Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese: cap. XXXV

2019-10-20 02:41:24

Trent è uscito distrutto dalla biblioteca, sentendosi ancor più colpevole, dopo la bella risciacquata di Lafayette. Ma lo schizzo di sopra (pixabay, img.100% free, editata) rappresenta Robert e il suo segreto spinoso, non lui. Questa fase della partita punta su 2 cavalli. Bianchi, neri...o verdi?

CAP. XXXV parte prima

Era stata davvero una giornata campale. Trent si sentiva svuotato di energie ed emotivamente a pezzi. Aveva appena rilasciato la sua confessione al signor Lafayette, che l'aveva debitamente registrata nel suo piccolo dispositivo nero. 

Dall'indomani in poi sarebbe sgattaiolato ogni mattina fuori dal Centro per correre alla biblioteca, dove il misterioso uomo gli avrebbe dato le lezioni di scacchi necessarie per vincere il torneo. Ogni mattina, emergenze permettendo.

Il compito del bibliotecario all'Arcoiris era infatti finito e non vi si poteva certo trattenere unicamente per impartire lezioni scacchistiche. Podger si sarebbe insospettito se quei due avessero cominciato a trascorrere troppo tempo nello studio del supervisore, che secondo il professore, almeno teoricamente, doveva essere infuriato quasi quanto lui per aver perduto miseramente due partite di fila, per giunta con un giocatore anonimo. 

Ora Trent stava per ottenere quanto per anni aveva desiderato, ma sentiva fin troppa vergogna per ritenersi felice. Non poteva non riconoscere che Augustus Lafayette aveva ragione da vendere: Malinka poteva fare di lui quel che voleva, nonostante fosse esattamente quale il misterioso bibliotecario l'aveva descritta, cioè un'oca inetta. Era vero che  amava i suoi soldi e la sua posizione nell'alta società ben al di sopra di quanto amasse lui. Sempre che lo amasse. L'amore incondizionato che invece Trent provava per lei ne aveva fatto uno schiavo e lui se ne rendeva conto. Ciononostante, non riusciva a immaginare la sua vita senza di lei. Neanche ora che aveva scoperto quanto la ragazza gli avesse mentito con i suoi falsi titoli di studio. Per Malinka si era comportato in maniera ipocrita e in ultimo aveva anche commesso un turpe illecito contro persone innocenti. Tutte le volte in cui era sgarbato con i colleghi, nascondeva in realtà forti sensi di colpa. E dopo lo stratagemma finale culminato in una falsa accusa contro due ottimi infermieri, splendide persone, un terribile rimorso si era impadronito di lui, ma la schiavitù dei suoi sentimenti per Malinka che lo spingeva a rimanere legato a lei a ogni costo, lo aveva indotto a tacere sulla farsa che aveva ideato. Diceva a se stesso che se avesse potuto scegliere con la ragione e non con il cuore non avrebbe mai amato una donna come quella, ma Adriana. Purtroppo Malinka era per lui come una droga, gli era duro riuscire a liberarsi dal sentimento che provava per lei, anche se ultimamente gli sembrava di capire che il suo attaccamento morboso per la ragazza avesse parecchio a che fare con la condiscendenza eccessiva con cui era stato allevato. E da figlio di papà viziato qual era sempre stato, cresciuto nella bambagia da genitori che non avevano mai saputo dire di no a ogni capriccio suo e dei suoi fratelli sin da piccoli, quando volevano a tutti i costi questo e quel giocattolo, questo e quel trastullo superficiale e inutile, non si era mai veramente posto davanti le conseguenze che sarebbero cadute addosso a Nico, Adriana e alla fine anche ad Alberta a causa delle sue azioni. Non immaginava per davvero in quali condizioni si potessero ritrovare dei detenuti non colpevoli in un carcere di La Floresta, né fino a che punto fosse corrotta la polizia di quel posto. Ora si rendeva conto ancora più consapevolmente del perchè dei rimproveri di suo zio Reginald, il fratello minore di suo padre, che disapprovava quella condiscendenza eccessiva.

