Docente di strumento musicale

Allievi innamorati del proprio strumento

Docente di strumento musicale

Allievi innamorati del proprio strumento

Non basta conoscere tutte le teorie didattiche per essere un buon docente di strumento.

2020-11-30 15:59:49

Perché frequentemente ci si scontra con allievi che abbandonano lo strumento, nonostante le buone capacità? L’articolo propone  un’analisi critica sull’importanza del riconoscimento delle emozioni.

Riflessioni.

Insegnare uno strumento musicale sottintende competenze e professionalità. Ma cosa vuol dire professionalità? Quando un docente dimostra di essere competente e professionale? 


Al termine degli studi musicali ogni buon strumentista pensa di essere diventato automaticamente un buon didatta. Ben presto, però, si scontra con la realtà che è ben diversa: un conto è essere allievo e preparare le lezioni da allievi, altro conto è essere docente. E' proprio quello il momento in cui si prova un primo senso di disorientamento. Ci si comincia ad interrogare: 


  • ma come si fa ad insegnare
  • quali sono le caratteristiche di un buon docente?
  • come devo pormi nei confronti dei miei allievi?


Si comincia, quindi, ad emulare il proprio docente, proponendo lo stesso percorso di studi ed adottando le stesse strategie didattiche. Tutto ciò porta inevitabilmente al fallimento.

Si avverte, quindi, la necessità di approfondire le tematiche relative all’insegnamento, e ci si iscrive a vari corsi di perfezionamento o al corso di didattica. Indubbiamente, tutto il percorso comincia ad arricchire l’iniziale formazione: si studiano teorie didattiche e psico-pedagogiche, indispensabili per la formazione integrale del docente.

Tuttavia, ciò non basta. Nella quasi totalità dei casi, gli allievi di didattica riscontrano un gap esistente tra ciò che studiano e la realtà che devono affrontare nel momento in cui si accingono ad insegnare. Questa affermazione è data dal risultato emerso da un’intervista condotta, oggetto di analisi di un altro studio che pubblicherò in seguito.

Dunque, si fa ricorso alle teorie studiate, si mettono in pratica le strategie analizzate durante il percorso di studi, ma ancora una volta ci si scontra con il fallimento. Allievi, che inizialmente mostrano di essere interessati, o allievi con talento, improvvisamente abbandonano lo studio del proprio strumento.

E si arriva alla conclusione che fosse l’allievo ad avere problemi. 


E se il problema invece fosse la poca attenzione manifestata nei confronti delle emozioni suscitate durante le lezioni?


Un buon docente di strumento musicale non può prescindere dalla consapevolezza della dialettica tra emozione e logica: due linee irrinunciabili da tracciare con il processo educativo. Lo sviluppo di competenze inerenti le strutture logiche della sintassi musicale deve necessariamente essere collegata allo sviluppo del coinvolgimento emotivo ed al rispetto del gusto musicale.

E proprio a proposito del gusto musicale c’è tanta confusione e ci sono tanti falsi miti da sfatare. Infatti, spesso, per preservare il gusto musicale, si è pensato di assecondare gli allievi facendoli deviare dallo studio della musica classica, in nome delle preferenze musicali ben diverse da quelle degli adulti. Si è pensato di far studiare musica “leggera”, pur di fidelizzare l’allievo. 

Ciò è innegabilmente quanto di più errato possa esistere. Intanto un docente deve scegliere a quale categoria di insegnante vuole appartenere: 

  • vuole essere un docente di musica classica?
  • vuole essere un docente di musica “leggera”?

Tuttavia, l’analisi dei vari tipi di docenti viene rinviata alla disamina presente in un altro articolo.

Per tornare agli allievi…. occorre tener conto delle inclinazioni degli allievi, ma lo studio dello strumento deve comunque implicare la formazione integrale musicale che non può prescindere dalla teoria, dal solfeggio e dallo studio della tecnica.

E allora perché molti allievi si bloccano davanti agli studi di teoria? Perché fanno così fatica a studiare la tecnica?

E’ estremamente importante riflettere su quanto le nostre emozioni influenzano le nostre condotte e le nostre relazioni. Questo vale sia per il docente che per il discente. Le nostre condotte possono essere rielaborate ed espresse tramite i contenuti proposizionali. 


“Prendere coscienza delle emozioni e socializzarle equivale ad apprendere a controllare ed a direzionare i processi adattivi ed evolutivi” (G. Mocchi).


Emerge con estrema chiarezza quanto sia importante il dialogo tra docente ed allievi: solo attraverso il dialogo si può capire quanto sia motivato il proprio allievo e come eventualmente virare la rotta del percorso di insegnamento.

Non solo, ma è importante anche per capire come motivare il discente.

Le teorie sulla motivazione sono molteplici, racchiuse essenzialmente in tre filoni. Tralasciando i primi due, non per poca importanza attribuita, ma per focalizzare l’attenzione sull’aspetto oggetto di questa dissertazione, il terzo filone, quello dell’autoregolazione dell’apprendimento, riguarda i modi e le strategie attraverso le quali l’individuo verifica, controlla e modifica i propri comportamenti al fine di raggiungere obiettivi di apprendimento e di riuscita. Incentivare l’autoregolazione implica favorire il consolidarsi della motivazione incentrata sull’io e sul conseguimento dei propri bisogni.

La condizione di bisogno del momento costituisce l’indice motivazionale assoluto su cui poggiano tutte le altre sfumature di attivazione: interesse, curiosità, desiderio, sogno, immaginazione, ricerca, problema…. la condizione decisiva è quella di equilibrio tra richieste e capacità percepite: se le richieste superano le capacità nasce la paura. viceversa, la noia.

Un docente può vantarsi di essere un buon docente se si verificano le seguenti condizioni:


  • le esigenze dell’azione e la retroazione regolativa, cioè i segnali di ritorno, sono esperiti chiaramente e l’individuo in ogni momento sa che cosa è giusto fare;
  • ci si sente “occupati” e, nonostante la difficoltà del compito, l’evento è percepito sotto controllo;
  • la concentrazione viene da sé, come il respiro, senza sforzo di volontà;
  • l'esperienza temporale è fortemente distorta; si perde la cognizione del tempo, le ore volano via.


Per consentire tutto ciò bisogna necessariamente partire dall’analisi dell’allievo che si ha di fronte, per calibrare il proprio metodo di insegnamento e le strategie didattiche.

Seguimi, se sei interessato all’argomento e commenta quanto dichiarato, al fine di avere un feedback e cominciare a lavorare insieme.