Cresce il “partito del No” contro le elezioni autunnali caldeggiate dal vicepremier Matteo Salvini. Ieri il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha lanciato un appello alle forze politiche dal suo blog: “Altro che elezioni, salviamo il Paese!”.
Appello subito accolto da Luigi Di Maio, che su Facebook ha commentato: “Il vero cambiamento è il taglio dei parlamentari. Le vere elezioni si fanno con 345 poltrone in meno. Serve cambiare. E subito!”.
Dalle pagine del Corriere delle Sera il senatore Matteo Renzi, dopo aver negato contatti e accordi tra PD e M5S, si è detto deciso: “Andremo in Senato e ci confronteremo. Qui è in gioco l’Italia, non le correnti dei partiti. Chiederò di parlare e dirò che votare subito è folle“.
La replica è arrivata dal diretto interessato. Matteo Salvini, sulle pagine di Repubblica, ha fatto sapere: “Tutti hanno sempre ripetuto che dopo questo governo c’erano solo le elezioni. Quindi spero che il presidente Sergio Mattarella senta la sensibilità del Paese. Un governo con Matteo Renzi e Luigi Di Maio non la ascolterebbe, questa sensibilità”.
“Tutto è legittimo” ha continuato il ministro dell’Interno. “Tra l’altro un governo tra PD e Movimento 5 Stelle non sarebbe certo una fregatura per la Lega, anzi. Noi però sette ministeri li abbiamo sacrificati perché ci siamo resi conto che al Paese serviva concludere con l’attuale governo”.
Un ipotesi di governo di scopo guidato da Matteo Renzi o Nicola Zingaretti insieme a Luigi Di Maio tesimonierebbe, per Matteo Salvini, “il potere della poltrona. Solo e unicamente questo. Ditemi una cosa su cui sono d’accordo. Rispetto i cacciatori di poltrone, per carità. E rispetto i disperati che non vogliono tornare a lavorare fuori dal Parlamento”.
Dalla Lega arrivano però anche voci preoccupate per questa strategia. Tra tutte quella di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e vicesegretario del Carroccio, vicino quindi tanto a Matteo Salvini quanto a Giuseppe Conte, che si è sempre dichiarato sfavorevole alle urne anticipate.
Lunedì i capigruppo di Palazzo Madama decideranno la data della resa dei conti tra i due partiti al governo, che avverrà tra il 19 e il 21 agosto. “Mi sembra di aver capito che Giuseppe Conte non si voglia dimettere, ma voglia andare a una conta in Aula” ha riferito Giancarlo Giorgetti a TGR. “Questa è una rottura traumatica. A questo punto una separazione consensuale sarebbe stata la cosa più ragionevole”.
Il Senato potrebbe rivelarsi una trappola per la Lega e per Matteo Salvini, senza i numeri per sfiduciare il premier qualora l’opposizione decidesse di abbandonare l’Aula o astenersi per far esplodere le contraddizioni tra i due partiti al governo.