Giusy Gil Mammana Parisi

Il Diario di Anna Frank: un regalo tra i più belli

2020-04-29 06:02:19

Quanti bambini e adolescenti al giorno d'oggi considererebbero che un semplice diario sul quale scrivere sia un bellissimo regalo di compleanno? Quantomeno in Europa e America latina (si, anche in America latina). Per Anna Frank, ricevere un diario per i suoi 13 anni, fu una magnifica sorpresa.

Cara Kitty

Così inizia ogni nuovo resoconto di Anna, ogni giornata in cui riesce a scrivere. E termina con la tua Anna. Tranne che nei primi iniziali scritti, in cui è apposta solo la data. Per Anna, il suo Diario rappresenta la migliore amica, per questo decide di chiamarla Kitty (durante la stesura, a volte usa affettuosamente anche il diminutivo Kit) e non comincia i suoi resoconti giornalieri con un comunissimo caro diario. Kitty doveva diventare l'amica fidata alla quale non raccontare non soltanto gli avvenimenti di ogni giorno, ma anche a cui confidare pensieri, segreti, sentimenti, sogni e aspirazioni. Nonostante la scrivente sia soltanto una ragazzina, il Diario è tutto tranne che un'opera all'acqua di rose: si tratta in gran parte di un bollettino di guerra. Oltre a confidarsi con Kitty, Anna le parla dei bombardamenti in Amsterdam, della speranza che gli otto clandestini ripongono nelle truppe anglo-americane, delle difficoltà causate dal non uscire mai. All'inizio della clausura, un triste avvenimento offusca gli animi nell'alloggio segreto: Otto Frank contrae il morbillo, ma ovviamente è impensabile chiamare un medico. Se i clandestini rimangono a corto di farmaci, se terminano le scorte, possono morire per malattie banali e facilmente curabili molto prima di essere scovati dalla Gestapo. E infatti un brutto giorno la mamma di Peter non ha più gocce per il raffreddore. C'è da chiedersi cosa sarebbe accaduto se invece di un banale raffreddore avesse contrato un'influenza di quelle da ammazzare un cavallo e senza farmaci. Spesso Anna la descrive come una donna ridicola che si lamenta di tutto, ma alla fine c'è da capire che la signora Van Pels (Van Daan nella mia versione) sente molto più pesantemente di una ragazzina le ristrettezze in cui è costretta a vivere e non ha un marito del tutto diligente e responsabile come Otto Frank, stando ai resoconti del Diario. Se succede qualcosa ai benefattori olandesi oppure ai commercianti che immaginano tanto e ciononstante riforniscono i clandestini di un buon numero di alimenti, rischiano di morire di inedia. Anna e coinquilini non se la passano bene quando infatti il verduriere viene arrestato perchè nascondeva due ebrei nella sua casa. Alla fine, Otto Frank guarisce senza necessitare il medico (non è presente ancora neppure il dentista, l'ottavo coinquilino, che bene o male può fare affidamento su qualche conoscenza di medicina generale), supera bene il morbillo, ma la famiglia e gli amici hanno trascorso giorni inquieti.

Anna deve crescere in fretta, ma cresceva in fretta anche ben prima di dover scappare a nascondersi: le pesanti limitazioni imposte dall'occupazione tedesca in Olanda si facevano sentire non poco già dal 1940. Oltre all'obbligo di portare la stella gialla, era permesso agli ebrei di fare la spesa soltanto tra le 15 e le 17 e unicamente in negozi ebraici, niente attività sportive all'aperto, frequentazione di sole scuole ebraiche per gli studenti, coprifuoco alle 20, divieto di frequentare case di ariani. Anna, forse per errore, nel suo Diario usa il termine cristiani invece che ariani. In fondo ha solo 13 anni ed è normale che alla sua età confonda questioni razziali e religiose (e allo stato degli atti unito alla sua tenera età, non può sapere che in realtà le questioni razziali sono per i tedeschi in buona parte una copertura di questioni economico-finanziarie). Ne ha solo 15 quando il Diario s'interrompe improvvisamente. Chissà in quanti lettori si saranno chiesti se ne sentiva la mancanza durante la prigionia nel campo di concentramento. Era stato uno dei regali più belli per il suo tredicesimo compleanno. 

Oggi i nostri bambini, per considerare bello un regalo, spesso devono riceverne uno costoso. Ricordo quella mia collega che davanti a un lavoro impietoso dove i dispiaceri la riducevano in lacrime si faceva forza per far felici i figlioletti che volevano la WII. Di quel padre indebitato i cui figli però non mancavano dello smartphone all'ultimo grido. Dei figlioletti di quel caro parente, amico o conoscente che come regalo chiedevano il viaggetto a Disneyland dal costo di nientepopodimeno che seimila euro (o valuta dal valore equivalente). Anna Frank, nipote di milionari (entrambi i genitori provenivano da famiglie elitarie) e figlia del coproprietario di una ditta molto bene avviata, era felice per avere ricevuto non diamanti o gioielli costosi (proibiti peraltro agli ebrei dalle leggi razziali) e neppure abiti firmati all'ultima moda: a soli tredici anni, era felice per avere ricevuto un diario per scrivere.