Christian Biasi

IUS NATURALE: L'ACQUA COME RISORSA UNIVERSALE

2019-10-01 15:32:16

Andiamo a vedere le profonde e fondate motivazioni che ci fanno comprendere quanto sia enorme l'aberrazione dei soggetti economici privati, che vogliono impossessarsi dell'esclusiva gestione della più indispensabile risorsa per gli esseri umani e la vita sulla Terra: l'acqua.

Le pressioni delle lobby internazionali per impossessarsi completamente del controllo dell'acqua, andando oltre le privatizzazioni controllate, ma volendo prenderne il monopolio totale e quindi avere in mano la chiave di accesso alle risorse idriche dell'intera umanità, sono sempre più evidenti e preoccupanti.

E queste sono una tra le visioni di pensiero più distorte mai concepite, tanto da apparire come disumane e lontanissime da qualsiasi tipo di valore che possa essere attinente al pensiero e all'istinto di un essere umano, per quanto legato al profitto e al potere. Andiamo a scoprire il perché.

Partiamo da una delle culture più antiche e diffuse in tutta Europa, quella dei Celti, dove possiamo notare subito un rapporto particolare con l'acqua, per poi approdare al diritto romano, che ha retto il sistema legale occidentale per più di tredici secoli, e lo ha influenzato fino ai nostri giorni.

L'acqua era uno degli elementi primordiali venerati dai Celti in forma divina, perché era essenziale alla vita e rappresentava fecondità per l'agricoltura, per i boschi, i pascoli, e per l'allevamento.

Era simbolo di purificazione, guarigione, e sacralità. Al chiaro di luna l'acqua lustrale era raccolta tramite un panno, prendendo la rugiada che si condensa nei prati, quindi purificata con l'immersione di un tizzone ardente del fuoco sacro, e trattata con incantesimi dai Druidi, per i rituali di divinazione da cui trarre profezie.
Era l'elemento principe del contatto con il divino ed il soprannaturale, infatti, fonti, fiumi, e laghi, erano venerati, tanto che presso le polle d'acqua erano spesso situati i nemeton (luogo sacro) dove veniva gettate le offerte votive.
Numerose sono le leggende celtiche in cui l'elemento acqua è presente e significativo, e tramite tutti questi particolari se ne deduce come la cultura celtica avesse un estremo rispetto nel suo rapporto con questo elemento essenziale, come del resto con tutti gli altri aspetti della natura che la circondava.

Spostandoci invece nel campo del diritto romano, vediamo come questa forma di rispetto istintiva e primordiale dei “barbari”, nei confronti dell'elemento acqua, acquisisca caratteri ancor più sorprendenti e che sono stati addirittura codificati e messi in legge.

La giurisprudenza romana si suddivideva in tre ripartizioni:

  • la ius gentium, ovvero quelle leggi che si applicavano anche agli stranieri
  • la ius civile, ovvero il corpo di leggi che riguardavano i cittadini romani 

  • la ius naturale, in cui si afferma che vi siano delle leggi “naturali”, ovvero insite nella natura stessa e nella natura razionale dell'uomo che da essa ne deriva, e che quindi sono precedenti e vincolanti alle successive     codificazioni dei popoli e degli stati

Per prima cosa è evidente che anche in termini temporali la ius naturale sia preminente alle altre forme di diritto romano, e quindi idealmente ne sia l'origine e la guida.

Nello ius naturale l'attenzione era incentrata sulle personae, intese come i singoli esseri umani e sulla loro relazione e organizzazione sociale e civile. Ne erano quindi escluse le persone giuridiche, (vedi le società e gli enti commerciali privati ecc. ...) che non erano considerate facenti parte di quella che era la legge naturale, che quindi rientravano in un'altra regolamentazione ad essa subordinata.

Da ciò ne deriva la distinzione tra:

  • res publicae, la cosa pubblica e quindi dello Stato    
  • res privata, la proprietà del singolo    

  • res communes omnium, che sono i beni che la natura offre agli esseri umani in modo universale e comune

Ci salta subito agli occhi che nella nostra legislazione ci siamo in parte persi per strada questa terza categoria della res communes omnium, che dovrebbe però essere insita e alla radice del diritto sia per termini temporali che naturali, come abbiamo visto.

Per i romani la res communes omnium era costituita dalla luce solare, dall’aria, dall’acqua, e dai benefici e dalle energie che possono essere tratte da questi elementi naturali, come la forza del vento, dell'acqua e l'energia del sole, di cui tutte le persone, universalmente, per lo ius naturale avevano il diritto di usufruirne.

Essendo un bene universale comune quindi nessuno poteva escludere qualcuno dall'accesso allo sfruttamento e beneficio, in quanto personae, ovvero essere umano, e ne escludeva quindi altri soggetti beneficiari astratti, come le persone giuridiche, che avrebbero potuto monopolizzare la risorsa universale o arrecare danno alla personae. Di pari passo va il fatto che chi sconvolgesse questi principi tentando di limitare l'accesso ad un bene universale o a monopolizzarne i benefici, contravvenisse in modo estremamente grave a queste leggi.

Per circoscrivere la questione al problema odierno, vediamo come nello ius naturale l'acqua dolce, acqua profluens, l'acqua che fluisce, che è quella che rende possibile tutta la vita e la sopravvivenza della specie umana, sia la prima ad essere menzionata nel corpo legislativo romano, precedendo anche l'acqua del mare.

Qui è da notare, per esempio, come il letto del fiume sia res publica, le rive possano essere res privata, mentre il fiume stesso inteso come l'acqua che lo costituisce è res communis omnium.

Con queste considerazioni e conoscenze, non serve di certo andare a cercare null'altro per giungere alla conclusione che chi professa la dottrina della privatizzazione e del monopolio planetario dell'acqua va contro una più che millenaria tradizione e naturale ordine delle cose, e che se si trovasse al tempo dei romani, ne subirebbe tremende conseguenze, poiché infrangerebbe in modo

gravissimo le leggi.

A questo possiamo aggiungere una cosa che, a mio avviso, dovrebbe essere riscoperta e ripristinata, sempre proveniente dal diritto romano (ma anche per certi versi nella tradizione di altri popoli antichi) ovvero che, per proteggere ambiente, paesaggio e beni comuni, qualsiasi singolo cittadino poteva agire legalmente in nome del popolo romano, contro qualsiasi entità o persona che minasse questi beni comuni e universali.

Sicuramente un giurista o uno storico potranno spiegare in modo più approfondito e accurato la questione che ho presentato, ma credo che come cittadini consapevoli, queste conoscenze riportate in modo piuttosto semplice, siano utili per formarci delle opinioni fondate e avere consapevolezza, di fronte ad un pensiero distorto, che ci vuole togliere l'acqua, e che potrà arrivare anche a decretare, per assurdo ed iperbole, chi potrà in futuro respirare, e chi dovrà soccombere perché non potrà pagarsi l'aria che respira!

Grazie per la lettura, se sei arrivato fin qui, e se ti fa piacere dimmi cosa ne pensi nei commenti.