio simile a questa descrizione in uno dei luoghi ubicati all’interno della Corte Estense che Ariosto era solito frequentare: il Giardino pensile degli Aranci nel Castello. Questo giardino è uno dei più riusciti esempi di come, all’interno delle mura della città, convivessero e si integrassero gli scopi difensivi e quelli dilettosi. Un connubio che, attraverso un’attenta scultura del paesaggio, si esprimeva in una geometria di giardini e orti oltre che in quella nuova costruzione architettonica che proprio sotto gli estensi ha preso il nome di Delizia. “L'arte del giardino raggiunge in epoca estense un grado di perfezione estrema, dove il sincretismo fra diverse discipline - il disegno e l'architettura, la scultura, la meccanica e la filosofia - porta a un risultato che desta l'ammirazione di ambasciatori e di ospiti illustri della famiglia d'Este. Epicentro delle grazie e amenità era il Castello, grazie alle suggestioni evocate dalle sue logge e giardini segreti”. (Cavicchi 1999).
Il Castello era il centro, il nodo principale del sistema di giardini, da cui si diramava la rete di vie, per acqua e per terra, che collegavano, mura, parchi e giardini addossati lungo le principali fortificazioni. L’opera dei Signori estensi, tra tutti Ercole I e Alfonso I d’Este, di rendere Ferrara il luogo sicuro dove trascorrere un’esistenza serena grazie all’edificazione dell’imponente cinta muraria, più volte elogiata dallo stesso Ariosto, si estese anche al complesso del Castello. Questo, infatti, fu oggetto intorno al 1440, di importanti lavori di restauro e di ampliamento per adattare i suoi spazi alla vita quotidiana, interventi tra cui lo scavo del fossato perimetrale che rese l’edificio una dimora sicura all’abitazione dei Duchi d’Este .
La singolare collocazione del Giardino degli Aranci all’interno del Castello si spiega nella logica di questa funzione abitativa della dimora Estense. L’originaria destinazione d’uso del giardino era riservata alla coltivazione di erbe aromatiche, data la prossimità delle cucine poste su un rilievo verso la torre dei Leoni. Questo vivaio diventerà poi il Giardino pensile del Castello, ma non acquisterà mai una vera funzione ricreativa, acquisendo sempre più l’aspetto di una collezione di piante esotiche. Sicuramente la presenza di numerose piante odorose lo portò ad assumere anche una funzione di ristoro ma in origine era destinato più a fornire le materie prime per quelle droghe, “veleni” che erano preparati nella vicina Saletta dei Veleni, appunto, connotandosi più come uno speziale che come un giardino.
L’Ariosto era particolarmente sensibile al richiamo edenico del Giardino estense, la cui armoniosa composizione di fiori e frutti si ispirava a un contemplativo paradiso terrestre, pur non perdendo la funzionalità dell’hortus conclusus di matrice medievale.


Vaghi boschetti di soavi allori,
di palme e di amenissime mortelle,
cedri et aranci ch’avean frutti e fiori
contesti in varie forme e tutte belle,
facean riparo ai fervidi calori
de’ giorni estivi con le loro spesse ombrelle;
e tra quei rami con sicuri voli
cantando se ne gìano i rosignuoli.
(O. F. VI, 21)