Founder Junior
Tra il dire e il fare...
Qual è il giusto valore da dare agli errori?
◾️ “Sbagliando s’impara”, recita un proverbio il cui significato potrebbe applicarsi a vari usi: e nell’uso quotidiano, basti pensare ai mestieri e alle professioni dove si richiede manualità, e sui banchi di scuola, dove i nostri studenti sono in prima linea ogni giorno.
◾️ Da educatori, qual è il giusto valore da dare agli errori?
E da studente, qual è il peso che un brutto voto può avere all’interno di un percorso scolastico, e più ancora sulla sua autostima?
◾️👩🏫✍️ Ogni giorno le nostre aule sono piene di ragazzi a cui cediamo un po’ del nostro sapere e ci si aspetta che questi comprendano e ci restituiscano il dovuto, sotto forma di verifiche, compiti in classe ed esercitazioni.
E quando ciò non avviene quando l'alunno non studia come ci si aspetta che faccia, o la sua prova scritta non è soddisfacente o la sua preparazione risulta poco brillante, eccoci pronti alla "sentenza": scarso, insufficiente, due, tre… e così via.
🔴 È con questa domanda che finirò con avere nemici tra alcuni di voi colleghi, i quali sceglieranno di non proseguire la lettura: alla loro età eravate tutti bravi alunni?
🔴 O qualcuno tra voi raggiungeva appena la sufficienza e meditava vendetta una volta diventato adulto?
🔴 E se vi confessassi che io appartengo a quest’ultima categoria? Che salire i gradini dell’ingresso del Liceo era un po’ come essere Maria Antonietta che saliva al patibolo?
Lo confesso: odiavo la scuola, detestavo il Greco e non ero affatto popolare, tutt’altro… vivevo nell’anonimato, come un latitante rifuggivo ogni occasione di essere interrogato e pregavo ogni notte di diventare invisibile o che vi fosse un incendio o una calamità naturale che si portasse via l’edificio.
◾️👨🏫 🗣 E questo è ciò che racconto ai miei studenti all’inizio di ogni corso, quando centinaia di visi terrorizzati siedono ai banchi in attesa di intraprendere una lotta all’ultimo sangue con la mia materia, la lingua Inglese.
Improvvisamente, dopo la mia spontanea confessione, il colore torna sui loro volti e i sorrisi appaiano nei loro occhi, e a fine lezione, nei corridoi riesco a cogliere frasi come “È uno di noi” oppure “Finalmente imparerò qualcosa d’Inglese”.
A questo punto, forse mi sono giocato anche gli ultimi lettori che avevano deciso di arrivare fino alla fine ma prima di farlo, vi invito a prestarmi attenzione ancora per qualche rigo. Se, poi, non vi ritroverete nelle successive considerazioni, allora sarete liberi di voltare pagina.
Mi occupo di Dislessia e lingua Inglese da oltre diciotto anni e sebbene io non sia un soggetto DSA,posso certamente capire, dal punto di vista umano e professionale, come uno studente dislessico (e non solo) percepisca la nostra materia a tratti ostile e minacciosa, altre volte complessa e misteriosa.
Partiamo dal presupposto che una classe di successo è una classe incentrata sullo studente e non sul docente, dove la motivazione e l’approccio sono le chiavi vincenti.
Ed ogni studente è differente a modo suo, c’è quello capace e reattivo, pronto ad alzare la mano ad ogni domanda e quello che invece è poco partecipe, che si distrae o semplicemente ci trova poco interessanti.
Questo ampio puzzle di presenze ci vede protagonisti principali di una didattica che può avere successo soltanto se ci attiviamo affinché arrivi a tutti e li coinvolga in prima persona.
🙂📚👫◾️Naturalmente, bisognerà mettersi in gioco, e decidere almeno per una volta di dare fiducia a chi siede tra i banchi, cosa rara da guadagnarsi specie in una classe dove veniamo percepiti come i cavalieri dell’Apocalisse.
Un approccio che guarda allo studente come diretto destinatario del sapere, farà sì che anche il più debole tra gli allievi ne potrà trarre beneficio.
◾️ Cosa è possibile fare per dimostrare loro che non siamo poi così cattivi?
Immaginate che stiate seguendo un corso di cucina ed ogni volta che vi cimentate in una ricetta, nonostante le dosi siano esatte e il procedimento corretto, il piatto non riesca come sperato.
A quel punto lo chef vi urla contro, vi dice di tornarvene a casa o peggio… elogia solo chi ha preparato piatti prelibati e alla fine smette di interessarsi a voi.
◾️E dalla volta successiva, quando darà le altre consegne circa la ricetta da eseguire, noterete che quasi non vi guarda, che non farà caso al vostro operato anche se avrete portato a termine la cottura della pietanza o la decorazione del piatto.
È ovvio che la vostra autostima subisce un attacco durissimo e magari sarete anche tentati di lasciar perdere tutto e ritornare ai cibi precotti.
📓📑🗣Sostituendo pentole e fornelli con libri e verifiche, questo è ciò che accade quotidianamente nelle nostre aule a tanti studenti (DSA e non solo loro), la cui stima di sé e il benessere scolastico vengono meno, e per svariati motivi: per un eccesso di zelo o perché si deve seguire attentamente la programmazione didattica o accademica che sia, o perché non si ha la voglia o il tempo o le competenze per indagare i motivi dell’insuccesso.
Supposto che uno studente dislessico abbia la necessità di rintracciare all’interno della didattica a lui proposta delle strategie efficaci per assimilare contenuti a lui pressoché impossibili da memorizzare, perché non cominciare ad apprezzare i piccoli progressi da lui compiuti per il raggiungimento degli obiettivi, magari gratificandolo per lo sforzo impiegato o per l’audacia nel tentativo di portare a termine un dato esercizio?
È proprio tramite il nostro elogio, che lo studente può trovare la spinta a fare meglio e a mettersi ancora di più in gioco, senza temere che l’eventuale errore da lui commesso definisca una inadeguata preparazione o peggio, diventi motivo di derisione agli occhi della classe.
Con un ristrettissimo margine d’errore, posso garantirvi un cambio di rotta favorevole nel giro di poche settimane.
◾️ 🖊 📝👫 Ma torniamo un attimo alla didattica che elargiamo in classe. Siamo sicuri che la nostra lezione, e i suoi contenuti siano interessanti, appassionanti, tanto che i nostri studenti rimangano ammaliati, come accade col canto delle sirene?
◾️📖✏️👥 O al contrario, le nostre parole si perdono a mezz’aria e percepiamo sbadigli e anziché prendere appunti i nostri ragazzi si trasformano in pittori astratti e riempiono quaderni di schizzi e macchie di Rorschach?
⭕️ Quando scegliamo un film al cinema o una commedia a teatro, la prima cosa che facciamo è capire quale scelta sia più adatta alle nostre corde.
Di sicuro non vogliamo annoiarci e tanto meno addormentarci.
⭕️🙂😁 Empaticamente, trovo la cosa valida anche per i nostri studenti, pertanto cerco di modulare la mia lezione affinché la possano trovare avvincente e perché no, farsi anche quattro risate, diventando parte attiva di ciò che stiamo trattando o anche commuoversi sino alle lacrime.
⭕️👩🏫🧐👫 Domani, appena entrati in classe, cari colleghi miei, provate a guardare i vostri studenti con un altro occhio: vi stupirete della piega che la giornata prenderà, e posso garantirvi che accoglieranno Cicerone e Carlo Magno con maggiore entusiasmo ed interesse.
Prof. Massimiliano Schirinzi
Università degli Studi di Palermo