Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese: cap. XLVI

2020-01-22 00:21:26

Signore e signori, come promesso, oggi saprete chi è veramente Augustus Lafayette, suppostamente umile bibliotecario di un'ancor più umile cittadina. Ma che strana destinazione, quella del suo treno, che brilla in caratteri cubitali in una piovosa nottata. Che sarà mai? Lo scoprirete leggendo.

CAP. XLVI parte prima

La felicità di ritrovarsi fu indescrivibile, anche se l'entusiasmo di Nico era smorzato perché la vera colpevole della morte del tenente Rios era libera da ogni coinvolgimento e si avviava verso una nuova vita, felice, senza pensieri e senza la benchè minima traccia di rimorso. E per giunta con l'uomo che sua sorella, ne era certo, ancora amava.

-Non voglio sembrare pretestuoso, in fin dei conti in quella locanda Trent ha corso rischi per difendere mia sorella. Se non fosse arrivato lei per tempo, signor Lafayette...

-Al bando i convenevoli- l'interruppe l'anziano con il suo solito intercalare.

-Di cosa stai parlando, Nico? s'interessò subito Alberta.

-Glielo racconteranno con calma i ragazzi- preferì tagliar corto Augustus Lafayette.

-Ora come ora posso soltanto accennarle che Trent McCallster, alla fine, non è l'uomo infido che appare...non del tutto, o per meglio dire, non più.

-A quanto pare no-. Alberta si fece pensierosa.

-L'aver poi fatto uscire dosi consistenti di farmaci dal Centro Arcoiris non gli sarà stato certo facile, nè costato poco. E ha dato a noi tutta la sua scorta.  Ma mi sembra incredibile che si sia volutamente autoaccusato della morte di un paziente senza necessità. Cosa pretendeva, di salvare l'onore della sua bella, dato che non possono arrestare Malinka oltremare? Anche se nessuno di noi le porta rancore, non mi sembra proprio giusto- si rammaricò Nico.

-E tutto per una donna che non si merita neppure di essere guardata in faccia, avendolo perfino ingannato sulla laurea in infermieristica, cosa che ora tutti noi sappiamo! - lamentò Adriana. -Ha ucciso un paziente per una sciocchezza che neppure la donna delle pulizie avrebbe commesso e non è affatto pentita, come invece lui...- Non riuscì a terminare la frase, lacrime di tristezza le affiorarono in volto. Alla fine, non era colpa di Trent se il tenente Francisco Rios era morto. Anche se si era imposta di dimenticarlo, non era affato facile.

In altre occasioni, Alberta li avrebbe rimproverati per aver montato un melodramma davanti a un conoscente, un amico, specie un uomo autorevole e distinto come il signor Lafayette. Avrebbero dovuto risparmiargli quei piagnistei e mantenere un atteggiamento pacato, per il rispetto e la gratitudine che gli dovevano. Ma stavolta tacque, comprensiva. I suoi figlioli erano davvero troppo provati, non poteva aspettarsi da loro la perenne compostezza in cui li aveva allevati. 

-L'amore non è meritocratico, dovremmo tutti saperlo, a quest'altezza- rispose Lafayette con fare insolitamente comprensivo. -Ma ragazzi, ascoltate bene le parole di un vecchio volpone. Un sentimento infermiccio che lega un uomo come Trent McCallister a una ragazza come la signorina Devereaux, non può essere amore autentico. Quando uno dei due partner permette all'altro di schiavizzarlo, non ne risulta mai una relazione sana e matura. E credetemi, nessuno che si pieghi a una vita all'insegna della schiavitù potrà mai essere davvero felice o quantomeno sereno. Vivrà sempre nella paura di perdere la persona che sta idolatrando. Il vero amore, cari ragazzi, non è un sentimento. Quantomeno non del tutto, per meglio dire. E' un'attitudine che va coltivata giorno dopo giorno. Non è egoistico e neppure altruistico al punto d'annichilire una persona. E non si regge per le apparenze, neppure di una mal supposta bontà.

Ma Trent sembrava l'uomo perfetto. Comunque, né Adriana, né Nico e neppure Alberta capirono che il bibliotecario, in ultimo, si stava riferendo anche e soprattutto a qualcun altro.

