Il bibliotecario francese: cap. XXXI
Scacchi bollenti...signore e signori, ecco a voi Augustus Lafayette pronto per umiliare a tavolino Trent e Podger. Le reazioni dei due all'esito delle partite (e non c'è neppure bisogno di anticipare come andranno a finire) saranno all'opposto l'una dall'altra, come il bibliotecario si attendeva.
CAP. XXXI parte prima
Per non lasciare spazio ai pochi ragionevoli dubbi che ancora circondavano la vicenda, prima di agire, Lafayette riteneva necessario venire a conoscenza di due quesiti importanti: perché i due fidanzati volevano vivere a tutti i costi a Estrella del Sur e non negli Stati Uniti? In California non si stava poi così male. Specie se si proveniva da famiglie abbienti e Trent non gli sembrava appartenere se non a una classe sociale elitaria. Se non si fosse trattato di una omonimia, poteva addirittura essere il figlio del magnate automobilistico Edward McCallister, che il bibliotecario non conosceva di persona, ma sapeva benissimo di chi si trattasse per essere il fratello maggiore dell'uomo che aveva sposato l'assistente sociale portoghese coinvolta nella faccenda di adozione dei figli di Alberta Moreira. Le conversazioni private tra Trent e Malinka erano troppo esigue e di breve durata, per permettergli di scoprire ulteriori dettagli unicamente leggendogli sulle labbra. Avendo parecchio da nascondere, era ovvio che il medico internista toccasse il meno possibile gli argomenti che li riguardavano personalmente, per quanto la ragazza fosse invece molto più propensa a chiacchierare. Quindi bisognava rispondere a un ulteriore quesito: perchè Trent aveva assoluto bisogno di una somma di denaro oggetto di una vincita a un torneo internazionale di scacchi? Non poteva semplicemente attingere al suo conto corrente americano? Che cos'erano diecimila dollari, in fondo, per un miliardario quale sembrava essere? Non c'era altro tempo da perdere. Appena ebbe il consueto giorno libero accordato a ogni volontario del Centro, si fece portare da Héctor in biblioteca per effettuare due chiamate negli Stati Uniti dal suo studio, lontano da orecchie indiscrete. Entrambe terminavano nello stesso tono: -Rammenta bene, devi farmi avere l'informazione che mi serve entro la fine della prossima settimana, perché da qui a poco si svolgerà il famoso torneo di scacchi che già sai. E io devo sapere quanto ti ho chiesto almeno due, o meglio tre settimane prima che l'evento abbia luogo. Quando ti richiamerò, mi aspetto che tu ne sarai in possesso.
I collaboratori di Augustus Lafayette non erano soliti fallire. Dieci giorni dopo il bibliotecario aveva composto tutto il puzzle e ora poteva iniziare la fase più attiva del suo operato, che sapeva gli sarebbe costata l'inimicizia del borioso Podger. Infatti, per attuare il suo piano gli era necessario infierire un duro colpo allo smisurato ego del professore.
Quando vide in uno dei pochi momenti di pausa una scacchiera sul tavolino della hall del presidio sanitario, con il direttore e il medico internista che si accingevano a sedersi uno di fronte all'altro, Lafayette propose al secondo di giocare con lui. Podger si meravigliò. Il nome di Augustus Lafayette non figurava affatto negli annali scacchistici. Neppure come terza nazionale. Doveva essere un anonimo dilettante del tutto privo di categoria e ora si azzardava a sfidare uno dei migliori giocatori del mondo. Che impertinenza. Anche Trent doveva pensarla allo stesso modo, poiché rifiutò seccamente. Voleva giocare subito con il direttore, doveva allenarsi con il migliore per trovare la maniera di batterlo e vincere il sospirato torneo. Ma il guardiano-bibliotecario non si diede per vinto: toccò con l'indice un'asticella dei suoi occhiali scuri, lanciando a Podger uno sguardo significativo, pur dietro quelle impenetrabili lenti, senza che il giovane se ne accorgesse. Il professore, pur non potendo guardare direttamente negli occhi Augustus Lafayette, ne sentiva la persistente occhiata su di sè. Capì che l'uomo voleva spingerlo a usare la sua autorità di superiore gerarchico per indurre il medico internista ad accettare la sfida. Pur sembrandogli una richiesta alquanto bizzarra, rammentando le esortazioni del direttore della fondazione, invitò caldamente Trent ad acconsentire.
CAP. XXXI parte seconda
Il supervisore si sedette a tavolino davanti al suo improbabile avvesario malvolentieri. Altro tempo perso, pensò. Ma dovette ben presto ricredersi, perché Lafayette riuscì a vincere la partita in meno di cinque minuti. Accettò allora volentieri la rivincita che l'avversario gli propose e anche stavolta perse ben presto. Professore e medico internista erano entrambi sbalorditi, al punto che Podger accettò a sua volta, quasi senza accorgersene, una sfida da parte dell'anziano. Si sedettero a giocare, mentre Trent li guardava con occhi avidi. Augustus Lafayette ebbe bisogno di ben più di cinque minuti per vincere la partita contro un opponente del calibro di Archibald Podger, ma quando i pezzi sulla scacchiera si trovarono disposti in maniera tale che nessun Maestro Internazionale avrebbe avuto dubbi sull'esito, riusciva a leggere chiaramente l'indignazione e il livore sul volto del professore. Ma anche lo sguardo stupito e nel contempo speranzoso di Trent, cioè quanto di fatto si era proposto di ottenere. Non volendo darsi per vinto e attribuendo la perdita alla distrazione o alla stanchezza, Podger accettò la rivincita offertagli per ben due volte, finendo così per perdere tre partite di seguito. Alla fine il direttore sanitario si alzò, dicendo che aveva del lavoro da sbrigare e sforzandosi di non lasciar trapelare tutto l'astio che sentiva nei confronti del bibliotecario, che se prima aveva alquanto in uggia, ora detestava con tutte le sue forze. In realtà un vero sportivo, per quanto Grande Maestro Internazionale, non si sarebbe mai sentito veramente umiliato per una sconfitta al gioco: avrebbe invece saputo riconoscere i propri limiti e apprezzare le qualità dell'avversario di turno, in uno spirito di amicizia, solidarietà e collaborazione. Ma il professor Podger di spirito sportivo non ne aveva alcuno, soltanto uno spirito di alterigia.
Lafayette non si scompose minimamente. Sapeva che s'era appena guadagnato una inimicizia di un certo peso, ma la cosa non lo preoccupava affatto. Il suo scopo nello svolgimento di tutta la sua carriera era quello di combattere l'ingiustizia e offrire appoggio a coloro che ne fossero vittime, quantomeno dentro la sua portata di azione. Durante tutta la sua carriera s'era fatto nemici ben più influenti del professor Podger, ma anche affezionati amici potenti, che lo tenevano in alta considerazione e reputavano spesso e ben volentieri indispensabile e non rimpiazzabile. Ma il suo più grande Amico, più vero e infinitamente più influente di tutti i potentati che lo avevano circondato nella sua lunga carriera, era Colui che gli aveva permesso di arrivare fin dove era arrivato, donandogli intelligenza, lungimiranza e saggezza non comuni, accompagnandolo a ogni passo e garantendogli una vittoria dopo l'altra. E aveva fino ad allora impedito ai suoi nemici di eliminarlo, non abbandonandolo mai, neppure nei momenti che sembravano più difficili. Il Migliore Amico di Augustus Lafayette regnava in Cielo.