Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese e altre storie: cap. X

2019-05-24 14:50:26

Oggi finalmente saprete chi ha ucciso Rios. Nico, usando la logica, ci arriva piuttosto facilmente, grazie anche alle informazioni raccolte durante l'interrogatorio, dove i poliziotti non hanno mancato di chiacchierare. Assieme a sua sorella ora percorre una strada che somiglia moltissimo a questa.

CAP. X parte prima

Fratello e sorella s'incontrarono appena fuori dalla porta del comando. 

Non riuscivano a credere di essere liberi e Adriana era grata per lo scampato stupro. Ma il ragazzo presentava alcune contusioni e aveva un occhio pesto.   

-Nico, che cosa ti hanno fatto?- gli chiese angosciata. Il fratello era in pessime condizioni, ma anche lei non si sentiva affatto bene. 

-Volevano farmi confessare a ogni costo l'omicidio di Rios, erano veramente arrabbiati per la perdita del tenente, a cui pare tenessero davvero, nonostante mi riesca difficile crederli capaci di provare affetto per qualcuno. Lealtà tra colleghi, forse. Non erano affatto interessati alla mia versione dei fatti, ma per quanto ho capito non perché volessero un capro espiatorio a tutti i costi. Sembrava invece che avessero ricevuto qualche strano ordine da quel tale Laurentino. E avrei confessato davvero se nel frattempo non fosse arrivato il comandante, e non per le botte, ma perché i due poliziotti mi avevano detto che se non avessi sputato il rospo avrebbero fatto male a te.                                                           

-Oh, Nico! Quanto mi dispiace! Tutto l'affetto possibile per il collega non giustifica i pestaggi a detenuti. In ogni caso non sarebbe valsa la pena confessare per aiutarmi. Quel poliziotto, Laurentino Suárez, aveva già qualcosa in mente e se non fosse intervenuto il comandante non so neppure se a quest'ora sarei ancora viva. Ha cercato di...-. Adriana sentì mancarsi la voce al solo ricordo. Nico s'infuriò, avendo perfettamente capito, ma non riuscì a dire nulla, piegandosi in due dal dolore. Dovevano tornare al Centro, dove sarebbe stato curato e rimesso in sesto molto presto. Ma sarebbero stati costretti ad andare a piedi. C'era un unico e malandato mezzo pubblico che faceva il percorso dall'area del comando, poco distante dal centro della città, alle vicinanze dell'Arcoiris, ma i due fratelli non avevano neppure un centesimo per pagare il biglietto. Quando erano stati arrestati non portavano soldi con sé. Il denaro e le carte di credito, assieme a due catenine d'oro che li avevano accompagnati sin da quando erano in fasce, li tenevano custoditi nell'armadietto personale, chiuso con l'apposita chiave di cui per regolamento neppure il direttore aveva una copia. Ma anche se avessero avuto soldi in tasca, quei poliziotti di certo glieli avrebbero sottratti. E a dispetto delle suppliche di Adriana al conducente dell'autobus e dell'avere rilevato che erano due infermieri dell'Arcoiris, presidio sanitario prezioso per la popolazione di Habanita, che si trattava di un'emergenza e suo fratello era ferito, questi si era rifiutato categoricamente di farli salire. Niente soldi per il biglietto, niente corsa. E pensare che proprio quell'uomo aveva ricevuto, non molto tempo prima, sollecite cure mediche al Centro. Ciononostante nessuno dei due fratelli se l'era presa. Sin dai tempi della facoltà di scienze infermieristiche, ma anche in precedenza ascoltando gli insegnamenti di Alberta, avevano entrambi imparato che se volevano fare del bene agli altri dovevano essere disposti a scontrarsi anche e soprattutto con l'ingratitudine. Alcuni dei loro professori avvisavano gli allievi che non tutte le persone sarebbero state riconoscenti per i loro servizi e alcuni pazienti avrebbero perfino ripagato con cattiveria il bene ricevuto. 