-Ha ragione, signor Lafayette. Faremo come dice lei.

-Mia sorella adesso deve dedicarsi alla nuova vita che avrà davanti. E così pure noi- affermò Nico.

-Sono d'accordo. Anche se purtroppo è necessario che legga questa-. L'anziano infilò una mano nello zaino di tela di juta che aveva portato con sé durante il viaggio in auto e tirò fuori una

busta con la lettera che Trent gli aveva consegnato.

-Il dottor McCallister me l'ha data per lei subito dopo il torneo internazionale di scacchi. Gliela consegno unicamente per il mio senso di correttezza. Ma la prego, una volta letta, dimentichi una volta per tutte il suo autore. La veda unicamente come un addio, nulla di più. Ricordi quanto ho appena detto. Me lo promette?

Adriana prese meccanicamente la lettera. -Si, signor Lafayette.

-Se vuole leggerla nella tranquillità della sua stanza, faccia pure. Si senta libera.

-Nico...

Il fratello capì. -Con pemesso- si accomiatò educatamente e la seguì nella stanzetta che da allora sarebbe divenuta il loro rifugio e dormitorio, mentre un velo di preoccupazione cadeva sul volto di Alberta. 

CAP. XLVI parte seconda

Il bibliotecario se ne avvide.

-Stia tranquilla. I suoi ragazzi sono pronti per la loro nuova vita. Questa esperienza li ha maturati parecchio. Vedrà che la signorina non si lascerà abbattere dal contenuto di una lettera. Oramai è forte abbastanza da non idealizzare più né il dottor McCallister né nessun altro uomo. Forse verserà qualche lacrimuccia, ma passerà.  E con il tempo lo dimenticherà del tutto.

-Signor Lafayette, lei ha ragione, ma...non so...anche se i ragazzi sono i miei figli- aggiunse sommessamente, per timore di esser da loro udita -non avrei il diritto di leggere la loro corrispondenza, ma...lei perdonerà la mia indiscrezione...devo confessare che sin da quando erano piccoli, molte delle lettere che a loro giungevano, fossero cartacee o elettroniche, passavano previamente per le mie mani. Ovviamente con il benestare dei signori Mascarenhas. 

-Signora Moreira, non si senta indiscreta per aver voluto proteggere i suoi ragazzi. Durante gran parte della mia vita, a beneficio del mio prossimo più indifeso e bisognoso dovetti andare ben al di là dell'aprire la corrispondenza altrui. 

Alberta si sentì alleviata. Ma il contenuto di quella lettera che disconosceva la metteva in ansia.

-Signor Lafayette, la prego, se lei, date le circostanze, ovviamente... 

-Intendo. Bene, Trent McCallister chiede perdono. E spiega le motivazioni che l'hanno spinto ad agire come ha fatto. Si mostra sinceramente pentito e addolorato, assicurando che vorrebbe rimediare, se solo potesse. Quello che poteva risparmiarsi è stato però l'entrare troppo nei dettagli. Alla signorina non farà certo piacere leggere quanto lui sia innamorato di Malinka Devereaux, al punto da essersi abbassato a commettere crimini per lei. Ciononostante, certe affermazioni e l'intero tono della lettera mi fanno pensare...

-A cosa?- Chiese la donna con vivo interesse.

-Oh, nulla, non mi dia retta. Un vecchio topo da biblioteca come me trova sempre qualcosa a cui pensare, anche se trascurabile.

-Signor Lafayette, lei è molto, molto più di un semplice bibliotecario-. Subito dopo, temendo di essere stata indiscreta, si affrettò ad aggiungere: -Mi perdoni, la prego, non era mia intenzione...

Augustus Lafayette fece un cenno con la mano che stava a significare di non essere affatto offeso.

Era davvero raro, principalmente per via degli incarichi svolti, che concedesse la benchè minima fiducia al prossimo, ma stavolta era di diverso avviso, si trattava proprio di una di tali sporadiche occasioni. Inoltre, qualcosa gli diceva che i rapporti con quella bella famigliola non si sarebbero affatto interrotti a vicenda conclusa, essendo peraltro suoi fratelli di fede.


