Giusy Gil Mammana Parisi

Il bibliotecario francese: cap. XLIII

2019-12-27 02:01:54

Scacchi frattali...signore e signori, ecco e voi il tanto atteso torneo internazionale del nobilgiuoco della capitale di La Floresta! Come finirà? Lo scoprirete leggendo. Troverete inoltre terminologia scacchistica, che comunque non inciderà sulla comprensibilità della lettura.

CAP. XLIII parte prima

La Copa, capitale di La Floresta. Il nome della città era una delle poche cose a ricordare che cinquant'anni prima vi si erano svolti gli ultimi mondiali di calcio. Uno sport oramai praticato solo in forma amatoriale nel nord Europa, mentre gli scacchi avevano sostituito a livello internazionale il gioco del pallone. Tanto si dovette alle conseguenze della Grande Depressione. Una misura che i governi mondiali avevano escogitato per risparmiare denaro pubblico, era stato il mettere fine a un buon numero di eventi sportivi e culturali. E così, poco alla volta erano sparite le mostre d'arte e i musei e i siti storici vennero chiusi definitivamente perché mancavano i fondi per manutenzione e ristrutturazioni. Anche lo sviluppo della tecnologia aveva subito una forte frenata. Il gioco del calcio fu l'ultimo evento a scomparire. I libri di storia riportavano che quando ciò avvenne, in Italia era stata organizzata la prima e ultima serrata del paese. Una protesta generale e significativa in quella che i libri definivano la patria del calcio da secoli. Ma non ci fu nulla da fare: oramai continuare a organizzare partite di calcio era divenuto finanziariamente impossibile. L'unica via d'uscita per poter mantenere lo sport preferito dagli italiani rappresentava la drastica riduzione dello stipendio, peraltro molto cospicuo, di calciatori e commissari tecnici. Avrebbero guadagnato poco più di un operaio e ovviamente gli interessati rifiutarono tale proposta. Tra i pochi sport praticati a livello internazionale rimasero allora gli scacchi, in genere preferiti dai ricchi, soprattutto coloro che si disponevano a finanziarne le Olimpiadi e i tornei internazionali. I grandi stadi di calcio venivano oramai utilizzati per lo svolgimento degli eventi scacchistici.  

Il giorno del torneo internazionale di La Copa, le autorità amministrative erano in fermento tanto quanto i giocatori, pensando al denaro che sarebbe entrato nel paese grazie all'evento. La maggior parte dei partecipanti e degli spettatori erano ricchi stranieri che avevano preso alloggio nel ridotto numero di hotel della capitale di La Floresta. Le strutture alberghiere avevano quindi registrato il pieno per l'importante occasione. Gli esercizi commerciali si erano adeguati all'evento già alcune settimane prima che si svolgesse, esponendo abbigliamento e oggettistica a tema. 

I giocatori si preparavano, facendo il possibile per esercitare la virtù della calma, dote fondamentale per ogni grande scacchista. Tutti erano in qualche misura su di giri, ma nessuno era più trepidante del professor Archibald Podger, ansioso di fregiarsi dell'ennesima vittoria. Ma una cupa ombra smorzava il suo entusiasmo, quando gli tornavano in mente le sconfitte subite a tavolino contro Augustus Lafayette. Tuttavia era sicuro di portarsi a casa il primato in quel torneo, senza peraltro sfigurare. Nessuno sapeva di quelle sue perdite, avvenute in sede privata. Nessuno, tranne Trent. E il bibliotecario, ovviamente. Il professore non sapeva chi dei due in quel momento detestasse di più.


