Verona: tradizioni, dialetto e non solo
I “capitèi” o “stafoleti”
Dopo avervi parlato del mese di maggio e dell’usanza di recitare alla sera il rosario al “stafolet” della contrada, desidero parlarvi dei “capitèi” o "stafoleti". Sapete cosa sono?
Cosa sono i “capitèi” o “stafoleti”?
Il termine dialettale “capitèl” o “stafolet” indica il capitello ed è utilizzato nell’area del Veneto. Nella vicina Lombardia invece, nelle province di Brescia e Bergamo, il nome utilizzato è santella che deriva dal termine dialettale “santéla”.
Sono simboli religiosi, espressioni di arte popolare religiosa, che sono stati costruiti secondo una tradizione cattolica e sono dedicati al culto della Vergine o di un Santo.
I capitelli sono abbastanza numerosi nella mia zona, nel mio paese e nelle sue diverse frazioni, e si possono trovare nelle contrade o in altri luoghi particolari dove il capitello diventa un punto di riferimento, per cui ad esempio in dialetto veronese si usa dire “te speto al capitel”.
In ogni caso, la posizione non è mai casuale: può essere un’altura, un albero isolato, una fontana, un punto panoramico o storico; necessariamente deve essere una posizione dominante o frequentata. Sembra esserci comunque una continuità ideale in molti di questi segni sacrali tra il pagano “deus loci” (dio del luogo) di epoca romana ed il simbolo cristiano che lo ha sostituito nel medesimo luogo. La cristianizzazione dei simboli pagani è testimoniata ad esempio da fregi in diversi capitelli.
Generalmente tali simboli sacri sono frutto di ex-voto, di grazie ricevute o di scampati pericoli, come la cessazione di epidemie di peste o di vaiolo o di afta epizootica (malattia che colpisce il bestiame), oppure conclusione di guerre, di carestie o di siccità e talvolta vogliono ricordare tragiche vicende accadute in qualche località (morti per disgrazie, incidenti sul lavoro, ecc.).
Nella zona del Monte Baldo si aggiungono però altre due specifiche motivazioni: la presenza del Santuario della Madonna della Corona, con tutta una serie di itinerari tradizionali percorsi dai pellegrini per recarsi in visita e con una forte diffusione del culto della Vergine Addolorata.
I più antichi capitelli risalgono al XVII-XVIII secolo, come testimoniano spesso le date incise nell’edicola; si denota poi come l’effige affrescata o la scultura più frequente sia quella appunto della Vergine Addolorata con il Cristo morto disteso sulle sue ginocchia, venerata dalle popolazioni locali come Madonna della Corona, per l’omonimo santuario posto a 775 metri di quota su uno strapiombo sulla valle dell’Adige.
Lungo i sentieri e gli itinerari percorsi dai pellegrini per recarsi alla Madonna della Corona sono posti, e si ritrovano ancor oggi, numerosi capitelli ed immagini della Madonna, con la funzione di invitare alla preghiera ed alla meditazione quanti salivano a piedi al Santuario, oltre che indicare il percorso.
Capitello sul sentiero dei pellegrini per raggiungere il Santuario della Madonna della Corona
Generalmente i materiali impiegati nella costruzione dei capitelli del Monte Baldo sono poveri e rinvenuti in loco (sassi calcarei, ciottoli, ecc.) con tettuccio ed eventuali rivestimenti in lastre calcaree. Si tratta di una architettura semplice e spontanea che esprime una profonda religiosità popolare.