Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese: cap. XVII

2019-07-16 01:35:56

Anche stavolta lascio da parte le altre storie (cosa che farò per ogni cap. di una certa lunghezza). Ci sarà abbastanza con il mistero svelato della dinamica che aveva portato nel cap. VII. a incriminare Adriana e Nico E' quest'ultimo a ricostruire il fattaccio. Ma altri misteri arriveranno...

CAP. XVII parte prima

-Se il caso non si risolve entro la data  riportata nel nostro biglietto di ritorno, tu prendi quell'aereo e te ne torni a casa, mentre io rimango.

-Che cosa? Senza Alberta e senza di te non vado da nessuna parte. E poi ricordi che tra due settimane non avremo comunque nessun posto dove dormire?

-Avresti dovuto pensarci prima.

Fratello e sorella, una volta soli nella loro stanzuccia, avevano iniziato a litigare. Era veramente raro che succedesse, di solito non bisticciavano mai. Ma ultimamente capitava piuttosto spesso.

-Puoi scordartelo, io non parto senza di voi.

-Tu e il tuo carattere ostinato e caparbio!- sbottò il ragazzo.-Se ora siamo senza un soldo lo dobbiamo alla tua inopportuna ingerenza e se stiamo vivendo tutta questa burrascosa vicenda è colpa del tuo ignorare i consigli di chi vede più lontano di te! Alberta mi aveva parlato, mi aveva raccontato perché ti spingeva a tornare a casa, ma tu non hai voluto darle ascolto e ora ci troviamo nei guai fino al collo. Alla fine aveva supplicato anche me di tornare in Portogallo, aveva la sensazione che sarebbe accaduto qualcosa di brutto. E aveva ragione!

-Ma anche se ce ne fossimo andati, il paziente sarebbe morto comunque- lamentò Adriana. 

-Certo che si, quella deficiente di Malinka non avrebbe mancato di scambiare un farmaco per un altro, nè di somministrare al tenente Rios dosaggi da stendere un cavallo, con o senza la nostra presenza. Perché lo avrai capito anche tu com'è andata tutta la faccenda, è fuori d'ogni ragionevole dubbio che l'abbia ammazzato lei. Ma non è quello il punto. Senza di noi Trent non avrebbe avuto davanti a sé due polli da spennare per levare dagli impicci giudiziari quella cretina della sua ragazza.

Adriana si alterò visibilmente. -Che c'entra Trent in questa storia e perché te la prendi con lui? La scena di qualche ora fa non l'ho gradita per niente. E poi Malinka non è la sua ragazza- aggiunse infine, con un sussulto.

-Questo è quanto credi tu, sorellina! Apri gli occhi per l'amor del cielo e cerca di essere meno ingenua! La scena che lamenti, ok, ammetto di avere agito d'impulso, cosa che come ben sai non sono solito fare, ma volevo soltanto proteggerti. Non ti rendi conto di come ti ha usata? Non l'hai ancora capito che è stato lui ad aprire i nostri armadietti e con le nostre chiavi? 

Adriana lo fissò sbalordita. -Che dici?

-Hai fatto come ti ho detto, stamattina? Hai guardato nella tasca del tuo camice per vedere se c'era la chiave? Scommetto che non c'era.

-No, infatti, ma non ho idea di come sia sparita. Il mio camice si trovava nel mio armadio dello spogliatoio degli infermieri. Che si chiude a chiave tanto quanto l'armadietto dei farmaci e dunque nessuno avrebbe potuto prender nulla.

-Ma ricordi almeno se la chiave era al suo posto, prima che ci arrestassero? Quando ancora lo indossavi?

Con una fitta di dolore Adriana ricordò i momenti precedenti il suo arresto. I bei momenti che aveva trascorso insieme a Trent si erano trasformati nel peggiore degli incubi. Tuttavia mantenne il controllo e rispose al fratello. -Nico, mettere la chiave in tasca e riprenderla era diventato un gesto talmente abituale che non stavo lì a controllare il camice in continuazione.

-E non l'hai data a nessuno, giusto?

-Certo che no.

-Bene, perché ora ti racconto come Trent ha fatto a impadronirsi della mia-. Adriana stava per protestare, ma Nico la fermò. -Abbi la pazienza di lasciarmi finire. Non ricordi quella macchia di caffè sul mio camice? 

Oramai non c'era neanche il modo di dimenticarsene, neanche volendo, di quella macchia.


CAP. XVII parte seconda

-Allora, la mattina che ci hanno arrestati, Trent mi aveva mandato in magazzino a fare l'inventario di tutte le confezioni di siero per i pazienti con la dengue, assieme al magazziniere. E ci aveva cambiato il turno. Io e Franco eravamo a metà del lavoro, quando Trent arrivò di corsa per chiedere, suppostamente, a che punto fossimo. Aveva un bicchiere di caffè in mano, e in apparenza distratto, me lo rovesciò addosso.

-Sarà stato un...-. Non poté continuare, perché Nico l'interruppe.-Un incidente?- gridò seccato. -Lui si scusava che gli era sfuggito dalle mani e aveva cercato di ripulirmi con un fazzoletto. A nulla erano valse le mie proteste di lasciar stare. Ora, sappiamo entrambi che Trent è tutt'altro che un uomo maldestro. E che una macchia di caffè non scompare strofinandole sopra un panno. E' così che mi ha sottratto la chiave, nel falso tentativo di ripulirmi, infilandomi una mano in tasca senza che me ne accorgessi. E poi perchè venire in magazzino a chiedere a che punto fosse l'inventario? Una volta terminato, gli avremmo portato il resoconto. Quell'attività al seminterrato era soltanto una scusa per derubarmi della chiave, per sbarazzarsi di me, perchè senz'altro immaginava che se avesse fatto ricadere la colpa soltanto su di te gli avrei creato non pochi fastidi. L'inventario in magazzino spetta per prassi unicamente al magazziniere, non a un'infermiere professionale! O non lo sai come si lavora al Centro? E' l'unica risposta possibile al quesito dell'apertura del mio armadietto senza essere stato scassinato. La chiave fino a quel momento l'avevo avuta in tasca, ma al momento del'arresto non più. 