-Se volete incamminarvi in una professione in cui gli applausi per la vostra bravura occupino il primo posto, andate a fare le pop-star- erano soliti esortarli. -Se invece volete che primeggi il denaro, andate a fare i banchieri. 

-Ma se volete soccorrere il prossimo, preparatevi a una buona dose di ingratitudine da parte di alcuni malati, dei loro parenti e spesso anche all'ostilità dei direttori sanitari. Certo, avrete anche pazienti riconoscenti e superiori comprensivi, ma molte volte non sarà così. Vogliamo che lo sappiate affinché siate preparati.




CAP. X parte seconda

I professori delle discipline scientifiche e sanitarie si rivolgevano soprattutto agli studenti che una volta laureati avessero scelto di partire come volontari per i sempre più numerosi paesi disagiati. Sottolineavano che non sarebbe stato un compito facile, ma qualunque cosa fosse accaduta non avrebbero dovuto cessare di amare il prossimo e le loro spesso ardue incombenze. Le professioni sanitarie dovevano essere intraprese in primo luogo per amore agli altri. Uno dei professori in particolare, Sebastian Coimbra, cattedratico di fisica e matematica, che era anche un credente cristiano dedicato, esortava gli alunni ricordando loro che finanche Gesù, a fronte dei più grandi miracoli, veniva ripagato con incredulità ed egoismo.                                                                                                      -Sappiate che l'ingratitudine è la moneta più comune e corrente nella piazza dell'altruismo- soleva dire. -Ciononostante, Gesù, il Figlio di Dio e più grande esempio di umiltà e altruismo, amò tanto il genere umano che non desistette dal piano di salvezza per l'umanità, per quanto ingrati fossero gli uomini-. Quando la scienza s'incrociava con l'etica, il professor Coimbra era solito terminare le sue lezioni con discorsi del genere.

-Non createvi mai aspettative, perché averne è sempre sbagliato-. Quello era un altro argomento che il professor Sebastian Coimbra ripeteva spesso. -Le aspettative sogliono trasformarsi in esigenze che inferiscono colpi duri allo scopo di una missione umanitaria, volontaria o remunerata che sia.


CAP. X parte terza

Adriana e Nico camminavano a stento, ciascuno dei due meditabondo. La prima sperava di poter dare al più presto spiegazioni a Trent e ora non sapeva se essere felice al pensiero di rivederlo o se vergognarsi di farsi vedere da lui in uno stato in cui non si era ridotta neppure quando era stata costretta ai doppi turni. Ma forse Trent sarebbe già stato a riposo, data la tarda ora. Una volta arrivati al Centro sarebbe già stata mezzanotte passata e allora lo avrebbe visto l'indomani. Già erano le undici di sera e avrebbero impiegato un'ora per arrivare a piedi all'Arcoiris, dovendo attraversare le vie più popolate, quelle che in quel momento prendevano i pescatori per dirigersi alle loro battute. Si trattava di un percorso lungo, ma sicuro, a differenza dei brevi e solitari sentieri che si potevano rivelare pericolosi, prevendendo una folta vegetazione che tagliava le strade. Non soltanto: si era fatto tanto tardi perchè per il disbrigo delle formalità per il rilascio dagli arresti erano trascorse ore, dove avevano nuovamente atteso nelle squallide celle in cui erano stati inizialmente rinchiusi. La burocrazia di Habanita si muoveva come un pachiderma. Lei e suo fratello dovevano ringraziare il comandante di polizia civile, che aveva portato a ciascuno di loro cibo e acqua, immaginandosi senz'altro il genere di trattamento che i suoi sottoposti avevano loro riservato. L'attesa nelle celle doveva anche risolversi in una misura per tenere  fratello e sorella al riparo dalla furia dei poliziotti corrotti. Era grata alla persona, chiunque fosse, che sicuramente presa dal rimorso per la situazione in cui aveva cacciato due persone innocenti, oltre all'essersi di certo pentita per l'omicidio commesso, aveva confessato. Ma restavano questioni irrisolte. Se il tenente Rios era stato davvero assassinato, come era riuscita la colpevole del fatto, chiunque fosse, a entrare nel Centro e ucciderlo senza essere vista? Vero era che i volontari non erano tantissimi, ma non era comunque possibile, per chiunque entrasse nel presidio, passare del tutto inosservato. E perché lei e il fratello erano stati ritenuti gli assassini?

