Elvino Miali Psicoterapeuta

Percorsi per cambiare

Capire l'ansia

2019-11-14 07:18:22

Chi soffre di disturbi d’ansia vive con una sensazione addosso quasi costante che qualcosa di brutto stia per accadere. Una sensazione di allarme continuo.

Quando cerco di spiegare ai miei pazienti l’ansia (che loro conoscono benissimo ma di cui si chiedono l’origine e il perché non riescono a combatterla), utilizzo delle metafore.


Una di queste è di essere affetti dalla sindrome della sentinella. Invito ad immaginare che dentro di loro ci sia una specie di sentinella costantemente attenta a che non arrivi il nemico. 


Anche rassicurandola che la guerra è finita, che puo’ deporre le armi e rilassarsi, lei non si fida perché pensa che ci sia sempre qualcosa da cui difendersi o qualche fregatura da parare. 


L’altra metafora è quella di un bambino spaventato che ha paura dell’acqua e che vuoi convincere a buttarsi in piscina. 


Per quanto tu possa rassicurarlo, dirgli che l’acqua è alta solo 30-40 cm e che non corre alcun pericolo, lui resisterà comunque con tutte le sue forze, sgambetterà e urlerà e non ne vorrà sapere delle tue rassicurazioni.


Quando una persona soffre di ansia, in un primo momento cerca di rassicurarsi, ma la rassicurazione tuttavia dura ben poco e viene sostituita da un senso di impotenza e da un tentativo disperato di controllare i sintomi dell’ansia.


Subentrano quindi l’autocritica e l’autocontrollo di cui l’autocritica porta a pensieri negativi su di sè (“non ho il controllo”, “non posso sopportarlo”, “sono debole”, “non posso avere successo”).


Se invece e’ un amico o un parente a soffrire di ansia, riconoscerai che i tuoi importantissimi tentativi di rassicurazione, non hanno comunque avuto esito perché hai probabilmente smesso presto di rassicurare: non che la rassicurazione sia sbagliata; semplicemente ce ne vuole molta di più e ci vuole molta più pazienza di quella che le persone ritengono sufficienti.


Chi non soffre di ansia o di depressione non si rende conto che le risorse della persona che soffre di questi disturbi sono scarsissime. 


Percio’ non basta una semplice rassicurazione per venirne fuori.


Accade, quindi, che chi cerca di aiutare si sente presto incompreso e impotente. Rischiano di scattare cosi i giudizi: “Dovresti darti una mossa”, “Dovresti reagire”, “Perché non pensi positivo?!”


La verità è che quando l’ansia raggiunge livelli patologici, il pensiero positivo non basta, né basta individuare le convinzioni limitanti e sostituirle con quelle potenziali.


Questo è utile ma non sufficiente e spesso si traduce in una spennellata di bianco sulla muffa.

Quando sulla strada del benessere c’è un grosso masso che occupa tutta la carreggiata, bisogna occuparsi del masso, armandosi di pazienza e accettazione.


La psicoterapia offre validi strumenti, sia per la comprensione delle cause recenti e remote dell’ansia, sia per dare strumenti concreti per la sua gestione, attraverso tecniche di desensibilizzazione e rielaborazione dell’informazione.


Se la tua sentinella pensa che non sia finita o se il tuo bambino interiore è spaventato chiedi aiuto, le soluzioni ci sono.


Buon cammino. 

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