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Se io non sono per me, chi è per me? E quando io sono solamente per me stesso, cosa sono io? E se non ora, quando?"

2019-06-01 20:30:25

Questa citazione a me particolarmente cara, non a caso stamane l'ha condivisa nel suo diario proprio un'amico Fraterno da anni divenuto ormai faro e Maestro...

"Se io non sono per me, chi è per me? E quando io sono solamente per me stesso, cosa sono io?



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Questa citazione a me particolarmente cara, non a caso stamane l'ha condivisa nel suo diario proprio un'amico Fraterno da anni divenuto ormai faro e Maestro sempre importante e prezioso.
È tratta da una raccolta di insegnamenti rabbinici inseriti nel primo codice complessivo di norme, la Mishnah, riportata in forma scritta nel III secolo a partire da una base orale precedente. L’insegnamento citato è a nome di un certo Hillel, maestro vissuto a cavallo tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C., figura importante e di prima grandezza della tradizione normativa rabbinica. Era conosciuto per la sua tolleranza e per la sua disponibilità, testimoniate da diversi episodi riportati dalla letteratura talmudica. Il suo insegnamento pare di grande interesse anche per Noi in questi tempi nostri così travagliati, perché parla ad ogni individuo, ad ogni io, e propone alcuni sintetici suggerimenti per la costruzione dell’identità. L'affermazione di partenza è un invito a concentrarsi su se stessi: se non ci si cura, se non ci si costruisce come io, nessun altro potrà svolgere fino in fondo questo compito. Il primo movimento dell’uomo sembra dover essere verso il centro. Occorre scendere nel profondo del proprio sé per potersi strutturare. Interessante è tenere presente che in ebraico il verbo essere al presente non esiste e che per esprimerne il concetto è necessario il ricorso al dativo di possesso; la frase, dunque, dovrebbe essere resa, letteralmente, "Se io non ho me stesso, chi ha me stesso?" che, a prima vista sembra nasconde il pericolo di fondo di chi non avendo un io solido rischia di diventare preda di altri io. Se la concentrazione sul sé è di prima importanza, non è però sufficiente; è possibile dire che chi si ferma a questo punto ha compiuto molto meno della metà dell’opera. E’ necessario passare alla dimensione relazionale, per non restare cosa, invece che persona. Anche in questo caso ho letto che è d’aiuto il ricorso all’ebraico: "solamente per me stesso" è espresso da un termine la cui radice contiene anche il significato di osso. Chi è in relazione esclusivamente con il suo sé è in relazione con la parte più "secca", anche se importante, dell’essere: ecco perché rischia di divenire oggetto. Ed infine: questi due momenti/movimenti, verso l’interno e verso l’esterno, in direzione di sé e degli altri, non possono essere rinviati ad altro tempo, perché altro tempo non vi è. Per Hillel questi sono i compiti primari dell’uomo: sapere chi è e collocarsi all’interno di una rete di relazioni.
CARLO PILI

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