Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese: cap. XXI

2019-08-11 01:27:01

Carcere di La Pinta. Alberta è stata purtroppo presa di mira dalle detenute che condividevano la sua cella. L'hanno pestata a sangue e Augustus Lafayette la trova in un'infermeria allestita nel penitenziario alla meno peggio. La donna svela al bibliotecario il suo bruciante segreto a lungo celato.

CAP. XXI parte prima

Robert non si sbagliava. L'indomani Augustus Lafayette si presentò al carcere dove Alberta era detenuta. Sfortunatamente la donna non si trovava nella cella che divideva con altre tre detenute, ma in infermeria. All'uomo avevano riferito che era divenuta il bersaglio preferito delle compagne di reclusione, che l'avevano brutalmente aggredita. Chiunque altro non avrebbe mai avuto il permesso di vedere un detenuto al di fuori del parlatorio e trattenersi oltre i classici cinque minuti consentiti ai parenti dei reclusi, ma per Augustus Lafayette la direzione del carcere faceva eccezioni. E il bibliotecario era intenzionato a scoprire il perché di tanta abnegazione da parte della donna. Che non fosse lei la responsabile della morte del tenente Francisco Rios era sicuro ed era sicuro anche che Adriana e Nico fossero caduti in una trappola unicamente per colpa dell'ingenuità della ragazza. Oltre a quanto gli aveva raccontato Robert, che aveva fino ad allora stimato onesto e sincero, c'erano i resoconti del fidato Héctor, che coincidevano. Il venezuelano era una conoscenza davvero antichissima del bibliotecario e la sua ostentata pigrizia era di fatto solo apparenza. Il posto in cui si trovava gli era utile per passare inosservato, come lo stesso bibliotecario lo aveva istruito a mantenersi. Certo, dato che quella mansione di volontario gliel'aveva procurata lui. Lafayette aveva fatto in modo che la sua candidatura venisse accettata e per Héctor, in un momento che in Venezuela si trovava senza casa e senza lavoro, costretto a dormire in una vecchia macchina che presto gli sarebbe stata pignorata, quell'attività era giunta  davvero a proposito. Avrebbe avuto vitto, alloggio e tutta l'assistenza sanitaria del Centro sempre e qualora ne avesse avuto bisogno, in cambio dello svolgimento del servizio di portinaio notturno. E il bibliotecario di Habanita gli faceva avere regolarmente abbigliamento e scarpe adatti al luogo. Meglio di così non gli poteva andare.

Una guardia scortò l'enigmatico anziano fino all'infermeria.

-C'è un uomo che vuole parlare con la Moreira- disse la funzionaria al medico. -La direttrice ha detto che è autorizzato a entrare anche in infermeria e a trattenersi quanto riterrà necessario.

-E' sedata, Marisa. Si sveglierà solo tra un paio d'ore.

-Posso aspettare- affermò Lafayette senza scomporsi.

-Come preferisce. Aspetti però nell'anticamera. Io devo tornare al lavoro-. Era chiaro che il dottore sapeva bene che le visite esterne erano ammesse unicamente nel parlatorio e quella era un'eccezione permessa dalla direttrice. Forse l'anziano era l'avvocato difensore della donna, forse un legale di grande fama al quale non si negava nulla.

Augustus Lafayette entrò nell'anticamera, uno stanzino che misurava due metri per tre senza neppure uno sgabello per sedersi. L'uomo non ne fu impressionato. Era abituato a stare in piedi anche per molte ore di seguito. All'inizio della sua carriera, quando lavorava come sentinella tra le guardie municipali francesi, stava in piedi per turni della durata di otto ore difilate. Prese un libro che aveva portato con sé per far passare il tempo. Dopo più di tre ore di attesa, il dottore venne a dirgli che poteva passare a vedere la paziente.


CAP. XXI parte seconda

La stanza in cui era ricoverata Alberta conteneva appena il letto nel quale la donna dormiva e un paravento. L'infermeria era forse l'unica area pulita di tutto il penitenziario. Per il resto, si trattava di un edificio fatiscente e sporco. Topi e insetti di ogni genere si annidavano tanto nell'ala maschile, dove l'anno precedente si trovava Robert, quanto in quella femminile.

Alberta era sveglia, il medico l'aveva avvisata che il suo avvocato era passato a trovarla.