-Nico, forse Trent davvero non l'ha fatto apposta- .Adriana cercò ancora una volta di difendere il suo amato, ma con meno convinzione di prima. Suo fratello se ne avvide.

-Adesso, so che si sarebbe trattato di un debolissimo indizio per scagionarci, ma speravo che con l'aiuto di un buon avvocato e la testimonianza del magazziniere, che aveva assistito alla scena, almeno un passo avanti si facesse. Ora non è più possibile. Mentre eravamo ricoverati il mio camice è stato lavato e smacchiato. E dato l'atteggiamento di Franco di stamattina, è impensabile che si prenda la briga di far da testimone a nostro favore. O di Alberta. Spero solo che il contatto di Robert ci dia una via d'uscita, dato che non abbiamo più niente in mano. Almeno ti rendi conto che Malinka non possiede il seppur minimo barlume di scaltrezza per architettare un piano abbastanza geniale da togliersi le castagne dal fuoco, facendo ricadere la colpa dei suoi atti su malcapitati estranei? Tutte le volte che scambiava un farmaco con l'altro non se ne accorgeva per conto proprio, mai, eravamo sempre io e te a dover rimediare. Dunque anche stavolta qualcun altro lo ha fatto per lei. E credi che chiunque dei nostri colleghi o superiori che non fosse Trent l'avrebbe coperta? Ne converrai anche tu, dopotutto sei una ragazza intelligente.



CAP. XVII parte terza

Adriana si vide costretta ad ammetterlo, anche se molto a malincuore. Dopotutto sapeva benissimo che Malinka non era nè scaltra né lungimirante. Era una ragazza ottusa e frivola, una civetta che non smetteva di frignare per la mancanza dei suoi numerosi belletti, dato che all'Arcoiris si doveva arrivare con un bagaglio leggero, essenziale e minimalista. Non aveva certo la capacità di montare un alibi perfetto. Davvero, come sarebbe riuscita da sola a fare ricadere la colpa su due colleghi estranei ai fatti, uscendone perfettamente pulita? Suo fratello aveva poi ragione a constatare che non si avvedeva di scambiare i farmaci uno con l'altro: quante volte non aveva testimoniato a tali incresciosi episodi personalmente? Se fosse stata un tanto intelligente non avrebbe innanzi tutto mai confuso un'aspirina con il paracetamolo, nè utilizzato dosi farmaceutiche da cavallo su qualsivoglia paziente, uccidendo alla fine il tenente Rios per un banalissimo errore. Come aveva fatto a non pensarci prima? Ma quest'amara consapevolezza non poteva paragonarsi all'indicibile sofferenza che ora provava nel capire come Trent, il suo amore, era riuscito a sottrarle la chiave dalla tasca del camice. Nico non si sbagliava, tutto combaciava. Avrebbe dovuto ascoltare chi davvero l'amava. Ricordava di come quella fatidica mattina Trent fosse a pezzi. Era stato sveglio tutta la notte, sicuramente per escogitare un piano, improvvisando un cambio di turni e una scusa per allontanare dall'infermeria lei e Nico, mandando quest'ultimo in magazzino e lei...non c'era neppure bisogno di ricordare dove. Questo gli aveva dato il modo e il tempo sufficienti per agire indisturbato armeggiando nei loro armadietti e sottrarre il numero di aspirine corrispondente a quello usato sbadatamente da Malinka. E le aveva poste nell'armadietto della donna che amava davvero. Quel bacio che l'aveva mandata in estasi aveva secondi fini abietti...la sottrazione della chiave. Certo, mentre lei fluttuava nel settimo cielo non si accorgeva che Trent nel frattempo le stava  sfilando la chiave dalla tasca del camice. Adriana non sapeva se fosse peggiore il dolore della disillusione o la vergogna per aver donato il suo cuore e una sconfinata fiducia a qualcuno che non aveva fatto altro se non usarla nella maniera più meschina possibile. E come se non bastasse, ora si sentiva terribilmente colpevole perché Alberta stava pagando il prezzo della sua ostinazione e caparbietà. Perchè non l'aveva ascoltata? Suo fratello aveva ragione quando le dava dell'ingenua. Senza l'abnegazione della tata, in quel momento a scontare la pena insieme a lei ci sarebbe stato comunque un altro incolpevole, il gemello. Non riuscì a trattenere le lacrime.

Nico capì che Adriana si era resa finalmente conto di chi fosse davvero Trent McCallister. Comprendeva bene il suo dolore e avrebbe voluto risparmiarglielo, se solo avesse potuto. Non le chiese neppure come l'uomo che amava avesse fatto a rubarle la chiave dell'armadietto, perché immaginava perfettamente di quali mezzi si fosse servito per arrivarci. E ora non potevano contare su alcuna prova né indizio in grado di scagionare Alberta. Trent era stato davvero abile come criminale, tanto quanto lo era come medico. 

Data la situazione ingarbugliatissima, che appariva senza via d'uscita, non immaginavano come il contatto di Héctor e Robert potesse risolvere il caso. E allora fecero l'unica cosa possibile in quel momento: s'inginocchiarono e si misero a pregare, come d'altronde facevano ogni sera prima di andare a dormire e ogni mattina quando si svegliavano. Glielo aveva insegnato Alberta.