-Edward, Sheila, state trasformando i vostri figli in tre marmocchi viziati- li redarguiva le poche volte che avevano occasione di vedersi, vale a dire quando lo zio si trovava a trascorrere qualche breve periodo da loro, lasciando per alcune settimane il Brasile dove svolgeva attività d'impresa.

Si era fatto nel frattempo tardi, era ora di cena, ma non gli andava di tornare al Centro. Troppi pensieri gli turbinavano nella mente e non se la sentiva di incontrare i colleghi. E nemmeno Malinka. Passando davanti all'unica locanda della città, posta a due passi dalla biblioteca, lesse che ospitava una taverna. Vi entrò quasi meccanicamente. Meglio cenare fuori, in solitudine, almeno per una volta, anziché essere costretto dalle convenienze a chiacchierare con i colleghi e con la sua fidanzata come se niente fosse. 




CAP. XXXV parte seconda

Ma appena entrato, temette che forse nella locanda di Habanita non avrebbe potuto trovare la quiete che vi cercava. Era naturalmente convinto che un posto come quello, la cui grettezza e obsolescenza si percepiva al solo osservare la facciata esterna, non fosse certo il ritrovo preferito dell'élite di La Floresta, ma non immaginava fino a che punto fosse invece mal frequentato. Augustus Lafayette non si sbagliava di certo nel definirlo un piccolo dandy figlio di papà viziato che non sapeva come girasse il mondo al di sotto delle alte sfere in cui era stato allevato. Seduti a un tavolo malconcio, c'erano tre uomini dall'aspetto che definire rozzo e grossolano era davvero poco. Fumavano sigari cubani, bevevano in grandi boccali di birra e facevano un gran baccano. Alla reception, alquanto distante dalla porta d'ingresso, sedeva un uomo di mezz'età dall'aria scocciata. L'intera struttura aveva bisogno di una bella riforma, tant'era fatiscente. Trent non era mai entrato in un posto simile in tutta la sua vita. Ma oramai non aveva importanza. Girandosi distrattamente verso una scala di legno, che dalla reception portava verso quello che doveva essere il secondo piano dell'edificio, ne vide scendere velocemente una snella figuretta che sembrava una bambina. Indossava pantaloni di lino, una maglietta grigia con lo scollo a V e leggere scarpe da ginnastica. Aveva lunghi capelli che pur nella penombra di quel luogo apparivano luminosi, di un bel castano chiaro... Adriana! Dunque non era tornata in Portogallo? Il bibliotecario non gli aveva detto che era rimasta ad Habanita. E se lei si trovava lì, allora doveva esserci anche Nico. Cosa ci facevano in quel postaccio, poco raccomandabile per due graziosi borghesi, europei e bianchi? Ma certo, dovevano essere rimasti per Alberta, disposti a correre rischi in una stamberga come l'unica locanda della città, priva di ogni comfort, pur di non lasciare La Floresta senza di lei. L'Arcoiris, struttura moderna e ben equipaggiata, era tutt'altro mondo, anche se il lavoro che vi si svolgeva era duro. Ed era un posto sicuro. Sentendosi ancora più in preda al rimorso, fece per tornare indietro e uscire prima che la ragazza potesse vederlo, ma qualcosa di più forte della vergogna gli impose di trattenersi. In quel posto c'erano tre uomini volgari che chiacchieravano fragorosamente utilizzando un linguaggio scurrile, in quanto si ubriacavano. Non poteva andarsene senza prima accertarsi che la ragazza fosse al riparo da eventuali molestie o addirittura aggressioni. E se si fosse reso necessario, ci avrebbe pure passato la notte.

