Giuseppe Andò

Founder Starter

La leadership e il mito del rischio facile

2020-01-17 09:53:29

Un grande leader prende rischi! Se non si prendono rischi, non si fanno grandi cose! Siate istintivi e non perdetevi in analisi minuziose!

Ecco l’esempio di tre frasi che sono l’espressione della più alta disonestà intellettuale perpetrata da sedicenti esperti di leadership, i quali, quando avrete perso il vostro posto di lavoro, o l'avrete fatto perdere a qualcun'altro, non saprete dove andare a trovare.

La gestione del rischio è un’attività chiave del leader e rappresenta un passaggio delicato e complesso, che merita attenzione e studio. Altro che istinto. Se è pur vero che un leader deve abbandonare la propria confort zone per realizzare cose nuove e progredire, è anche vero che l’istinto non può essere il riferimento principale per innovare. Assumersi dei rischi non è un affare che riguarda solo il leader, riguarda anche le poche o tante persone che lavorano con lui/lei. È una questione di responsabilità e correttezza.

Non accontentatevi mai di valutare il rischio solo in funzione della percezione che ne avete, è un indicatore labile e pericoloso. Nel dubbio, coinvolgete la vostra squadra e confrontatevi, ricordatevi che la somma di più prospettive avvicina sempre più alla realtà.

Non nego che l’intuizione (che è altra cosa dall'istinto) sia una risorsa straordinaria e preziosa, ma ritengo che vada utilizzata con molta attenzione e parsimonia. È del tutto inutile citare le grandi intuizioni che hanno fulminato qualche imprenditore in un garage, la maggior parte di noi non avrà mai quell'opportunità e, comunque, non è a loro che è rivolto questo articolo. Però, giusto per darvi il senso della misura, volete un esempio di quali sono le industrie nate da un’intuizione sviluppata in un garage? Eccole:

  1. Google

  2. Apple

  3. Microsoft

  4. Amazon

  5. Disney

  6. Hewlett-Packard

Non sono stati dei leader in un’azienda, ma degli imprenditori coraggiosi e geniali, che hanno rischiato del loro per tentare qualcosa di assolutamente nuovo ed inedito.

Oggi, se in una di queste aziende si presentasse un leader con un’idea maturata in un garage, senza nessuna pianificazione e valutazione dei rischi, sarebbe allontanato in malo modo. Fidatevi.

Ma torniamo alla gestione, razionale, del rischio. Il rischio è la dimensione entro la quale si prendono alcune decisioni, ed è in relazione diretta con la probabilità che si incorra in un danno. L’equazione più diffusa che lo rappresenta è la seguente: pericolo*probabilità*conseguenza = rischio. Le singole voci devono essere oggetto di studio e definizione da parte della squadra. Per esempio, per quanto riguarda la definizione di pericolo o minaccia, è bene elencare le principali aree d’interesse aziendale e definire il tipo di pericolo assegnando un valore da 0 a 5, in funzione dell’iniziativa che si intende intraprendere.

Di seguito propongo una lista delle aree più rilevanti per un’azienda:

  1. Strategia

  2. Compliance (conformità)

  3. Finanza

  4. Operatività

  5. Reputazione

Dopo avere assegnato un valore ai pericoli suddivisi per aree, si applica un valore percentuale alla probabilità che la minaccia si concretizzi. Se non si ha un riferimento statistico, cosa molto probabile, si dibatte con la propria squadra per la definizione di una percentuale condivisa. Quindi, si elencano le conseguenze e si assegna loro un punteggio da 0 a 5. Il risultato finale sarà la migliore stima possibile del rischio cui si sta sottoponendo l’azienda. L’esercizio aumenta il livello di attendibilità in misura proporzionale e diretta al numero delle persone che sono coinvolte nel processo. È ovvio che non tutte le decisioni richiedono una valutazione analitica del rischio, né intendo escludere l’importanza dell'intuito. Ma nel dubbio, è opportuno iniziare con la propria squadra un’analisi del rischio connesso ad una determinata decisione.

Come insegna Kahneman, il pensiero veloce (intuito) e il pensiero lento (razionalità) dipendono dalla quantità di informazioni. Quindi, sempre meglio scegliere il livello d’analisi di un rischio in funzione dell’importanza della decisione, del tempo a disposizione e della quantità d’informazioni di cui si dispone.  

In tutti i casi in cui non si dispone della giusta quantità d’informazioni e si è pressati dalla scarsità di tempo a disposizione, si può legittimamente fare ricorso all'intuito, ma solo se si è costretti a prendere una decisione in tempi brevi. Il mio consiglio è di non eleggere l'intuito a strumento privilegiato. In conclusione, il mio non è un invito all'immobilismo o a rinunciare al proprio ruolo di leader, sto invitando a considerare sempre il peso delle proprie decisioni e a non adottare comportamenti irrazionali in condizioni di possibile rischio per l’azienda e, quindi, per chi ci lavora.