CAP. XLIII parte seconda

 Le prime partite si svolsero in modo abbastanza lineare, né troppo lunghe, né troppo corte. Il maestro di scuola di Habanita, che stava partecipando al suo primo torneo internazionale, riportò una vittoria contro un avversario tedesco. Quale non fu la sua felicità! Ovviamente non si aspettava di vincere contro svariati giocatori titolati, ma per un umile abitante di un'ancora più umile e  sperduta cittadina dell'America centrale, vincere anche una sola partita in un torneo internazionale era come portarsi a casa il primo premio. Ne vinse due in tutto, la seconda contro un giocatore libanese. Poi ci fu una patta con un coreano e il maestro di scuola fu pienamente soddisfatto. La sua partecipazione al torneo aveva dato lustro ad Habanita ben al di là di qualunque aspettativa. Quando perdette le altre partite non se ne ebbe affatto a male, la sua espressione continuò allegra. Aveva guardato con ammirazione qualunque giocatore avesse avuto davanti, sia nelle vittorie che nelle sconfitte che nella patta. Dall'alto della sua sistemazione allo stadio, Augustus Lafayette sorrise: era contento di come fosse andata la partecipazione dell'insegnante, quelle due vittorie e la patta erano meritate. Ed essendo il presidente dell'associazione scacchistica una sua conoscenza, pensò di contattarlo affinché proponesse un articolo dedicato al volenteroso e sportivo maestro di scuola di Habanita ai giornalisti che avrebbero steso il resoconto dell'evento. Nel frattempo il torneo volgeva alle partite finali e man mano che passava il tempo, le tribune si facevano sempre più silenziose. Tutti aspettavano ansiosamente la partita più eclatante, quella tra i due finalisti. I più grandi intenditori già intuivano chi ne avrebbe occupato il posto. Il Grande Maestro Internazionale Archibald Podger e il Maestro Fide Trent McCallister erano sul punto di battere i loro avversari di turno, prima di incontrarsi nell'ultima grande partita che avrebbe deciso le sorti del torneo.

Quando furono uno davanti all'altro, non si sentì volare una mosca. Archibald Podger era un giocatore che utilizzava uno stile aggressivo: trascinava sempre l'avversario di turno in un tipo di mediogioco che prevedeva l'eliminazione di parecchi pezzi, per poi sferrare l'attacco decisivo in un finale spettacolare. Era uno stratega delle aperture e del mediogioco e un tattico dei finali. Ma Augustus Lafayette combinava entrambe le caratteristiche in qualunque fase della partita. Sapeva essere sia aggressivo che posizionale a seconda delle circostanze del gioco e la tecnica di Podger non si era rivelata affatto un mistero per lui, sin da quando lo aveva visto giocare per la prima volta. Sapeva come inchiodarlo sia quando c'erano ancora troppi pezzi nella scacchiera che quando erano decimati e aveva insegnato a Trent a fare altrettanto. Il grande Archibald Podger si trovò dunque in una certa difficoltà nel mediogioco posizionale, era il suo unico punto debole nel gioco degli scacchi. Debolezza che in quell'occasione a La Copa lo fece arrivare secondo al torneo. 


CAP. XLIII parte terza

Il professore si alzò, livido di rabbia. Augustus Lafayette percepiva il suo stato d'animo sin dal suo posto in tribuna in ultima fila, accanto alla scalinata che portava direttamente all'imbocco dell'arena. 

Il vincitore e il professore presero posto sul podio. Il primo si era guadagnato il titolo di Maestro Internazionale con quella vittoria. Archibald Podger non aveva perso il suo, data la durata indefinita dei titoli scacchistici, ma il secondo posto gli stava stretto. Molto stretto. Per tal motivo confezionò una scusa, quella di essere atteso senza indugi al presidio sanitario dove svolgeva il compito di direttore, per non partecipare al rinfresco che gli organizzatori dell'evento avevano allestito. Mentre lasciava lo stadio, dando una fugace occhiata in tribuna scorse Augustus Lafayette. Il professore si fermò di colpo, lanciandogli uno sguardo pieno d'ira e di odio. Aveva capito che la vittoria di Trent McCallister era opera del bibliotecario. Certo, il motivo di tale elargizione di favori nei riguardi dell'internista californiano, a cui Lafayette non doveva proprio nulla, essendo stato presumibilmente un perfetto sconosciuto prima del suo secondo ingresso al presidio sanitario di Habanita, doveva riguardare le indagini che quell'impiegatuccio aveva svolto all'Arcoiris. Uno scambio di favori, sicuro. Lui aveva dato qualcosa a McCallister in cambio della risoluzione del penoso caso che aveva portato all'arresto prima dei fratelli Mascarenhas e poi di Alberta Moreira. Quindi il medico internista era coinvolto in qualcosa di losco che doveva venire alla luce. Il pomposo Podger era intelligente abbastanza da arrivarci, ma non gli importava nulla delle motivazioni che avevano spinto il bibliotecario ad agire come aveva fatto. Il professore per la prima volta in vita sua era arrivato secondo, circostanza per lui inaccettabile e inammissibile. Non avrebbe mai perdonato una simile offesa. Né ad Augustus Lafayette nè a Trent. Peccato che oramai quest'ultimo avesse già in mano il certificato di conclusione del periodo di volontariato. Si trovasse ancora in direzione sanitaria, Podger si sarebbe volentieri inventato qualche cavillo burocratico per creare noie da non poco al medico californiano. 

Mentre si allontanava dallo stadio, il suo animo meditava vendetta.