Adriana si rivolse al proprietario della locanda. Trent poté udire, pure a distanza di alcuni metri, la seguente richiesta:- La prego, mi aiuti, mio fratello sta male-. L'uomo sembrò seccato dalla richiesta. Trent pensò che se Nico stava male e la sorella, un'ottima infermiera, non riusciva ad aiutarlo, doveva trattarsi di qualcosa di serio. E in ogni caso i due ragazzi dovevano essere a corto di farmaci, in un posto come quello. Lui era un medico. Era suo dovere intervenire. Doveva mettere da parte la vergogna e farsi avanti. Se Adriana avesse rifiutato il suo aiuto, avrebbe insistito. Ma non ebbe neppure il tempo di cercare le parole giuste da dire, quando qualcuno con passo spedito attraversò tutta la sala, dirigendosi verso la ragazza. Era l'infermiere Robert Brooke. -Scusa il ritardo, anche se avevo il giorno libero s'è presentata un'emergenza, ma sono corso appena ho potuto. Tu però non dovresti essere qui a quest'ora. Adesso... Che guaio...Il regolamento... 

Brooke apparve d'improvviso confuso e angustiato. 

-Tranquillo Robert, l'importante è che tu abbia i medicinali, la farmacia del quartiere non ne avrà almeno per una settimana. Non sei riuscito a trovare una bomboletta per la flebo?- gli chiese, vedendolo a mani vuote. -Scusami, tu stai già facendo davvero tanto, è solo che mio fratello sta davvero troppo male, ha la febbre altissima! E io non posso... - lasciò la frase a metà, con un sussulto. Aveva visto Trent. Anche Robert si accorse della sua presenza, passato l'affanno della fretta. Ma mentre la sua amica reprimeva l'istinto di chiedergli seccamente che cosa ci facesse in quel posto, dato che una discussione poteva attirare l'attenzione degli avventori seduti a ubriacarsi, Brooke si spremeva le meningi su di una possibile giustificazione. Se Trent avesse scoperto cosa facevano in quel posto, le cose avrebbero potuto mettersi male. Che sfortunata coincidenza! 

Ovviamente Robert non poteva essere affatto a conoscenza dello stato d'animo del medico, che difatti non avrebbe mai più mosso un dito, nè proferito mezza parola per danneggiare il suo prossimo.


CAP. XXXV parte terza

Mentre Adriana e Trent rimanevano a fissarsi senza dire nulla, la prima lottando contro il disappunto e nel contempo i sentimenti che ancora provava per lui e l'altro sprofondato nei sensi di colpa, uno degli uomini seduti a tavolino a bere birra, che aveva notato la presenza del gruppetto, si alzò e si avvicinò a loro. Non sembrava avere buone intenzioni. Se Adriana era scesa contro le raccomandazioni di Robert e di Augustus Lafayette, era stato a causa di un'emergenza. Nico qualche giorno prima era stato punto da una aedes aegypti, aveva contratto la dengue. Aveva cominciato a stare male la notte del lunedì. Erano rimasti senza repellente per insetti e non erano riusciti a procurarsi una nuova confezione poiché l'unica farmacia del posto si trovava a corto di dispositivi medici, oltre che di farmaci. Adriana e Nico avevano esaurito anche il poco paracetamolo reperito nell'ultimo acquisto. La ragazza aveva allora chiesto  farmaci a Robert, che quella mattina era andato a cercarne, promettendo di tornare la sera. Stavolta non erano nei guai per mancanza di soldi, ma di medicinali. Il denaro non era più un problema, anche perché al momento di pagare il locandiere per prolungare la permanenza, il loro conto risultava già saldato per intero. I due infermieri erano oramai sicuri che il bibliotecario li stesse aiutando senza far chiasso. E i soldi che ricevevano per il lavoro in biblioteca stavano proprio permettendo ai due fratelli di comprarsi quanto loro serviva, incluso qualche abito e scarpe nuove, dato il loro bagaglio limitato. Man mano che passava il tempo e conoscevano meglio Augustus Lafayette, si rendevano conto che il carattere burbero e scontroso dell'anziano doveva essere più che altro apparenza. Quell'uomo che intendeva apparire scorbutico, in realtà era solo circospetto, saggio, estremamente intelligente e dotato di non comuni capacità, di cui al momento avrebbe potuto esserci un gran bisogno...ma cosa avrebbe potuto fare anche un genio, contro i tre omaccioni nella trattoria, o per meglio dire, nella bettola della locanda di Habanita? E per giunta più giovani di lui? Quello che si era alzato e le era andato vicino era un uomo dall'enorme barba sporca e incolta, con il pancione stracolmo di birra che straripava dagli abiti malandati e sudici e l'alito che puzzava di alcol. Gli altri due erano sbarbati, ma per il resto avevano un aspetto non molto dissimile da quello del compagno.