CAP. X parte quarta 

Ma Nico, che oramai aveva la certezza di quanto fortemente sospettato, si poneva domande di tutt'altro genere. I poliziotti che lo avevano interrogato avevano avuto quantomeno la garbatezza di informarlo sulla causa della morte del paziente e su altri dettagli. La dengue comune si era rapidamente evoluta in emorragica e l'ammalato era deceduto nel giro di cinque ore. Il medico legale, il professor Podger, che aveva eseguito l'autopsia su pronta richiesta del supervisore, era risalito alla causa scatenante la fatale emorragia: una dose di aspirina di quattromila milligrammi, fuor di dubbio non soltanto letale per qualunque paziente affetto da dengue, malattia che si sarebbe convertita in emorragica anche a seguito di dosi trenta o quaranta volte inferiori, ma anche altamente tossica per un uomo adulto di altezza e peso ragguardevoli, quando ingerita simultaneamente a quei dosaggi da cavallo. Il professore era riuscito a circoscrivere anche l'orario in cui il paziente l'aveva assunta, all'incirca le sedici del pomeriggio di quello stesso giorno, cioè l'orario in cui nel reparto erano presenti i tre infermieri di turno: lui, sua sorella e Malinka. Nico sapeva benissimo non va mai somministrato neppure un grammo di aspirina in caso di dengue, a causa delle sue proprietà anticoagulanti. Il professor Podger aveva allora ordinato al supervisore del Centro di scoprire quale degli infermieri del turno dalle otto del mattino fino alle sedici del pomeriggio fosse il responsabile dell'evento. L'indomani mattina il direttore avrebbe avvisato il comando di polizia civile, che funzionava dall'alba alla mezzanotte, e gli armadietti dei farmaci dei tre infermieri che avevano lavorato dalle otto alle sedici sarebbero stati perquisiti. Quello in cui avrebbero riscontrato la mancanza di quattro aspirine da mille milligrammi ciascuna rispetto al rifornimento, che veniva sempre documentato, avrebbe fatto risalire al responsabile del decesso di Rios. Nico e Adriana erano entrambi molto abili nella loro professione e non avrebbero mai commesso un errore così grave e grossolano. Se li accusavano di aver somministrato aspirina al tenente, pareva dovuto al fatto che da ognuno dei loro armadietti mancavano esattamente due dosi di aspirina da mille milligrammi ciascuna. Questo quanto constatato dalla perquisizione, per effettuare la quale i poliziotti avevano forzato le serrature, dato che la chiave per aprirli doveva per regolamento essere unicamente in possesso dei rispettivi affidatari. Erano allora presenti soltanto Podger e il supervisore. Il fatto era avvenuto in assenza sia degli interessati che di altro personale sanitario. Per la buona riuscita delle indagini e incastrare meglio il colpevole (o i colpevoli), pareva che i responsabili del presidio sanitario avessero suggerito alla polizia di effettuare la perquisizione in tutta segretezza.