Il bibliotecario vide una piccola donna bruna attaccata ad alcune flebo, con il volto e le braccia deturpati da numerose ecchimosi e contusioni. Aveva due costole incrinate, una delle quali per miracolo non aveva perforato un polmone. In tal caso sarebbe morta, dati gli scarsissimi mezzi dell'infermeria del carcere. Tra il personale penitenziario, nessuno si sarebbe scomodato a trasportarla fino al più prossimo ospedale. La vita di un detenuto non aveva alcun valore a La Floresta. Al di fuori della capitale, poi, meno che mai. Era già larga concessione che il carcere possedesse un'infermeria, dato che le leggi richiedevano ne avesse una.

-Mi chiamo Augustus Lafayette. Sono qui da parte di Nico e Adriana Mascarenhas.

La donna spalancò gli occhi. -Non sono tornati in Portogallo? Cosa ci fanno ancora qua? Lei è un avvocato, vero?

-In realtà sono il bibliotecario di Habanita... -. Alberta non lo lasciò terminare e riprese immediatamente a parlare, sforzandosi, nonostante si sentisse molto fiacca.

-La prego, chiunque lei sia, dica loro di tornare immediatamente in Portogallo. Che non restino qui un minuto di più. E' per il loro bene.

-Mia cara signora, quei due ragazzi non se ne andranno finché lei non sarà libera- riprese tranquillamente Lafayette, mantenendo un atteggiamento impassibile.

-Ascolti, dica loro...

-Nulla sarà in grado di sortire alcun effetto nel tentare di dissuaderli dal rimanere a La Floresta fino a quando non la riavranno con loro. E come ho avuto modo di constatare, si può dire che siano più ostinati e testardi di un mulo.

-Già, lo so- sospirò la donna. -Lo sono sempre stati, sin da piccoli.

-Dopotutto non si può dar loro torto. In fin dei conti, per il grande affetto che vi lega, come potrebbero abbandonarla al suo destino?

-Mi ascolti signor…come ha detto che si chiama?

-Lafayette. Augustus Lafayette.

-Bene, signor Lafayette. Io sarò condannata a pena perpetua. Questo non è un paese europeo dove da oltre cinquecento anni vige oramai l'impunità. Qui sarebbero capaci di dare l'ergastolo per il furto di una mela, figuriamoci per omicidio, per quanto colposo! Io non uscirò mai più di prigione. E probabilmente non resterò viva a lungo in un posto come questo. Ho commesso un'imprudenza, signor Lafayette, e il risultato è stato la morte di un paziente del Centro Arcoiris. Ora, dica ai ragazzi che devono rassegnarsi, che sono decisa a scontare la mia pena e per favore, ometta di raccontargli le condizioni in cui mi ha trovata.

Augustus Lafayette guardò a lungo Alberta, sempre mantenendo un'espressione impenetrabile.

-Innanzi tutto lei non ha commesso alcuna imprudenza. Non è stata lei a provocare la morte del tenente Francisco Rios.

-Si, invece.

-Le dico di no-. Stavolta il bibliotecario assunse un'aria alterata, seccato. -Non mi contraddica, riconosco da lontano chi mente. Se lo dice per coprire i ragazzi, può stare tranquilla, so benissimo che non sono stati loro. E sono qui per aiutarvi, tutti e tre. Pertanto, lei deve collaborare con me e raccontarmi qualsiasi cosa abbia visto o ascoltato che abbia a che fare con la losca faccenda che l'ha portata a questo penitenziario. E anche il vero motivo che l'ha spinta all'estremo dell'autocalunnia. 


CAP. XXI parte terza

Quell'uomo sembrava sapere troppo. E appariva sincero nell'affermare di essere disposto a favorirli. Forse sarebbe anche riuscito dove lei aveva fallito, nel convincere Adriana e Nico a tornare a casa, se gli avesse raccontato il poco di cui era al corrente. Dunque convenne che cedere fosse miglior partito, pur con qualche riserva iniziale.

-Nico e Adriana non avrebbero resistito una settimana. Se non li avessi scagionati con una falsa confessione, forse a quest'ora sarebbero già morti. Non l'avrei mai permesso, a costo della mia vita.

-Signora, io capisco l'altruismo. Capisco l'abnegazione. Ma chiunque altro, per quanto generoso, non sarebbe arrivato a tanto. Perché non ha chiamato i genitori dei ragazzi, per avvisarli subito dell'accaduto, anziché confessare un delitto che non ha commesso?

