Daniele Ventola

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I Dervisci Rotanti

2019-04-15 21:31:47

Prima di compiere il viaggio credevo che le montagne fossero montagne e i mari fossero mari. Durante il viaggio scoprii che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari. Ed ora che sono giunto so che le montagne sono montagne, e i mari sono mari (Dhu âl Nûn âlMisrî)

I dervisci rotanti

<<Prima di compiere il viaggio credevo che le montagne fossero montagne e i mari fossero mari;durante il viaggio scoprii che le montagne non sono montagne e i mari non sono mari;ed ora che sono giunto so che le montagne sono montagne, e i mari sono mari.>>

Dhu âl Nûn âlMisrî


La differenza tra "credere" e "sapere" e' la stessa che passa tra il "vedere" e il "guardare". Guardare un essere umano nella sua apparizione e vederlo e' invece coglier l'estensione della sua essenza. 

Ma a quale viaggio il maestro sufi Dhu âl Nûn âlMisrî si riferisce?


C'e' un viaggio orizzontale come quello che percorro io verso una meta e una direzione, ma c'e' un tipo di viaggio verticale che connette la propria anima ad un'anima ancora piu' grande, invisibilmente persistente. 

Essere un globo  che ruota su se stesso e contemporaneamente intorno a una stella. E' un viaggio interno, verticale, che trova la sua espressione in una danza rotatoria simboleggiante un'ascesi verticale verso l'unita' con Dio. Ruotare, ruotare, come la terra intorno al sole, come un elettrone intorno al nucleo, vorticosi come tornadi che toccano il  cielo con le dita e i piedi sfiorano la terra.

E' a questo tipo di viaggio che si riferisce il maestro sufi ed e' un viaggio  chiamato Samâc (in turco, Semà), oppure “la danza dell'estasi”. Da qui si sprigiona il viaggio mistico, l'ascesa spirituale che congiunge la mente al corpo e al cuore elevandosi per sciogliere la veste dell'ego e lasciarsi sfiorare dall'Immenso, per poi infine ritornare con la consapevolezza di un mare che e' mare, di un monte che e' monte. E dopo questo dedicarsi al  a rispondere alla legge naturale dentro di se' che e' il servizio per tutto cio' che e' il creato. Annulla tutte le discriminazioni etniche, di classi, di nazionalita'.


A svolgere la cerimonia ci sono diversi tipi di partecipanti:  il Maestro (shaykh, in funzione di qutub, “polo”) nel nostro caso con il turbanete verde perche' ha compiuto il pellegrinaggio a La Mecca,  il capo dei danzatori (semazen basë), i danzatori e i musici (mëtrëp).

Tutti indossano un abito bianco sopra al quale vestono un un mantello nero con le loro rispettive simbologie: il mantello nero simboleggia l'attacamento all'ego e alla materia, mentre l'abito bianco rappresenta il lenzuolo mortuario, dove chi muore a se stesso puo' rinascere alla luce distaccandosi dalla pesantezza dell'ego.


Anche le varie fasi della cerimonia hanno la loro sottile simbologia.

I danzatori si siedono chini in avanti e, dopo la recitazione di alcuni passi del Corano,  battono all’unisono i palmi delle mani sul pavimento.

Dopo di che' i dervisci iniziano un ad uno a togliersi il mantello nero per nascere alla verita' verso la quale viaggiano. All'inizio di questo percorso le braccia sono incrociate sopra il petto testimoniando l'unita'. E, silenziosamente, comincia la fase del saluto  "salâm": un saluto da anima ad anima, dalla forma manifesta alla forza intrinseca nascosta dentro il corpo. "Namasté", saluto la divinita' che e' in te.

Ad uno a uno i danzatori si dirigono verso il maestro. Quest'ultimo li bacia sul fetro dietro il capo , dopodiche' lentamente cominciano a roteare su se stessi allargando pian piano le braccia verso l'alto. La mano destra e rivolta verso il cielo per riceverne i doni, mentre la mano sinistra e' rivolta verso la terra, ed e' la mano attraverso la quale dispensano i doni che ricevono dall'alto.

Girano da sinistra a destra intorno al maestro e quando le braccia sono elevate verso il cielo gvi puntano ad occhi chiusi lo sguardo mentre sono attraversati da un'espressione di beatitudine che dilata ogni lineamento. Diventano leggeri muovendosi come un ape ebbra del polline di un fiore. Sono ordinati come la danza dei pianeti intorno al sole.

Questa danza rappresenta un cammino evolutivo che progredisce attraverso sette stazioni: sono il suono, la luce, il numero, la lettera, la parola, il simbolo, il ritmo e l'armonia. Sono simboli della completezza che elevando la parola e l'azione divengono una preghiera silenziosa recitata dal movimento e dalla luce.

Cosi', mentre la cerimonia prosegue alcune persone fanno dei selfie sorridenti. Ed e' qui che capisco quello che mi diceva l'amico Alper riguardo il suo rancore verso l' "orientalismo".  Questo fascino esotico che conquista l'occidente ma che sottilmente nasconde anche un rapporto di potere infimo poiche' contribuisce a ridurre la profondita' di una cultura ad un mero oggetto da appendere alla proprio collezione impoverendolo immediatamente della sua vastita' di significato.
Alla fine della cerimonia, silenziosamente e ordinatamente, i dervisci ponevano un ultimo inchino di saluto a noi partecipante passivi. Allontanandosi tra i selfie e le risa degli occidentali i loro doni gratuiti sono rimasti tra noi, consapevoli o meno. «Il semà è la pace per l'anima dei vivi,e chi conosce ciò raggiunge la pace dell'anima.Colui che desidera il proprio risveglio,è quello che già dorme in un giardino.Ma per chi dorme dentro a una prigioneil risveglio è soltanto un dispiacere.Assisti al semà là dove si celebra un matrimonio,non quando c'è un funerale, o in un luogo di dolore.Chi non conosce la propria essenza,colui ai cui occhi è nascosta questa bellezza lunare,che se ne fa della danza e del tamburo?Il semà è fatto per l'unione con l'Amato;e per quelli che hanno il viso rivolto alla qiblaecco, il semà rappresenta questo mondo e quell’altro.E più ancora: il cerchio dei danzatori di semàche dolcemente volteggiano ha nel suo centro la Ka`ba.Se desideri la miniera della dolcezza, ecco, essa è là,e se ti accontenti d’una briciola di zucchero, ecco:questo dono è gratuito.»
Mevlana Celaleddin-i RumiDaniele Ventola, antropologo e viaggiatore

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Per sapere di più su questo viaggio curiosate nel sito web www.ventodellaseta.org