KARATENAUTA

ALLA SCOPERTA DEL MONDO DEL KARATE.

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KISSHU BUSSHIN - LA MANO DEL DEMONE E IL CUORE DEL BUDDHA: UN CARDINE DEL KARATE.

2024-05-15 15:48:44

Kisshu busshin (鬼手佛心) è la lettura del kanji di origine sino-giapponese, il cui significato è "la mano di un demone, il cuore di un santo"

In questo articolo voglio spiegare meglio questo concetto e spiegarvi perché lo ritengo il più importante per un praticante di karate.

Buona lettura!

Questo detto è stato preso in considerazione da molti karateka e viene spesso utilizzato da alcuni dojo tra le proprie regole (dojo kun) o semplicemente come motto ripetuto dai propri rappresentanti.

Tra i primi o forse il primo (stando a quanto scritto da Andreas Quast, autore dell'articolo dal quale ho preso le parti storiche legate a questo detto) a citare questo detto è stato il Maestro Shoshin Nagamine (1907-1997) fondatore della scuola/stile Matsubayashi-ryu. 

Questo modo di dire però non è nato nel mondo del karate ma parrebbe essere stato preso in prestito dal gergo medico e in particolare dai chirurghi. 

Per spiegare brevemente il concetto racchiuso in questo detto potremmo dire che: se visto da un punto di vista esterno le azioni di un chirurgo possono essere interpretate come qualcosa di negativo e malvagio. Il chirurgo infatti taglia il corpo del paziente, lo apre per poi ricucirlo.

Se non sapessimo infatti che quelle azioni sono a fin di bene, potremmo erroneamente pensare che il chirurgo sia una persona crudele e insensibile.

La differenza è data dal cuore, ovvero dalla motivazione di salvare a tutti i costi quel paziente che, senza l'aiuto e la conoscenza del chirurgo, probabilmente perderebbe la vita.

In poche parole il chirurgo usa le proprie mani da demone, (capaci di fare cose in grado di togliere la vita) per migliorare la vita del proprio paziente dandogli la possibilità di vivere, guidato da sentimenti positivi e dal suo cuore (compassionevole) da Buddha.

Se applichiamo questo concetto al karate (o alle arti marziali in generale) possiamo trovare diverse interpretazioni che tendono a replicare lo stesso concetto alla pratica marziale.

Il karate è un'arte marziale nata per l'autodifesa nella quale vengono allenati il corpo e la mente per essere in grado di reagire in modo letale, se necessario, all'attacco di uno o più malintenzionati.

Anche in questo caso quindi, se preso da una prospettiva esterna, il karate potrebbe risultare (e non a caso molti la vedono così) una disciplina violenta che insegna alle persone a fare del male agli altri.

Come per il chirurgo quindi, la differenza la fa il cuore del praticante di karate!

Qui sento la necessità di esprimermi con la mia personale opinione al riguardo facendo la seguente considerazione:

second0 la mia visione, questo è il più importante precetto che ogni praticante di karate dovrebbe far suo per vivere correttamente l'arte marziale.

Shoshin Nagamine sarebbe d'accordo con me o forse (meglio dire) io sono d'accordo con lui, visto che quando gli venne chiesto di definire un buon karateka lui citò il detto "Kisshu busshin".

Il karate può diventare un'arma in grado di fare del male agli altri e a sé stessi se non viene vissuto e guidato dai sentimenti di un cuore buono. Molti praticanti si dimenticano di questo aspetto fondamentale. Si lasciano guidare da sentimenti di gelosia, di vendetta e dalla rabbia.

Personalmente non mi lascerei mai operare da un chirurgo in preda a questi sentimenti.


Purtroppo di persone che praticano le arti marziali guidati da questi sentimenti ce ne sono parecchie. Quelle che provano piacere nel fare male agli altri. Quelle che vogliono a tutti i costi dimostrarsi migliori degli altri. Quelle che cercano la personale "vendetta" ai danni di qualcuno che, secondo la loro visione, gli ha fatto un torto. 

Siamo persone e di conseguenza non siamo perfette. Tutti possiamo sbagliare (lo abbiamo fatto, lo facciamo e lo faremo) ma se a guidarci è un cuore "da santo", un cuore guidato da sentimenti positivi nei confronti del prossimo, un cuore buono che mira al bene, forse un giorno potremo definirci dei buoni karateka.

Al contrario, se saremo guidati solo dalla nostre abilità, dalle nostre mani da demone e non dal cuore rischieremo di fare e farci del male.

Ecco perché ritengo che questo detto debba essere preso in seria considerazione da ogni praticante di karate o aspirante tale.

Grazie per la lettura e alla prossima.

P.S. 

un grazie particolare ad Andreas Quast che con il suo articolo mi ha ispirato nella realizzazione di questo scritto, fornendomi delle informazioni molto importanti.

by Alessandro Rebuscini