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I bias cognitivi: se li conosci, li eviti!
Ci sono dei meccanismi mentali che ci impediscono di ragionare con lucidità e ci portano a commettere degli errori di valutazione. Scoprire gli inganni della mente è la chiave per migliorare noi stessi e pensare in modo più utile e razionale. Ecco i principali bias cognitivi.
Cos’è un bias?
Il bias è una distorsione, una percezione errata della realtà. Sono tutti i giudizi e i pregiudizi sbagliati che il nostro cervello formula in maniera automatica e che ci portano a commettere degli errori di valutazione e a perdere l’obiettività quando analizziamo una situazione.
Noi siamo eccezionalmente bravi a mentire a noi stessi...ma perché lo facciamo?
Ancora una volta la risposta è legata all’evoluzione della specie.
Siamo bombardati dagli input sensoriali, ma abbiamo la necessità di dare la giusta attenzione a quelli davvero importanti nel minor tempo possibile (soprattutto se indicano un imminente pericolo per noi).
Il nostro cervello si è così adattato ad adoperare delle “scorciatoie mentali”.
Queste scorciatoie ci permettono di interpretare i dati in modo veloce ed efficiente, tuttavia possono anche portarci nella direzione errata.
Ed è qui che incorriamo nei bias cognitivi.
Ne analizzeremo 6 tra i peggiori, per cercare di capirli e quindi di evitatarli.
Attenzione. I bias sono un problema che riguarda ognuno di noi perché sono parte dei nostri meccanismi mentali evolutivi. In un modo o nell’altro finiamo per “caderci” tutti e, per questa ragione, è meglio esserne consapevoli.
6 bias cognitivi
1) Effetto Dunning-Kruger: la sindrome di chi non sa di non sapere
Di questo ne abbiamo parlato diffusamente in un nostro precedente articolo relativo al Neuromarketing:
L'effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva che fa sì che individui poco esperti o del tutto incompetenti, si attribuiscano meriti e capacità che in realtà non possiedono, divenendo quindi incapaci di riconoscere i proprio limiti.
All’opposto, chi è molto competente in un campo tende a sottostimare le proprie capacità.
Davvero un interessante paradosso!
Questo avviene perché più informazioni possediamo su un certo argomento e più la grossa quantità di dati che abbiamo a disposizione ci porta a mettere in discussione costantemente le nostre certezze.
Dall’altro lato, chi analizza o possiede solo poche informazioni baserà tutte le sue incrollabili certezze su quei pochi dati in suo possesso.
Sovrastimarsi e sottostimarsi non sono quindi che 2 facce dello stesso problema con conseguenze dannose sia per noi stessi che per gli altri.
2) Bias di conferma: attribuire maggiore credibilità alle informazioni che confermano le nostre credenze
Anche di questo interessante bias ne abbiamo già parlato relativamente alla sua applicazione nel marketing:
Si tratta della distorsione cognitiva per cui prestiamo attenzione e ricordiamo solamente le informazioni che confermano i nostri preconcetti, mentre ignoriamo o sminuiamo quelle che li contraddicono.
Questo accade perché è molto più semplice per il nostro cervello incamerare una singola informazione che conferma i dati in suo possesso, piuttosto che inserire un’informazione che mette in discussione tutte le sue certezze.
Ma avere un unico punto di vista è sicuramente controproducente, poiché si cresce solamente con il confronto, frequentando e discutendo anche con persone in disaccordo con noi e accettando la possibilità di rivedere da capo tutte le nostre idee già consolidate.
3) Errore fondamentale di attribuzione: la tendenza ad attribuire cause esterne al proprio comportamento e cause interne al comportamento degli altri
Cosa si intende per cause interne e cause esterne?
Le cause interne sono le caratteristiche individuali di una persona, i suoi atteggiamenti, la sua personalità e il suo modo di essere.
Le cause esterne sono l’ambiente e il contesto (che possono essere del tutto casuali).
Incorriamo in questo errore quando giudichiamo l’atteggiamento di una persona in base ai suoi pregi e difetti e non consideriamo invece le circostanze.
Mentre quando siamo chiamati a giustificare alcuni nostri comportamenti, tendiamo a dare la colpa a cause esterne.
