Francesco Verdi

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Francesco Verdi

In Europa si stima che entro il 2025 la sharing economy sfiorerà i 570 miliardi di euro e solo in Italia potrà valere fino al 1,3% del PIL. Secondo uno studio di “PwC”, in Europa dal 2015 si è assistito a una forte diffusione delle imprese che operano nella sharing economy e, considerando i cinque principali settori – finanza collaborativa, alloggi tra privati, trasporti tra privati, servizi domestici a richiesta e servizi professionali a richiesta –, questo mercato vale 28 miliardi di euro. Una cifra destinata a sfiorare i 570 miliardi di euro entro il 2025. Si prevede, inoltre, che i ricavi maturati dalle piattaforme nei cinque settori chiave potrebbero raggiungere 83 miliardi di euro rispetto ai soli 4 miliardi di euro del 2017. I veri protagonisti di questa crescita saranno le piattaforme di condivisione dei servizi di trasporto che rappresenteranno nel 2025 il 40% del mercato. I servizi di sharing trasportation sono forse l’esempio migliore per comprendere l’impatto di questi nuovi business sul mercato tradizionale: il car sharing, infatti, sta contribuendo a ridisegnare il volto del noleggio auto. Entro il 2025 è prevista, inoltre, la rapida diffusione ed espansione dei servizi on demand legati alla casa, i cui ricavi aumenteranno del 50%, sorpassando le piattaforme di home sharing. LA SHARING ECONOMY IN ITALIA Nel panorama europeo l’Italia fa ancora fatica a trarre completo beneficio dalla sharing economy. Una ricerca commissionata da “PHD Italia” e condotta nel giugno 2016 dall’Università degli Studi di Pavia afferma che nel 2015 questo mercato ha generato un giro d’affari pari a 3,5 miliardi di euro e tra 10 anni potrebbe valere fino a 25 miliardi. È evidente, quindi, il ruolo ormai rilevante che ha l’economia della condivisione sugli stili di vita e i consumi degli italiani, ma allo stesso tempo è importante considerare i limiti esistenti che frenano una rapida diffusione di questi nuovi servizi. L’Italia è, infatti, tra i paesi europei con maggior ritardo nel processo di digitalizzazione dell’economia e della società. Un dato, questo, confermato dal Digital Economy and Society Index 2016 (Dise), indice sviluppato dalla Commissione Europea per misurare il grado di diffusione del digitale nei paesi Ue, che confina l’Italia alla 25esima posizione tra i 28 Paesi dell’Unione europea. Nel nostro Paese sono soprattutto i Millennial ad utilizzare i servizi di sharing economy: i giovani che appartengono ad una fascia d’eta compresa tra i 18 e i 34 anni hanno, infatti, sviluppato una cultura della condivisione e dell’accesso ai beni e ai servizi più che al possesso di questi ultimi; inoltre, a causa della crisi e dei tanti cambiamenti sociali sono diventati più attenti al risparmio e alla convenienza. Per questo motivo tra i giovani servizi come quelli dell’home sharing o del car sharing trovano meno resistenza e si diffondono più facilmente. Le tecnologie e il digitale rendono più semplice ed economico trovare modi per condividere risorse, connettere persone, condividere oggetti o accedere a piattaforme di sharing già attive. La sharing economy per crescere realmente e affermarsi come digital disruption necessita, però, di diffondersi tra tutte le fasce d’età. In Italia, infatti, il coinvolgimento degli over 34 nel target di riferimento della sharing economy porterebbe ad un mercato con valore tra lo 0,7% e l’1,3% del PIL nel 2025. Una proiezione ottimistica che sottolinea come l’innovazione e il digitale possano essere un volano per l’economia italiana.

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