-Se non sbaglio, signor Lafayette, lei non è un avvocato. E' un bibliotecario. Non vedo perché dovrei raccontarle le motivazioni del mio agire. Né immagino come possa aiutarmi, se non convincendo Nico e Adriana a tornare in Portogallo. Ben prima che si tenga l'udienza contro di me. I coniugi Mascarenhas si trovano oltreoceano, non avrebbero certo potuto tirar fuori i ragazzi di prigione lo stesso giorno del loro arresto. 

-Mia cara signora, sarò pure un bibliotecario, ma ci creda o no, sono in grado di farla uscire da qui. E senza minimamente coinvolgere i suoi protetti. Non è affatto la prima volta che mi trovo davanti a un caso come il suo e in mancanza non soltanto della prova regina, ma finanche di adeguati indizi. L'ultima faccenda che ho risolto riguardava un volontario dello stesso Centro dove lavorava lei.

-L'Arcoiris?

-Già. Il malcapitato si era trovato in una situazione imbarazzante, simile alla vostra, accusato per un fatto commesso da altri. Rinchiuso nell'ala maschile di questo carcere. E anche lui finì in infermeria come lei. Anche lui per miracolo non era rimasto ucciso.

-Oh, poveretto...

-Si risparmi i sentimentalismi e li risparmi a me- l'interruppe Lafayette. - Andiamo al sodo.

-D'accordo, signor Lafayette. Nella tarda serata del giorno prima che arrestassero Adriana e Nico, non vista, avevo ascoltato una piccola parte di quella che sembrava una strana conversazione tra il medico internista supervisore del Centro Arcoiris e una delle infermiere, una ragazza haitiana. Non sapevo ancora che un paziente fosse morto, perchè, per ovvie ragioni, il principale responsabile del compito di divulgare la notizia aveva mantenuto un religioso silenzio. Si era guardato bene dallo spargere la voce per tutto lo staff che si trovava a riposo in un'altra area dell'edificio.  E senz'altro, adducendo chissà quali argomentazioni, doveva aver convinto il direttore sanitario a fare altrettanto. Trent McCallister aveva senz'altro collegato quella morte al vero responsabile, anzi, alla vera responsabile. Che non aveva ucciso il paziente di proposito, ma per assoluta incompetenza. Il supervisore doveva avere avuto il tempo di metterla in allarme in modo che non potesse tradirsi, mentre lui avrebbe escogitato un piano per coprirla. Certo, c'era pur sempre il rischio che gli infermieri del turno serale mettessero al corrente del decesso di un paziente i colleghi di quello notturno, che avrebbero dato loro il cambio. Cosa che però non fecero, evidentemente troppo stanchi  e ansiosi di andare a dormire. Il lavoro al Centro è duro. Lo stesso facero coloro che avevano l'indomani staccato dopo aver lavorato tutta la notte. 

-O magari gli venne detto di proposito di mantenere una garbata politica del niente allarmismi. Il tenente Rios non sarebbe resuscitato grazie all'informazione ai colleghi. Non ne conviene?- argomentò Augustus Lafayette.

-Già, senz'altro. E' così che la maggior parte di noi non seppe di quel decesso se non quando arrivò la polizia. Posso dirle che ho la certezza che la vera colpevole di quella morte è l'infermiera haitiana, una ragazza pasticciona e molto maldestra. Ma questo gliel'avranno già raccontato i ragazzi. E il supervisore ha fatto ricadere la colpa su Adriana e Nico. Sono certa che quei due sono fidanzati, anche se non lo hanno mai dichiarato pubblicamente. Ero andata in cortile per prendere delle secchie da utilizzare nei bagni della corsia dei ricoverati il mattino seguente. Siccome era un momento tranquillo, almeno apparentemente, mi ero trattenuta fuori a riflettere. Da tempo cercavo le parole giuste per convincere Adriana a lasciare Habanita e tornare in Portogallo, perché sentivo che qualcosa di minaccioso si stava avvicinando. Neppure Nico mi sembrava troppo al sicuro, ma senza la sorella non si sarebbe allontanato di un metro. Fino ad allora avevo pregato Adriana di lasciare questo posto perché... vede...

-Lasci stare il motivo. Conosco tutta la storia.


CAP. XXI parte quarta

Alberta ebbe un sussulto. Augustus Lafayette percepì il disagio della donna e assunse un tono meno impersonale.