Esempi del modo in cui giustifichiamo noi stessi:
→ “Ho commesso una svista perché ho lavorato troppo”
→ “Ho reagito male perché sono stato provocato”
→ “Ho fatto una scelta sbagliata perché non ero informato dei fatti”
Esempi del modo in cui giudichiamo lo stesso comportamento nelle altre persone:
→ “Ha sbagliato perché è incompetente”
→ “Ha reagito in quel modo perché è una testa calda”
→ “Ha fatto una scelta errata perché è stupido”
Ma perché lo facciamo?
perché quando osserviamo noi stessi siamo più consapevoli di tutte le circostanze esterne che ci influenzano
perchè siamo portati a salvaguardare la nostra autostima e a difenderci dalla sensazione di fallimento
perché pensando in questa maniera alimentiamo la sensazione di avere un maggior controllo su quanto accade nella nostra vita
Quindi, per evitare di cadere nell’errore di ergerci a giudici degli altri, dobbiamo sempre chiedere a noi stessi:
“come mi comporterei io in quella situazione?”.
Indossare i panni altrui è il modo migliore per colmare le distanze.
4) Effetto spettatore: la tendenza a presumere che, di fronte a un problema, sarà qualcun altro ad occuparsene
Uno studio di psicologia ha dimostrato che, in caso di pericolo o di incidente, più persone sono presenti e meno persone interverranno.
In caso di incidente la maggior parte dei presenti penserà infatti:”sicuramente qualcuno avrà già chiamato i soccorsi”.
Con il rischio che, alla fine, nessuno lo faccia davvero.
Se invece abbiamo la certezza di essere i soli ad aver assistito, ci sentiremo praticamente costretti ad intervenire.
Questo stesso bias ha effetti anche quando assistiamo a delle ingiustizie: la maggior parte delle persone sarà infatti portata a pensare: ”qualcuno dovrebbe denunciare il problema!”, finendo per credere che i problemi verranno risolti da dei non meglio definiti “altri”.
Questo atteggiamento però ci deresponsabilizza completamente e fa sorgere dei dilemmi morali interni:”dovrei agire, oppure no?”, eppure restiamo immobili.
Cosa trasforma uno spettatore passivo nell’attore che fa la differenza?
Solo il suo desiderio attivo.
La prossima volta che vediamo un incidente o una situazione spiacevole, prendiamoci la responsabilità di intervenire. La nostra azione potrebbe essere l’elemento determinante per aiutare qualcuno in pericolo o in difficoltà.
5) La maledizione della conoscenza: La tendenza a presumere che gli altri abbiano il nostro stesso livello di conoscenza o comprensione in un dato ambito
Tendiamo a dare per scontato che il nostro bagaglio culturale e le nostre competenze siano condivise dai nostri interlocutori.
Può capitare, ad esempio, di utilizzare sigle o modi di dire specifici di cui noi conosciamo bene il significato, supponendo erroneamente che tutti riescano a capirci.
Ma la manifestazione peggiore di questo bias non è quella lessicale.
Quando assimiliamo un nuovo modo di pensare, infatti, può risultare difficile anche solo ricordare come ragionassimo prima di questa nuova idea e dimentichiamo di porci dal punto di vista degli altri, divenendo rigidi e intolleranti.
Anche in questo caso, sforzarsi di “vestire i panni altrui” è la soluzione.
6) Punto cieco: la tendenza a reputare noi stessi liberi dai pregiudizi che vediamo invece agire negli altri
Questo è un meta-bias = la convinzione di essere privi di bias.
I pregiudizi sono universalmente riconosciuti come un qualcosa di sbagliato e tendiamo dunque a convincerci di esserne sprovvisti..ma è solo un’illusione!.
I bias sono inevitabili: conoscerli e ri-conoscerli significa prendere consapevolezza di giudizi o modelli di pensiero sbagliati che ci porterebbero a vivere sempre e solo al centro del nostro piccolo mondo.
Speriamo che questa lettura ti sia stata utile per prendere maggiore consapevolezza dei principali bias cognitivi.
Ti sono venuti in mente degli episodi o delle considerazioni relativi a uno di questi 6 bias?
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bibliografia: Mensa Italia ; siti web La Mente è Meravigliosa e State of Mind per la parte sull’errore fondamentale di attribuzione