-Questa è la mia serata fortunata. Come aver trovato un ago in un pagliaio. Un fiore in questo letamaio. Fammi un po' di compagnia, dolcezza.

Si metteva male. Si stava per ripetere la stessa scena che un mese e mezzo prima all'incirca si era svolta nell'ufficio di Laurentino Suárez, nel presidio della polizia civile. Adriana pensò di prendere tempo con una scusa, cercando di non far trapelare la paura che le era caduta addosso. 

-Adesso non posso proprio trattenermi, sarà per un'altra volta...

-Quando io dico adesso deve essere adesso-. Quell'uomo non andava certo per il sottile e Robert, cercando di salvare la situazione, cominciò, con voce gentile, quasi supplichevole, a proporre soluzioni accomodanti.

-Senta, perché non ci sediamo tutti a tavolino e conversiamo da buoni amici? Potremmo cenare tutti insieme e magari dopo giocare a carte.

L'omone gli rise in faccia, dileggiandolo e facendo seguire una buona dose di insulti. Poi prese per un braccio Adriana con l'intenzione di trascinarla al tavolo...mentre il locandiere, temendo essere quel che gli si presentava davanti l'anteprima di crimini, sgattaiolava velocemente in cucina e poi dalla cucina al cortile che dava alla sua abitazione. Robert alzò gli occhi al soffitto. Riconosceva di non essere in grado di affrontare una lotta. E per giunta era un ardente sostenitore dell'ideologia pacifista di una frangia estremista di filosofi, i Sempreverdi, dunque non lo avrebbe mai fatto. In nessun caso. Anche se in quel momento ci andava di mezzo la donna che amava. Per quanto una situazione si rivelasse pericolosa, l'associazione della quale oramai faceva parte da anni non avrebbe mai e poi mai ammesso l'uso della forza, nemmeno se a causa dell'inerzia ci avrebbe rimesso la pelle un familiare degli affiliati. 




CAP. XXXV parte quarta

Robert seguì allora alla lettera quel che la sua associazione di appartenenza, in casi come quelli, esortava i membri a fare, senza se e senza ma: allontanarsi il più alla svelta possibile, cercando di porsi, ove non riacciuffato (e in quel caso l'associato avrebbe dovuto lasciarsi anche uccidere), a ragguardevole distanza dallo scenario del crimine. Abbandonando familiari, parenti e conoscenti alla mercè dei delinquenti di turno. E cercando possibilmente di non guardare quello che a congiunti e amici avveniva. Poichè se avesse cercato l'uscita avrebbe dovuto passar davanti agli altri due omaccioni al tavolo, che altri poi non erano se non alcuni dei camionisti non esattamente onesti da cui aveva messo in guardia Adriana e Nico prima che venissero ospitati alla locanda, temette che avrebbero cercato di trattenerlo e prendersela con lui. Non gli rimase allora miglior partito che sgattaiolare verso la scala di legno e correre velocemente a sedersi all'ultimo gradino, fissando, timoroso, ora il pavimento, ora il soffitto e gettando di quando in quando qualche occhiata al piano di sotto, più che altro nella speranza che a nessuno dei camionisti venisse in mente di seguire proprio lui e proprio lì.

Ma Trent era di diverso avviso e affrontò l'energumeno senza la minima paura. 

-La signorina ha detto che non può trattenersi. La lasci immediatamente.

-Ehi, damerino, cosa ne dici di uscire alla svelta e sparire? Sei fuori posto qui-. E giù altri insulti.

-Dico che non mi garba-. Trent gli si piantò davanti con aria di sfida, pronto a battersi se necessario.