-I due fratelli mi hanno raccontato anche di quel pasticcio sentimentale. La signorina Mascarenhas si sente terribilmente colpevole per l'accaduto.

-Ma lei non ha colpa di nulla!-si affrettò la donna ad affermare, in difesa di Adriana. -L'unica cosa di cui la si può accusare è l'aver peccato d'ingenuità, di avere mal riposto la sua fiducia...

-E di conseguenza di essersi innamorata dell'uomo sbagliato- concluse il bibliotecario. -Ma mi dica ora della conversazione.

-La finestra dello stanzino dove si trovavano gli armadietti del personale era aperta. Riconobbi subito le voci dell'infermiera haitiana e del supervisore. Lei diceva: «Non so come sia potuto succedere. E adesso? Cosa ne sarà di me? Trent, ti prego, tirami fuori da questo guaio!». Lui rispondeva: «Stavolta l'hai combinata più grossa che mai! Come hai fatto a commettere un così deplorevole errore? Comunque sta tranquilla, troverò il modo». Poi, alterandosi, aggiungeva: «Se mi avessi dato ascolto tempo fa, a quest'ora non ci troveremmo neanche qui! Immagina se al posto mio ci fosse stato uno degli altri medici! Non avrei potuto far nulla per te o comunque sarebbe stato molto più complicato». Lei continuava poi con un'affermazione priva di nesso, quantomeno in apparenza, con l'accaduto: «Ma Trent, tu sai che genere di vita è adatto a me e in California non potevi assicurarmelo» e subito dopo dovetti allontanarmi perché sentii il supervisore, forse temendo di essere osservato o ascoltato, avvicinarsi alla finestra. Quella conversazione mi aveva resa parecchio inquieta. Il mio istinto mi diceva di andare a svegliare Adriana e Nico, che già dormivano, ma a cosa sarebbe servito? Dirgli di lasciare l'Arcoiris a quell'ora tarda? Non avrebbero certo potuto raggiungere subito l'aeroporto, che si trova nella capitale. Come avrebbero fatto a spostarsi di notte senza mezzi di trasporto e per giunta in una zona pericolosa? Per non parlare del fatto che Adriana avrebbe reagito con la solita testardaggine. Ma ora mi pento di non averli avvertiti. Avrebbero potuto fare più attenzione nel custodire le loro chiavi. Perchè con quelle sono stati aperti gli armadietti, certamente dopo essere state rubate ai ragazzi. Non ne ho la certezza matematica, ma sospetto...sospetto fortemente...Alberta fece una pausa, visibilmente spossata. Lafayette la esortò a prendersi un momento di riposo, mentre controllava che il contenuto delle flebo fluisse correttamente. 

-Quando l'indomani ho visto portar via Nico dalla polizia civile, accusato assieme alla sorella di avere imprudentemente ucciso un paziente- continuò poco dopo la donna -ho capito subito cos'era successo. L'infermiera haitiana...

-Lo so, so tutto, non si sforzi ulteriormente per raccontarmelo e so anche come ha fatto il supervisore a ottenere le chiavi degli armadietti dei ragazzi per sottrarvi le quattro aspirine e riporle in quello della sua fidanzata. Signora Moreira, non poteva fare più di quanto ha fatto.

-Davvero? Quindi è stato proprio Trent McCallister a rubargliele?- chiese Alberta, allo stesso tempo sbalordita e sollevata. Ora per lei la vicenda aveva assunto toni più chiari e definiti. 

-Peccato però non essere riuscita ad ascoltare altro- si amareggiò subito dopo. -Ma alla fine ha poca importanza, dato che non ho prove contro Trent e Malinka e se lei si trova qui a conversare con me anziché fuori a risolvere il caso, vuol dire che non le ha neppure lei, signor Lafayette.

-Davvero perspicace- commentò il bibliotecario. -E' vero che non ho le prove, ma la conversazione che mi ha riferito, considerati tutti gli aspetti della vicenda, costituisce per me un indizio più che sufficiente per riuscire a ottenerle-. 


