Giuseppe Andò

Founder Starter

L'obiettivo come funzione della negoziazione

2020-09-26 11:07:11

Si parla spesso di “obiettivi”, dando al termine un implicito significato condiviso, chiaro per tutti ed inequivocabile. In realtà, il termine merita qualche approfondimento.

La parola obiettivo (o obbiettivo) indica “qualcosa” che abbiamo “lanciato”, o ci è stata lanciata, (iactum/a) davanti (ob). Ob iactum danno vita alla parola obiectum (la “a” diventa “e”), da cui “obiettivo”, “oggetto” e tutti i vari derivati.

Tralasciando il termine “oggetto” (che meriterebbe ben altro spazio), soffermiamoci sul termine obiettivo, non con riferimento all'aggettivo (“cerca di essere obiettivo”), ma al sostantivo: scopo, target, meta, ecc. Un obiettivo è qualcosa che “lanciamo” davanti a noi e a cui tendiamo per un interesse personale o condiviso con altri. Se ne deduce che tra noi e il nostro obiettivo vi sia uno spazio da coprire, un territorio (anche metaforico) da attraversare, che si frappone tra noi e l’obiettivo che ci siamo lanciati. Nel caso del rugby, per raggiungere la meta, si tratta di coprire un autentico spazio, nel caso della dieta alimentare si tratta di percorre una strada metaforica, costellata di dolorose rinunce. Quindi, tra noi e l’obiettivo c’è sempre qualcosa che si frappone, uno spazio o un impedimento da superare. Molto spesso l’impedimento che si frappone tra noi e il nostro obiettivo è costituito da persone, le quali, a loro volta, hanno anch'esse un obiettivo e noi siamo l’impedimento sulla loro strada. Questo è il regno della negoziazione. Riconosco che l’introduzione sia stata un po’ lunga, ma sono convinto che la visualizzazione che ho proposto aiuti a concepire ogni negoziazione come un evento complesso, da prepararsi adeguatamente.

Partiamo da una considerazione di base: se una o più parti si siedono ad un tavolo è perché non sono d’accordo. Sono civili e accettano l’idea di un confronto, ma hanno obiettivi, in tutto o in parte, antitetici. Quindi, è bene ricordare sempre che la negoziazione parte da una situazione di opposizione e c’è sempre una sottile tensione che attraversa qualsiasi confronto negoziale.

Le discipline che si occupano a livello accademico di tecniche di negoziazione, fino a qualche anno fa, ignoravano completamente il ruolo delle emozioni. Uno dei consigli classici era quello di adottare una faccia da poker (poker face) e non diventare emotivi. Le emozioni erano solo un ostacolo ad un buon risultato. Era fondamentale "separare le persone dal problema".


Il tema, però, è che spesso il problema sono proprio le emozioni. Per esempio, sono le emozioni che incidono negativamente sulla qualità della comunicazione, con effetti nefasti sulla negoziazione. Una volta che le persone iniziano a discutere animatamente (se non a litigare), a poco serve mantenere la propria aplomb. Ecco perché, invece di negare o ignorare le emozioni, i buoni negoziatori le identificano e le influenzano. Per arrivare a questo livello è necessario acuire la propria attenzione, parlare di meno e ascoltare di più. La nostra controparte ci dirà molto di più di quanto aveva deciso di dire, semplicemente guardandola e ascoltandola, tenendo gli occhi aperti, le orecchie aperte e la bocca chiusa.

Di seguito, provo a darvi qualche rapido consiglio per una negoziazione vincente.

Ripetizione speculare delle parole

Ripetete le ultime tre parole che la vostra controparte vi ha appena risposto. Questo è uno dei modi più rapidi per stabilire un rapporto e far sentire il vostro interlocutore abbastanza sicuro da esporsi. È molto semplice. Quando pronunciate le ultime tre parole, date un’inflessione interrogativa al vostro tono di voce. Tattiche come questa rallenteranno la conversazione e vi daranno più tempo per pensare.

Empatia tattica

Dimostrate alla vostra controparte che siete in grado di cogliere le sue sfumature emotive. Anticipate le paure dell’interlocutore. Frasi tipo: "Sembra che tu abbia paura di..." o "Sembra che tu sia preoccupato per..." sono molto efficaci e disarmanti. Inoltre, esponete voi le peggiori cose che potrebbe pensare la controparte, anticipandole, ne smorzerete la carica negativa nella mente dell’interlocutore.

Consentire il "no"

Anni fa si diceva che se si portava l’interlocutore a dire per almeno tre volte “sì”, in qualche modo avrebbe più facilmente detto il “sì” finale e definitivo. Oggi, gli studiosi dicono l’esatto contrario. Spingere qualcuno a dire troppi “sì”, lo fa sentire pressato, in trappola e nell'angolo. Stimolare un “no” fa sentire la controparte al sicuro e nel pieno controllo della situazione. Per innescare il “no”, potete fare domande del tipo: "È un brutto momento per parlare?" o "Hai abbandonato questo progetto?

Attivare la risposta "Esatto"

Nel momento in cui avete convinto qualcuno che avete capito i suoi desiderata, è allora che può avvenire la svolta negoziale. Innescate la risposta "esatto" riassumendo e riaffermando come si sente la vostra controparte e cosa vuole. Un riassunto efficace della situazione della vostra controparte, la rassicurerà sull'esito della negoziazione, grazie alla piena corrispondenza dei suoi sentimenti ed emozioni con la vostra descrizione.

Lasciare l'illusione del controllo

Il segreto per avere il sopravvento in una trattativa è dare all'altra parte l'illusione del controllo. Non cercate di costringere il vostro avversario ad ammettere che avete ragione. Fate domande aperte, che inizino con "Come…?" o "Cosa…?", in modo che il vostro avversario usi l'energia mentale per elaborare la propria risposta.

Dimostrate di essere disposti a lasciare

Uno dei principi di negoziazione più basilari è quello di rendere evidente che si è disposti ad abbandonare la negoziazione se questa non soddisfa le proprie esigenze. Se la controparte sa, o capisce, che non potete abbandonare il tavolo senza un accordo, avrà tutto il potere negoziale. La parte costretta a concludere un accordo è, di solito, quella che ci rimette di più.


Non lasciate che sia il vostro “ego” a negoziare

Tenete sempre a mente che è l’obiettivo il centro della negoziazione e non la vostra affermazione personale. Se pensate di alzarvi dalla riunione da “vincitori” o da “perdenti” non avete capito nulla della negoziazione.