-Te ne esci subito con le buone o con le cattive? Perchè già mi prudono le mani.

-Direi con le cattive- lo affrontò il medico, senza scomporsi. Afferrò il camionista, forzandolo ad abbandonare la presa. Ovviamente quello cercò subito di colpirlo, ma il giovane ebbe la meglio e l'omone finì a terra rotolando sul pavimento. E ora Adriana, sorpresa per il fatto che Trent la stesse difendendo esponendosi a un serio pericolo, temeva per lui, perché i compagni di quello a terra si stavano avvicinando. Di certo non potevano aspettarsi alcun aiuto da Robert, che dall'alto del suo rifugio manteneva un'aria afflitta. E come se non bastasse vide Nico, che nel frattempo si era alzato da letto ed era sceso di sotto! Adriana sapeva che suo fratello, per quanto debole e malato, l'avrebbe difesa a costo di morire. Temeva per Nico e temeva per Trent. E anche per Robert, nonostante quest'ultimo fosse corso ai ripari alla svelta. E anche lei avrebbe difeso se stessa e gli altri, se solo avesse potuto. Ma era troppo piccola, minuta e fragile per riuscire a combinare alcunchè in un combattimento.

Uno degli altri due uomini le si avvicinò. -Ehi, bellezza!

-Lascia in pace mia sorella-. Quello tentò di colpirlo, ma Trent afferrò anche lui e ricominciò a battersi. Anche il terzo però gli fu addosso e se il primo si fosse alzato da terra, Adriana avrebbe paventato il peggio. Vero era che il medico era forte e atletico, ma era appunto un dottore e non un pugile, fin dove la ragazza ne sapeva.




CAP. XXXV parte quinta

-Attento, Trent!-. Adriana stava per scoppiare a piangere, quei due erano addosso al ragazzo e l'uomo a terra si era alzato e ripreso. Ma non fece in tempo a fare neanche un passo, perchè qualcosa lo colpì molto forte alla schiena e gridò: -Ahi!-. Cadde di nuovo e rotolò sul pavimento. Nel tafferuglio, nessuno si era accorto della presenza di un altro uomo. Un anziano che indossava impenetrabili occhiali scuri, un soprabito di lino nero e impugnava un bastone di quelli che servono da sostegno in età avanzata. Augustus Lafayette, dopo il lancio del suo bastone che aveva colpito il balordo, afferrò per il collo, da dietro, uno degli altri due, cosicché Trent fu libero per difendersi dal restante. In pochi secondi, i criminali a rotolare sul pavimento furono due, dopodiché l'anziano, nell'aiutare il suo improbabile alleato, atterrò velocemente anche il terzo. Adriana, Nico, Robert e anche Trent, erano sbalorditi. L'enigmatico bibliotecario, alla sua presumibile anziana età si rivelava formidabile, era riuscito in un poco più di un minuto a neutralizzare tre uomini più giovani e presumibilmente più forti di lui, per quanto non esattamente sobri. E a dispetto della presenza di Trent, non aveva proprio l'aria di qualcuno che necessitasse di essere spalleggiato. Forse era fin troppo abituato a combattere. Ma com'era capitato nella locanda giusto a proposito? Nel frattempo Nico era svenuto, la febbre alta aveva preso il sopravvento. Trent si dispose prontamente ad aiutare i due fratelli e sostenne il ragazzo. Aveva gli abiti malconci e qualche contusione, ma tutto sommato nulla di grave. Grazie a Lafayette, l'unico che nella lotta non aveva perso neppure un bottone.

-Stai bene?- chiese Trent a un'esterrefatta Adriana, rimasta quasi senza parole. 

-Si... grazie... se... non ci fossi stato tu... 

-Piuttosto se non ci fosse stato il signor Augustus Lafayette. Ma come avrà fatto? E' incredibile. Quell'uomo è... un demonio- gli sfuggì. Sperò che l'anziano, a pochi metri di distanza, non l'avesse ascoltato.

-Direi semmai che è un angelo- gli rispose Adriana.