CAP. XXI parte quinta

L'anziano tacque un momento, per poi chiedere alla donna soltanto un'ultima informazione, a patto che però fosse breve e dunque non le costasse lo sforzo di parlare ancora a lungo. La vedeva visibilmente affaticata e avrebbe preferito risparmiarle lo sforzo di conversare, dato il precario stato di salute in cui si trovava. Sarebbe volentieri tornato  un altro giorno, quando si fosse rimessa almeno parzialmente in sesto, ma sfortunatamente non ve n'era il tempo. Per poterla aiutare concretamente era necessario agire subito. Augustus Lafayette sapeva che, una volta fosse riuscita a muovere i primi passi, l'avrebbero rispedita in cella senza permetterle di terminare la convalescenza in infermeria. La vita di un recluso era l'ultimo dei pensieri per l'amministrazione carceraria di un posto come La Floresta e al di fuori della capitale, poi, non le si attribuiva il minimo valore. L'infermeria veniva spesso usata come luogo di ritrovo per il personale sia sanitario che penitenziario, dunque si voleva tenere le uniche stanze pulite del carcere il più possibile vuote. Lafayette poteva, esercitando la sua influenza, permetterle di rimanere in infermeria per un buon lasso di tempo, ma non indefinitamente, qualora le sue indagini si fossero rivelate più estese del dovuto. Se Alberta Moreira fosse tornata in cella, non sarebbe sopravvissuta a una nuova aggressione, specie se ancora convalescente.

-Qual è il vero motivo che l'ha spinta ad autocalunniarsi? Non abbia timore che qualcuno, inclusi i due ragazzi, possa venire a conoscenza di questa nostra conversazione, perché non uscirà mai da queste quattro pareti.

In realtà Augustus Lafayette non aveva un gran bisogno di conoscere le motivazioni interiori che avevano spinto Alberta ad agire come aveva fatto, ai fini della risoluzione del caso, ma cercava di dare un senso a quell'intricata storia. Da grande conoscitore qual era dell'animo umano, sapeva per certo che finanche i più nobili sentimenti si rivelavano imperfetti. Non mancava mai di ricordare che l'essere umano, anche il più geniale tra tutti, era sempre stato limitato, sin dal fatidico giorno del peccato di Adamo e tale sarebbe rimasto sino alla fine del mondo che lui e i suoi contemporanei conoscevano. Inoltre le sue nuove e attuali conoscenze avevano risvegliato in lui antichi ricordi di un breve periodo vissuto proprio in Portogallo. Durante una missione che lo aveva portato nel paese lusitano, aveva conosciuto una giovane assistente sociale che era contravvenuta a mille regolamenti, pur di aiutare una mamma in gravi difficoltà. In quel momento i rampolli dei Mascarenhas dovevano essere appena nati e se non si fosse trattato di una mera coincidenza...comunque, la ragazza aveva poi rischiato di essere scoperta a causa di un banale e quantomai infelice e inopportuno intoppo, e allora si era trasferita in fretta e furia nel continente americano, appoggiata da un caro amico statunitense che le aveva offerto tutto il riparo possibile perchè l'amava. Quello che la giovane assistente sociale non arrivò mai a sapere, fu la parte che Augustus Lafayette aveva rappresentato affichè fosse libera dagli impicci burocratici che in ogni trasloco intercontinentale ordinario costringevano la gente comune a periodici rimpatri. E affichè eventuali indagini su di lei fossero sviate. Anzi, le circostanze esterne l'avevano indotta a credere che lui sarebbe stato l'aguzzino che l'avrebbe consegnata all'autorità giudiziaria e per giunta essendosi valso di sotterfugi meschini. Purtroppo non fu possibile chiarire la questione: il farlo avrebbe rappresentato ulteriori e più gravi rischi per la coinvolta. Ma gli bastò sapere che, lontano dal Portogallo, la ragazza fu a salvo da ogni pregiudizio e alla fine aveva sposato il suo fedele e devoto amico americano. 

Nonostante i toni rudi dell'anziano, Alberta aveva capito di avere a che fare con un uomo onesto e affidabile, per quanto misterioso. Comunque esitò, prima di rispondergli.

-Se lei mi farà un'altra piccola promessa, oltre a quella di tenere unicamente per sé ciò che sto per rivelarle, le dirò quel che vuol sapere.

-D'accordo. Cosa vuole che le prometta?

-Di tenere i ragazzi lontani da questo posto. Se mi vedessero in questo luogo e in questo stato, si struggerebbero dal dolore.

-Affare fatto.

Augustus Lafayette ascoltò allora una sorprendente verità che già intuiva.

-Adriana e Nico sono i miei figli.