CAP. XLVI parte terza

-Signora Moreira, lei è una donna davvero intelligente. Non è certo la prima a sospettare che io sono tutto tranne un bibliotecario. Ma al contrario di molti altri, lei è davvero  degna di fiducia. Oramai so con certezza che la mia in lei e nei suoi ragazzi è ben riposta e sono fiero di considerarvi amici. Inoltre condividete i miei stessi valori e la mia stessa fede. Anche se ora svolgo la funzione di bibliotecario, non significa che la mia esistenza sia cominciata né finirà in una biblioteca. Vede, in questo posto in cui niente è come sembra, neanche io sono quello che appaio a tutti. Iniziai la mia vita lavorativa come militare a Parigi, avanzando di grado con il trascorrere del tempo e poi passando alle guardie municipali. Una laurea e un dottorato in scienze strategiche mi aiutarono in seguito a ottenere incarichi in settori chiave. Anche se so di per certo che in un sistema corrotto, dove la meritocrazia è retaggio di un remoto passato e appannaggio di qualche sparuto popolo dal grande senso civico, non certo universalmente condiviso, fu la raccomandazione di Qualcuno lassù a farmici arrivare. Per farla breve, la mia carriera nelle forze armate non si limitò alla Francia e alla fine mi portò a occupare un incarico ai vertici della nuova intelligence americana, la N.A.I, che da poco ha compiuto il centenario. Non starò a raccontare ogni dettaglio. Le basti sapere che il mio proposito era aiutare e difendere il mio prossimo in necessità. E per molto tempo, nell'organizzazione fu davvero così. La nostra attività principale consisteva nella lotta al crimine a livello internazionale, proteggendo i cittadini di questo e quello Stato, soprattutto i più carenti, quelli di cui nessuno si curava, e offrire loro un ambiente migliore, più giusto, più equo. Ma poi, con il passare del tempo e in maniera sempre più subdola, l'atteggiamento di svariati agenti e ufficiali andò cambiando. Iniziarono a commettere le stesse bassezze di chi suppostamente dovevamo combattere e fare arrestare. Dicevano che il fine giustifica qualunque mezzo. Provai, insieme agli ufficiali onesti e agli altri superiori, a riportare l'organizzazione ai sani principi che le avevano dato vita, noi ai vertici cercammo in ogni modo di far valere la nostra autorità e spingendo per l'arresto dei membri corrotti, ma invano. Eravamo in minoranza. Il veleno della contaminazione aveva messo radici. Scoprii con orrore che la N.A.I., a insaputa di noi capi di Stato Maggiore, stava cominciando perfino a mietere ignare vittime la cui unica colpa era quella di costituire un intralcio, peraltro assolutamente involontario, al raggiungimento degli scopi dell'intelligence, oppure ancor più banalmente, quella di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. In contemporanea, accadde che un brutto giorno ricevetti inaspettatamente una raccomandazione, peraltro da un sottoposto, in cui mi veniva comunicato che dovevo uccidere una persona per il bene della N.A.I. Alla fine non potei fare altro se non abbandonare l'organizzazione, assieme al mio colonnello, al mio generale e altri ufficiali e agenti puliti. Ma nel frattempo mi ero guadagnato amicizie potenti e una reputazione non indifferente tra le alte sfere a livello governativo, delle forze dell'ordine civili e federali e militari,  che per svariate ragioni che non starò a raccontare, altrimenti sarei lungo quanto la Divina Commedia, mi portarono qui. Dove svolgo, è vero, la funzione di bibliotecario, ma non solo. Mentre il mio colonnello e il mio generale muovono i fili per tentare di riportare la NAI alla gloria di un tempo, come capitano mi trovo a occupare uno studio che di fatto è la centrale operativa per la risoluzione di questioni ben più rilevanti del mandare avanti una biblioteca. Non posso rivelare di più, ho detto anche troppo. Ora devo proprio lasciarla, augurando ogni bene a lei e ai suoi ragazzi.

Alberta si era resa conto che quell'uomo apparentemente burbero e scostante le aveva mostrato una grande fiducia, troppa, come forse aveva mai fatto con pochi durante un'intera vita. Mai l'avrebbe tradita. Non avrebbe raccontato nulla di quanto appena ascoltato neppure ai suoi cari figlioli. Certe parole dovevano essere ripetute il meno possibile. Era l'inizio di una grande amicizia, di quelle che durano per sempre.