Giovanni Bonomo

Albert Camus e l'etica della condivisone

2019-06-04 18:45:28

Ripropongo agli amici Camers questo mio articolo del 25.12.2010 in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del grande drammaturgo e filosofo francese Albert Camus. Questo perché il principio in esso richiamato, alla base anche di Cam.TV, è senza tempo e universalmente valido. #gocamgo

Questo articolo è stato scritto in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del grande drammaturgo e filosofo francese Albert Camus, pensatore laico e di impegno civile.

Invece di uccidere e morire per diventare quello che non siamo, dovremmo vivere e lasciare vivere per creare quello che realmente siamo”, Albert Camus (Mondovi, 7 novembre 1913 – Villeblevin, 4 gennaio 1960). 

In questa frase c’è la risposta semplice a molte domande complesse sulla drammaticità della condizione umana e sul senso dell’esistenza. Nel cinquantesimo anniversario della morte del grande drammaturgo e filosofo francese vorrei rievocare il suo impegno intellettuale, testimonianza di lucida fedeltà alla dimensione ontologica del finito dell’esistenza, al disincanto del mondo, all’essere per la responsabilità quale ineludibile orizzonte per l’individuo, con le sue implicazioni etiche e politiche. Sul fronte opposto c’è sempre il tradimento del finito che accompagna l’esistenza dell’uomo nella forma di negazione, di consolazione e disprezzo per la realtà: oppio, ideologia, superstizione religiosa, credenza nel trascendente. La condizione finita dell’uomo si presenta, per Camus, come descrizione, essere, e poi come prescrizione, dover essere, di cui ciascuno si assume la responsabilità.

Ma anche una filosofia shakespeariana quella di Camus: giudicare se la vita valga o non valga di essere vissuta (essere o non essere?) significa interrogarsi sull’esistenza senza adagiarsi nelle risposte di comodo contrabbandate dalle religioni, accettando la realtà per quello che è senza pagare dazio all’umano desiderio di favole consolatorie. Il Da Sein, l’esserci heideggeriano, è anche, in Camus, un divenire nella conoscenza, nel cambiamento, nell’evoluzione. L’uomo può creare i suoi valori senza il soccorso dell’eterno. Riporto un’altra sua frase, interlocutoria, che fa riflettere: “Ha notato che soltanto la morte ci ridesta i sentimenti? Ma lo sa perché siamo sempre più giusti e generosi con i morti? E’ semplice. Verso di loro non ci sono obblighi. (…) Se un obbligo ci fosse, sarebbe quello della memoria, e noi abbiamo la memoria corta. No, nei nostri amici amiamo il morto fresco, il morto doloroso, la nostra emozione, noi stessi insomma”.

Impariamo a essere buoni e altruisti CONDIVIDENDO senza barare, senza almanaccare nuove vie metafisiche, senza credere nelle favole. E leggiamo molto, diversificando le fonti di informazione, perché solo “la cultura è l’urlo degli uomini in faccia al loro destino”. E’ un appello che, insieme al mio cordiale e sentito augurio di buone feste,  rivolgo a tutti gli amici che mi leggono su Facebook.

Giovanni Bonomo, 25 dicembre 2010

Centro Culturale Candide