Società patriarcale e tabù (parte II): l'aborto spontaneo.

“Mi dispiace il cuore non batte più”.
“Come, non batte più”?!
Ti è crollato il mondo addosso. Mentre un grande dolore si impossessava di te, hai chiesto smarrita “e adesso cosa devo fare”?
Se sei stata molto fortunata, hai incontrato una ginecologa amorevole che ha cercato di rincuorarti e che ti ha illustrato le varie opzioni: raschiamento, espulsione spontanea o facilitata tramite la somministrazione di farmaci.
Se invece sei stata trattata come la maggior parte delle donne in questi casi, ti hanno liquidata in fretta come se non ti fosse successo niente di ché e ti hanno detto in due parole cosa avresti potuto fare, lasciandoti così confusa da dover andare a cercare su Google “aborto spontaneo esperienze” per cercare di capirci qualcosa di più.
Ho deciso di dedicarmi a questo argomento delicato perché sono rimasta molto colpita quando ho visto la confusione e lo smarrimento di una cara amica che si è trovata sostanzialmente da sola ad affrontare questa esperienza.
Attenzione: non da sola perché non ha amiche, amici o parenti. Da sola, perché intorno a questo argomento nella nostra società c’è un grande vuoto.
In una società patriarcale, in cui le donne non vengono considerate tanto quanto gli uomini, l’aborto spontaneo, che riguarda principalmente noi, risulta essere un evento irrilevante che diventa sostanzialmente un tabù:
ti sarai accorta anche tu che non se ne parla quasi neanche tra donne, a meno che noi non abbiamo il coraggio di parlarne con qualche amica, e a quel punto scopriamo che non eravamo le sole.
Certo, non è che parlandone si risolva il problema, però pensa un attimo a quali conseguenze dannose ha avuto questo tabù proprio sulla tua stessa esperienza: innanzitutto eri completamente impreparata all’idea di perdere il bambino, vero?  
Può anche essere che la tua ginecologa ti abbia avvisato, ma dato che nella società non se ne parla, per te probabilmente è rimasta una possibilità troppo vaga e irrealistica. E invece, è un evento che tocca il 30% delle gravidanze (forse adesso lo sai, perché ti sei informata).
Il tabù sociale fa sì che l’aborto spontaneo venga vissuto come se tu avessi fatto qualcosa di sbagliato, fa nascere in te senso di colpa e vergogna. Forse ti sei sentita una sfigata perché è capitato proprio a te, ma il 30% è poco meno di un terzo, è una percentuale molto alta.
Tra l’altro, mi preme sottolineare che si tratta del 30% delle gravidanze, non del 30% delle donne… il mondo non è suddiviso tra “donne che portano facilmente a termine le gravidanze” e “donne che abortiscono”.
Il concetto è che una gravidanza su tre termina con una perdita. Quindi delle mamme che conosci, varie hanno avuto anche uno o più aborti, ma dato che l’argomento è un tabù, è molto difficile che te lo vengano a raccontare.
Io per es. sono la prima di quattro figli nati, ma oltre a noi mia mamma ha avuto tre aborti spontanei. Quindi nel suo caso parliamo quasi del 50% delle gravidanze non andate a buon fine, eppure, siamo 4 figli.
Perché ti dico queste cose? Perché è molto importante per me che tu non ti senta sbagliata, sfigata o colpevole. Questi sentimenti minano profondamente la tua autostima e ti impediscono di riprendere contatto con il tuo potere interiore.
Cosa puoi fare allora per recuperare la fiducia in te stessa e nella vita? La risposta è semplice ma richiede coraggio (e ti assicuro che se sei arrivata fino qui, il coraggio non ti manca): devi scegliere consapevolmente di dare spazio alle tue emozioni riguardo alla tua perdita.
Concediti il tempo di rielaborare l’esperienza: ascoltati, metti te stessa al primo posto. Hai bisogno di amore, di cura e di sostegno.  
Ferma per un po’ il ritmo frenetico della vita e prenditi spazio per lasciare emergere le emozioni: puoi semplicemente concederti dei momenti per piangere, ma anche scegliere una forma creativa per lasciar fluire il tuo dolore… puoi ballare, disegnare, scrivere.
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Ti auguro una splendida settimana,
Susanna