CAP. X parte quinta

L'armadietto di Malinka risultava in perfetto ordine. Nico non aveva alcun dubbio che fosse stata lei a somministrare l'aspirina al malcapitato tenente, di sicuro facendo confusione con il paracetamolo e la codeina, atti a calmare i dolori a volte insopportabili provocati dalla dengue. Di sicuro l'haitiana, dimentica delle nozioni basilari sul trattamento della malattia, aveva ricordato la profilassi all'incontrario o peggio, aveva scambiato un farmaco per l'altro: quindi, anziché somministrare al paziente paracetamolo e codeina, gli aveva dato le corrispondenti dosi in forma di aspirina, che lo aveva rapidamente ucciso. Ovviamente Trent aveva immediatamente compreso che la sbadata infermiera aveva commesso l'ennesimo errore, stavolta provocando la morte di un paziente, ma essendo lei la donna di cui era davvero innamorato, l'aveva coperta anche in tale occasione, nell'unica maniera possibile: facendo ricadere la colpa su di lui e sua sorella. Nico si rendeva conto che Trent usava Adriana per abietti secondi fini, essendogli chiaro che lei lo amava, ingenuamente, tanto quanto lui amava Malinka. La tendenza all'ingenuità sulla nequizia degli uomini era sempre stata un difetto della sua cara sorellina. A Trent serviva qualcuno da incolpare a beneficio della sua ragazza e l'aveva trovato piuttosto facilmente. E data la diffidenza che aveva percepito in Nico nei suoi confronti sin da subito, aveva pensato che sarebbe stato senz'altro meglio sbarazzarsi anche di lui. Se il ragazzo fosse rimasto in libertà gli avrebbe certo causato non pochi problemi. A questo punto rimanevano comunque un paio di misteri da svelare. Vero era che Trent doveva avere agito di proposito affinché lui e Adriana risultassero colpevoli, ma come aveva fatto a sottrarre quattro aspirine dai loro armadietti, per metterle in quello di Malinka? Per quanto pessime le sue intenzioni fossero, neanche il supervisore poteva avere una copia delle chiavi personali degli infermieri. Il regolamento era categorico sul punto, senz'altro proprio allo scopo di evitare episodi simili all'accaduto. Se li avesse scassinati per sottrarre le aspirine e poi riporle nell'armadietto di Malinka, la polizia si sarebbe accorta dell'effrazione e tutto il piano si sarebbe sgretolato. Anche se corrotti e di poco cervello, quei poliziotti non potevano essere idioti al punto da non essere in grado di rilevare uno scasso. E alla fine, Malinka sarebbe stata veramente colpita da un rimorso tale da confessare lo stesso giorno per scagionare fratello e sorella? Non la credeva capace di tanto, frivola e superficiale come si era sempre dimostrata. Nico sperava di trovare le risposte all'Arcoiris, magari con l'aiuto di Alberta, che lo aveva messo in guardia su Trent e Malinka sin da prima della sua partenza dal Portogallo per Habanita. Ma non si aspettava un'accoglienza punto calorosa da parte dei colleghi. Colpevoli o meno, era certo che Trent avesse già fatto in maniera da rendere lui e sua sorella invisi a tutto il personale. 


Chicche di diritto penale

E benissimo: abbiamo ora con certezza l'identità dell'assassino, anzi, dell'assassina. Ora direte che questo giallo è insolito, perchè non si tratta del classico omicidio passionale premeditato oppure, pur senza premeditazione, comunque caratterizzato da dolo intenzionale o quantomeno diretto. Il fatto in questione è un omicidio colposo, ma qui la colpa è particolarmente qualificata. Innanzi tutto, nello specifico si tratta di colpa dovuta a imperizia. I delitti colposi sono caratterizzati da incompetenza, che si suddivide in 3 accezioni: negligenza, imprudenza e imperizia. In questo caso abbiamo la terza accezione, perchè imperizia è un termine che nel diritto penale si usa per qualificare la colpa in ambito professionale. Un infermiere (o qualunque altro professionista in ambito sanitario) che ammazza un paziente somministrandogli un farmaco sbagliato o alle dosi da cavallo è imperito. Nello specifico caso di Malinka abbiamo poi una colpa cosciente che rasenta il dolo eventuale (una dottrina li qualifica istituti poco differenziati tra loro), ecco perchè è particolarmente qualificata, imperizia a parte...il perchè del dolo eventuale lo scoprirete man mano che leggerete...e se qualche studente di giurisprudenza dovesse superare l'esame di diritto penale dopo aver letto queste info, mi raccomando, passi per i likecoins, lol!