Benedetto Neroni

Business & Finanza

Educazione finanziaria: il regime fiscale degli investimenti in criptovalute

2019-05-31 12:55:11

Nelle 2 puntate precedenti avevo parlato del regime fiscale degli investimenti in asset tradizionali (es. titoli di stato ed azioni). Sempre più persone, tuttavia, investono e/o fanno trading su bitcoin ed altre criptovalute e qui la situazione, mancando una vera e propria normativa, è più complessa

Plusvalenza da CFD o da possesso di criptovaluta ?

Questa è la prima domanda fondamentale alla quale bisogna rispondere ed è anche quella sulla quale le opinioni - degli addetti ai lavori e dei traders - sono le più discordanti. Vediamo perchè. C’è una differenza tra acquistare bitcoin o criptovalute con una piattaforma come 24Option ad esempio, e un exchange di criptovalute. Nel primo caso si tratta di trading di bitcoin, con eventuali guadagni tassati  sulla base delle proprie capacità di trader, e solo quando avrete prelevato i fondi sul vostro conto in banca. Nel secondo caso, exchange, state effettivamente comprando dei bitcoin (o criptovalute) reali e quindi le tasse “andrebbero pagate” solo nel momento in cui effettuate la conversione in euro. Chiarito preliminarmente questo aspetto, molti ritengono che la plusvalenza sui CFD andrebbe pagata nella misura del 26%: si applicherebbe quindi la medesima prevista per le plusvalenze su azioni e materie prime. Questa tesi non mi convince dal punto di vista legale, perchè le criptovalute sono un asset finanziario non regolamentato, ossia c'è un vuoto normativo che l'agenzia delle entrate sta tentando di colmare con le sue circolari le quali - effettivamente - vorrebbero applicare un regime fiscale del 26% al guadagno realizzato con CFD su criptovaluta (es. da iq option o e toro). Ma l'agenzia delle entrate non può sostituirsi al legislatore e le sue circolari restano una fonte del diritto di rango terziario (dopo la legge ed il regolamento), applicabile solo quando già esiste una espressa previsione normativa. In questo caso, essendoci un vuoto normativo, perchè il regime fiscale applicabile al trading di CFD su cripto dovrebbe essere il medesimo previsto per le azioni , ossia il 26%, anzichè quello previsto per i titoli di stato che è il 12% ? Personalmente, da avvocato, io dichiaro le mie plusvalenze su CFD al 12% : in assenza di apposita legge sulle cripto, applico il principio della norma più favorevole al contribuente, che è appunto l'aliquota del 12% alla quale sono tassati i titoli di stato. Andiamo oltre

Tassazione criptovalute reali per le imprese

Cominciamo con il dire che per le imprese i Bitcoin vanno considerati alla stregua di valuta estera. Quindi sebbene non ci sia la specifica necessità di dichiarare quanti se ne posseggono, bisogna però dichiarare tutte le operazioni effettuate esattamente come si fa per quelle che avvengono in altre valute (Euro, Dollaro, o altre). E questo vale per qualsiasi criptovaluta si utilizzi.

Pertanto dal punto di vista fiscale per le aziende usare Bitcoin è esattamente come usare Euro o Dollari: dal punto di vista fiscale, burocratico o amministrativo non cambia assolutamente nulla.

Quindi anche qualora l’impresa incassasse Bitcoin e scegliesse di conservarli su un proprio wallet, se in futuro dovesse venderli e ricavarne una plusvalenza dovrebbe pagarci le tasse.

Infatti le plusvalenze sono tassate, ma vengono pagate solo al momento in cui vengono rilevate. Quindi solo quando i Bitcoin venissero venduti, o a chiusura di bilancio, si potrebbe rilevare la plusvalenza, e nel caso in cui ci fosse su questa (e solo su questa) ci sarebbero delle imposte da pagare.

Tassazione criptovalute reali per i privati

Il discorso invece cambia per i privati cittadini.

Infatti un privato cittadino che non svolge attività finanziaria finalizzata all’ottenimento di plusvalenze non deve pagare alcuna imposta, nemmeno qualora riesca a tutti gli effetti a realizzarne. Come per il discorso precedente Bitcoin è considerato alla stregua di una valuta estera, pertanto valgono le stesse regole che valgono ad esempio per il cambio Euro/Dollaro.

Ma, attenzione! Se, durante il corso di un anno, per almeno 7 giorni consecutivi si supera la soglia di possesso di Bitcoin per un controvalore pari a 100 milioni delle vecchie Lire (ovvero circa 51.000 Euro), allora l’Agenzia delle Entrate considera l’attività del privato un’attività speculativa e quindi chiede il pagamento delle tasse sulle eventuali plusvalenze.

Vale comunque sempre il ragionamento precedente: le plusvalenze vengono rilevate solo al momento della vendita dei Bitcoin (nel caso dei privati non c’è chiusura di bilancio), pertanto le tasse si devono pagare solo sulle plusvalenze, e solo nel momento in cui li si dovesse vendere generando una plusvalenza (sempre che si superi la soglia di possesso di cui sopra).

Ricordiamo che l’aliquota con cui si tassano le plusvalenze finanziarie è del 26%, e che queste vanno inserite in dichiarazione dei redditi negli appositi spazi dedicati proprio alle plusvalenze derivanti da attività finanziarie.

Conclusioni

  • l’Agenzia delle Entrate italiana tratta Bitcoin come una moneta
  • alle imprese che dovessero operare con Bitcoin si applicano le stesse identiche regole fiscali che si applicherebbero qualora operassero con Euro
  • le imposte si pagano solo sulle eventuali plusvalenze su CFD (secondo la maggior parte degli addetti ai lavori si applica il 26%, secondo me l'aliquota del 12% prevista per titoli di stato)
  • queste per le imprese vengono rilevate a chiusura di bilancio, o nel momento della vendita di Bitcoin
  • i privati cittadini devono pagare le imposte, sempre soltanto sulle eventuali plusvalenze, solo se superano 7 giorni consecutivi di detenzione di Bitcoin per un controvalore superiore a circa 51mila Euro.