Diana Yedid

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Incendi record in Brasile: l’Amazzonia brucia e con lei il “polmone verde” della nostra Terra

2019-08-27 07:04:38

La foresta amazzonica sta bruciando e noi tutti ci stiamo chiedendo cosa possiamo fare. Siamo lontani, ognuno a casa propria, dietro lo schermo del nostro computer e ci sentiamo impotenti, capaci solo di condividere link e di mettere faccine piangenti sotto le foto del polmone del mondo.

Mangia meglio o meglio, meglio che mangi meglio  


La foresta amazzonica sta bruciando e noi tutti ci stiamo chiedendo cosa possiamo fare. Siamo lontani, ognuno a casa propria, dietro lo schermo del nostro computer e ci sentiamo impotenti, capaci solo di condividere link e di mettere faccine piangenti sotto le foto del polmone del mondo (cioè il 20% dell’ossigeno del pianeta) che va in fumo. 


Bene, stavolta non è vero che non possiamo fare niente. Perché questa catastrofe non è naturale, non è un terremoto, uno tsunami, una slavina, uno sfacelo voluto dagli dei o dal destino, ma è una catastrofe politica. Questa catastrofe ha un nome e un cognome. E dietro questo cognome c’è un preciso progetto del governo brasiliano di deforestazione massiccia per favorire la produzione di soia. E perché la soia? 


Per rifornire gli allevamenti intensivi di carne e prodotti caseari europei che richiedono sempre più mangimi (tra cui la soia appunto) per i propri animali. E non è vero che a noi questa cosa non tocca, perché la carne e i formaggi che compriamo al supermercato, quelli che mangiamo  e che diamo ai nostri figli ogni giorno, sono fatti perlopiù così. 


La Lombardia - è un dato di Legambiente - è la prima regione italiana per capi allevati e nutriti con mangimi, spesso OGM, di provenienza sudamericana. Il supermercato sotto casa mia - con un ricchissimo reparto di succhi di frutta e biscotti biologici perché, per carità, il suo pubblico alla natura ci tiene – è il punto di arrivo di questa filiera. Il supermercato sotto casa vostra, noi tutti siamo il punto di arrivo di questo orribile affare.


Quindi, se ci chiediamo cosa possiamo fare, se ci sta a cuore questo incendio, possiamo forse per la prima volta agire davvero in prima persona cambiando le nostre abitudini, riducendo drasticamente il nostro consumo di carne e rifiutandoci di comprare formaggi industriali e carni da allevamenti intensivi. La carne del macellaio costa di più di quella del supermercato? Va bene, mangiamone di meno ma mangiamo meglio. È uno sbattimento fare due passi in più per andare da un macellaio che dichiari la provenienza della propria carne da allevamento non intensivo? 


Facciamoli questi due passi, sono le munizioni con cui stiamo facendo sentire la nostra protesta. 


Non c’è più tempo per fare battute carnivori versus vegetariani, non c’è più tempo per sentirci fighi mentre postiamo le foto delle nostre mangiate di costine a ferragosto. Non c’è più tempo neanche per sentirci inutili e rassegnarci. Dietro i roghi nelle foreste brasiliane ci sono  le abitudini di consumo degli europei. Dietro Bolsonaro ci siamo noi, che lo vogliamo o no.  TESTO DI: Isabella Mattazzi dal web